venerdì 30 novembre 2012
Un'opera prima, fra solitudine e rapporti genitori-figli, ambientata in un'inedita Calabria: "Vorrei vederti ballare"
Un'opera prima, una storia d'amore e di rapporti familiari, soprattutto sulle conflittualità che possono nascere tra genitori e figli, ambientata in un luogo quasi inedito per il nostro cinema, la Calabria. Questo ed altro in "Vorrei vederti ballare" di Nicola Deorsola - nelle sale dal 6 dicembre -, scritto dal musicista e paroliere Giuseppe Fulcheri, con i giovani Chiara Chiti e Giulio Forges Davanzati (anche in "Ci vediamo a casa" di Maurizio Ponzi), attorniati da Paola Barale, Giuliana De Sio, Alessandro Haber, Luis Molteni, Stefano Santospago e Gianmarco Tognazzi. Il film,
realizzato nel 2009, prodotto da Fulcheri stesso per Falco Produzioni, in collaborazione con Rai Cinema, trova solo ora una distribuzione grazie a Microcinema.
Martino vive a Cosenza, è orfano di madre, rimasto solo con il padre psicoterapeuta e molto severo, il quale vorrebbe che il figlio ventenne seguisse la propria carriera. Martino invece ha una sviscerata passione per le tartarughe, con le quali passa la maggior parte del tempo, tranne qualche pausa al cinema d'essai dove si rintana. Perà ha un'altra passione segreta, quella per Ilaria sua coetanea, danzatrice che 'spia' dalla vetrata della scuola dove lei si esercita. Un giorno, per caso, scopre che la ragazza soffre di anoressia ed è paziente del padre. Decide di allora di sostituirlo, fingendosi un giovane collega, inventandosi un improvviso viaggio all'estero dello psicologo...
"All'inizio il mio ruolo è stato scrivere la sceneggiatura - esordisce Fulcheri -, partendo dal fatto che ho un padre psicologo, e l'ho fatta leggere poi a Giovanni Veronesi che mi ha consigliato su alcune cose. E' stata durissima, ma eccoci qui. E' partita così ed è un mircolo uscire finalmente in sala".
"Dalla fine delle riprese sono passati tre anni - ribatte Deorsola -, un'impresa incredibile, a bassissimo costo, che si è rivelata complicatissima".
"E' stato un lavoro in generale molto corale - afferma Forges Davanzati -, tutti i personaggi hanno una profonda solitudine su cui lavorano, ognuno a modo proprio, dall'incontro tra Martino e Ilaria nascerà qualcosa che li maturerà e spingerà ad andare avanti. Sono pazzi scatenati - scherza sugli autori - hanno visto solo il mio provino. Allora stavo facendo teatro con Giuliana (De Sio, 'Il laureato') ed è andata bene così. Forse hanno capito qualcosa di caratteriale in me, perciò sono andato bene. E' stato il mio primo film".
"La solitudine dei personaggi per il mio primo ruolo da protagonista - dichiara la Chiti che ha debuttato in "Un gioco da ragazze" -. Ilaria è chiusa in se stessa, ha una grande forza che non riesce a tirar fuori, fino all'incontro con lo psicologo/ragazzo di cui si innamora. Il non mangiare è qualcosa che utilizza per farsi notare, soprattutto dalla madre, perché non è quella che lei vuole. E' il suo modo di urlare per il dolore di non essere capita; con Martino riesce a farlo, trova la persona con cui può essere se stessa. L'approccio è stato molto naturale, bello; all'inizio, durante la preparazione, ci siamo visti tantissimo. Il mio secondo film è stata un'esperienza importante, un personaggio molto interessante, cambia, è forte e fragile al tempo stesso".
"Mi trovo sempre in mezzo giovani - chiosa la De Sio -, nessuno era 'nuovo', Haber non è giovane, con Giulio siamo stati due anni tournée con 'Il laureato', Nicola non è 'nuovo' e Giuseppe nemmeno. Con Chiara avevo fatto una cosa tivù, Gianmarco non è nuovo, anche se è la prima volta che lavoro con lui. 'Per me - dicevo - è un po' troppo sdolcinata', fammi vedere mi ricordo scene la figlia sul letto di ospedale. Vedendolo mi sembra ci sia una misura, una piccole sfida, che aiuta a trovare le difficoltà dentro".
"Io il film l'ho visto nascere - ribatte Haber -, dal soggetto del mio amico Giuseppe e la regia di 'Nick'. Rappresento un po' il padre psichiatra, anche amico mio, mi sento vicino a lui come amico. Il discorso sulla paternità anche perchè (Giulio) potrebbe essere mio figlio. Dal leggere il copione, averne parlato, lavorato insieme sul fatto che siamo in questa sala storica (il Barberini di Roma ndr.) non ci avrei scommesso. Io ho sempre fatto molte opere prime che poi non sono mai uscite. Rivedersi, con due giovani protagonisti che hanno la voglia di imparare, di credere in qualcosa, è un gioco, come passare il testimone ogni volta. Un film piccolo, con pochi soldi, ma girato con entusiasmo, o lo facevi così o niente. Giorno per giorno, alla fine è piacevole. Il fatto che sia uscito è un miracolo, ogni tanto accadono, e non ci sono soldi per promuoverlo perché costa più del film. Questo è un momento particolare, i problemi sono tanti e altri. Il nostro è un modo di affacciarsi, mi auguro sia trampolino lancio per loro".
"Se esce con un numero 13 (copie), a Roma porta fortuna - scherza Tognazzi che è Gastone, giocatore incallito che parla francese macheronico -, anche perché loro hanno 30 milioni di debiti, e io devo prendere 13 euro, ma se i maya hanno ragione come per l'eclisse, non li prenderemo neanche".
"Giusy è una cassiera di un cinema d'essai - dichiara la Barale nel comunicato stampa -, ha rincorso il sogno di fare l'attrice ma non vi è riuscita, vive nella sua città non rassegnandosi al suo destino, ama vestire ispirandosi alle sue attrici preferite (tra Marilyn e Madonna ndr.), parla per citazioni ed è un piccolo personaggio che mi ha visto coinvolta al cento per cento. Con il regista abbiamo creato e plasmato Giusy. Abbiamo fatto una ricerca minuziosa di tutto dagli abiti al colore dei capelli rossi".
"Girare in Calabria è stata una scoperta - confida l'attrice, assente giustificata alla presentazione romana - perché è una bella terra, fatta di gente accogliente e calorosa. Sono felice che il regista abbia ritratto una Calabria diversa, priva degli stereotipi che di solito l'accompagnano nella cronaca".
"Ormai hanno detto tutto - afferma Luis Molteni -, lavorare con loro è stato molto bello, li conosco, sono soprattutto amici, e anche se ho un piccolo ruolo ne ero entusiasta. Spero abbia tanto successo".
"Siamo stati anche a Madrid - dice Fulcheri - la proiezione è andata benissimo, i distributori sembravano entuasiasti ma poi non se ne fece nulla. E' importante parlare di Calabria, fondamentale, perché poco sfruttata dal nostro. Un ringraziamento a Jole Santelli, deputato della Repubblica, che ci ha detto che da tempo stava cercando una storia da ambientare nella sua terra (film realizzato con il contributo della Fondazione Calabria Film Commission per l'Audiovisivo e distribuito con il sostegno della Camera di Commercio di Cosenza ndr.). Ma prima avevamo pensato a Torino e poi a Lampedusa per via delle tartarughe (passione di Martino ndr.). Non è la solita Calabria, del sud sempre mafia e disagio, ma una storia da ambientare ovunque".
"Il problema è distribuire in Italia - continua il responsabile di Microcinema -, un amico della Warner Chapel (che ha prodotto la colonna sonora del film ndr.), Giovanni Marolla, mi ha detto 'guardalo secondo me ha dei valori'. Ho ritrovato i protagonisti di altri film che abbiamo in distribuzione. La semplicità, il basso budget, il mio sud visto in maniera diversa, amore per il passato, i coetanei di oggi, un rapporto bellissimo con i genitori. Non estetico ma ben recitato, da far vedere, strepitoso. Come tutte le opere prima non ha potuto avere il finale che voleva, non c'è il battage pubblicitario. Il minimo garantito credo sia sulle 20 copie, ma questo tipo di opera prima sentita, non un volano per accontentare il pubblico italiano, ma viene presentato al pubblico, inizia un percorso che non si deve fermare alla prima settimana, portarla dalla prima visione ai d'essai. Sul lato autoriale ha una lunga vita distributiva, al di là dell'uscita. Portarla a fare un bel giro d'Italia. Poche opere prima con piccolissimo budget ha delle belle speranze per il cinema italiano. Un quadro straordinario di attori, mi complimento con i giovani attori del futuro cinema italiano, crescere percorso con loro. Debutto ti da forza, ci sono anche i piccoli film. Sia dal punto di vista estetico che esistenziale".
"Matteo Garrone è un amico - dice il regista sulla citazione -, il mio autore italiano, e 'L'imbalsamatore' è uno dei migliori film italiani degli ultimi anni. E' un regista pazzesco'.
"Il mélo perché così me lo sentivo - riprende Fulcheri -, avevo questa storia che per certi versi mi appartiene, anche se diverso da quella del film. La voglia di raccontare la stanza del paziente (dallo psicologo ndr.), un luogo magico, misterioso. Vedevo moltissime pazienti di mio padre. Non ho pensato al fatto di generi, non lo so poi se è così mélo".
"Giuseppe mi l'ha chiesto di debuttare - ribatte Deorsola -, poi è un mio amico; la storia l'abbiamo rivisto in fase di sceneggiatura, la ricerca dei soldi l'abbiamo fatta insieme, tutto. Ora ho in progetto un altro trattamento di 20 pagine, promosso da Veronesi e spero vada in porto".
"Ho apprezzato e seguito il film fin dall'inizio - conclude un rappresentante della Calabria Film Commission -, e pensavo potesse avere una distribuzione, che puntasse sulla qualità anziché sul botteghino. Uno dei film prodotti mentre la Commission nasceva, con cui un po' è nata, cercando di far quadrare conti e documenti. Da allora si sono girati diversi film, e ne abbiamo prodotti 4 o 5. Oggi ci sono tre set aperti sul territorio. Oltrettutto la Regione, la prima d'Italia, ha organizzato una rete dei festival della Calabria: Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, dal 4 dicembre per 17 giorni. Un burocrate delegato ai tagli in Calabria, ha immaginato di farli alla Calabria Film Commission. Ma noi crediamo vadano fatti sugli sprechi, e non su chi lavora per la diffusione della cultura e dello sviuppo della Regione".
José de Arcangelo
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