mercoledì 19 dicembre 2012

"La bottega dei suicidi" di Patrice Leconte, un cartone animato che fa paura... alla censura

Arriva nelle sale italiane - nella capitale da venerdì 21 dicembre e nelle altre città dal 28 - il nuovo film di Patrice Leconte, ma il primo lungometraggio d'animazione da lui sceneggiato e diretto: "La bottega dei suicidi", tratto dal romanzo di Jean Teulé e adattato dallo stesso scrittore.
In una città dove la vita è diventata talmente triste - sembra la metafora dell'oggi ma è stato scritto oltre cinque anni fa - che le persone hanno perso il gusto di vivere, e dove il negozio più in voga è quello che vende, appunto, veleni, corde e ogni altro 'strumento' per suicidarsi. Però sebbene togliersi la vita venga 'accettato' non lo si deve mai fare in pubblico, pena una salata multa a carico della famiglia del suicida. Ma il titolare della 'Bottega dei suicidi', Mishima (non a caso) Tuvache ha appena avuto un bambino, il terzo, che si rivelerà l'incarnazione della 'joie de vivre'... Non è certo un cartone animato per bambini piccoli, ma nemmeno da proibire la visione agli adolescenti, visto le cose spesso diseducative che guardano al cinema, ma soprattutto in tivù e su internet. E' davvero scioccante la decisione di vietarlo addirittura ai 18 anni, nemmeno fossimo tornati cinquant'anni indietro e, forse, oltre.
"Ho una nipotina di 8 anni - esordisce Leconte, a Roma per presentarlo - e mentre facevo il film pensavo continuamente a lei, che potesse piacere anche a lei. Una volta finito glielo fatto vedere e le ho detto di invitare i compagni di scuola, i bambini hanno adorato il film, si sono identificati con il più piccolo, perché gli altri sono troppo tristi, e loro come Alan trovano che la vita sia bella. E' questo il messaggio del film, non capisco il divieto ai minori di 18 anni. Non era mia intenzione spingere la gente a suicidarsi, anche nel caso in cui il padre spinge il figlio a fumare, è una cosa talmente assurda, che sarebbe intollerabile in un film con degli attori veri, ma con l'animazione ci troviamo in un altro mondo. Non capisco cosa possano aver pensato. Sia in Francia che negli altri paesi dov'è uscito non ha divieti (Spagna, Belgio, Svizzera) ed è stato venduto anche in Grecia, Polonia e Giappone. Il libro è un bestseller, venduto in tantissimi paesi e non solo ha avuto un grosso successo, ma non è stato mai vietato". Il Ministero concederà un ricorso e, oggi o domani forse, verrà sanata una decisione che appare non solo incredibile ma vergognosa, soprattutto in un paese nel quale negli ultimi mesi si spinge al suicidio (indirettamente) non solo i disperatti, tralasciando che la gente venga licenziata, rimandando le pensioni (sperando che nel frattempo trapassi?) e tartassandola di tasse, quando una parte sempre maggiore non riesce più nemmeno a mangiare.
"E' assurdo vietare un film il giorno prima della fine del mondo!", ironizza il regista alludendo alla profezia maya. "Conosco l'autore e amo ciò che scrive - prosegue su Teulé -, alcuni anni fa mi avevano già proposto di fare un film da libro, ma pensavo non fosse adattabile per il cinema tradizionale, con attori in carne e ossa, a meno di non essere Tim Burton. L'idea dell'animazione è geniale perché c'è una sfasatura rispetto alla realtà e si può esprimere un humour nero che io prima non avevo, è molto noir e al tempo stesso molto allegro. La libertà che offre l'animazione e la possibilità di fare un musical - un mio vecchio sogno -, queste le ragioni mi hanno fatto rispondere di sì in pochi secondi, forse 22/23', quando mi è stato riproposto circa quattro anni fa".
Nella motivazione di censura si legge “Perché il tema del suicidio è trattato con estrema leggerezza e facilità di esecuzione, come se fosse un atto ordinario o un servizio da vendere al dettaglio creando il pericolo concreto di atti emulativi da parte di un pubblico più giovane, quali gli adolescenti che attraversano un’età critica. Per di più la rappresentazione sottoforma di cartone animato costituisce un veicolo che agevola il pubblico più giovane la penetrazione di tale messaggio pericoloso”. "Quando ci si tuffa in un nuovo progetto - aggiunge il regista francese - ci vuole sempre una dose di incoscienza, perché quando si riflette troppo si diventa prigioniero delle proprie riflessioni, bisogna invece procedere in modo intuitivo rispetto ai progetti. Affrontando questo, del tutto nuovo, mi sono sentito assolutamente libero. L'autore mi ha detto 'fai quello che vuoi, prenditi tutta la libertà di cui hai bisogno'. Una volta finito, ha confessato 'è un film bellissimo. Veramente tuo, ma senza il mio libro non avresti potuto farlo'". "Sorprendentemente il finale del romanzo - confessa - che colpisce molto perché assolutamente pessimistico, alla fine il piccolo Alan si butta dal tetto; ma mi è sembrato impossibile, e mi sono divertito a inventarne un finale positivo, da musical kitsch, esagerato, ironico, con una sorta di sdolcinatezza allegra e disgraziata, sperando di far passare il messaggio 'la vita è bella', anche se non è del tutto vero, però è sempre meglio della morte... se si può scegliere".
"Notare nella pellicola una certa nostalgia - ammette - non è affato sbagliato. Anche se io non sono un nostalgico, volevo che il film fosse atemporale e non moderno a tutti i costi, per evitare che lo spettatore pensasse 'è la società moderna che ci spinge al suicidio, è così triste'. La canzone dei titoli di testa è un celebre motivo di Trenet, c'è gioia in un film che si intitola 'La bottega dei suicidi', e mi sembrava giusto; così come quando Alan salta sul cartellone (nel finale ndr.) di 'Quai des brumes' proprio sul naso di Jean Gabin". "Ho visto molti film d'animazione, ma non voglio dire di essere un esperto - continua l'autore che, comunque, agli esordi ha lavorato nel campo dei fumetti e fatto qualche corto animato -, ed è vero dal momento che su un argomento simile, ci sono riferimenti alla Famiglia Addams, a Tim Burton, autore di uno dei film di animazione più straordinari come 'Nightmare Before Christmas' e a molti altri, anche se siamo un po' lontani da 'Biancaneve' e 'Bambi' di Disney. Lui faceva spesso animali che facevano il coro greco, nel mio caso ci sono i topi neri. Si dice siano molto sdolcinati, ma non è sempre vero. In 'Fantasia' ci sono cose che fanno rabbrividire, zone d'ombra abbastanza inquietanti. Inoltre, ammiro ‘Monsters & C.’ che andrebbe visto a scuola, e 'Valzer con Bashir' per aver avuto il coraggio di collocare l'animazione in un mondo di adulti".
"Effettivamente l'argomento è abbastanza terribile - dichiara -, ma non mi sono posto troppe domande perché avrei finito per farne nulla; sono consapevole che sarà preso in modo diverso a seconda delle culture e i paesi, però quando si vuole piacere a tutti si finisce per non piacere a nessuno. A tutti è capitato nel proprio ambiente avere amici o parenti che si sono suicidati, ma non ho mai avuto voglia di prendere in giro quel che hanno fatto. Facendo un film sull'argomento con derisione avrei potuto farlo passare, perché gli aspetti tristi e cupi lo sono talmente che avrebbe funzionato pure. Chissà se i giapponesi reagiranno male alla scena con lo senbuko per harakiri". "Arsenico e vecchi merletti' e 'La signora omicidi' - afferma - sono dei film che parlano con leggerezza di argomenti molto gravi, tra cui la morte, un modo più frequentabile di quello della violenza dei film hollywoodiani di oggi. Mi sono posto la domanda, invece, su quale tecnica di animazione utilizzare, ma io sono molto legato al disegno, e volevo un film molto grafico, disegnato. Ed è per questo che non ho voluto la computer grafica oggi di moda, secondo me sono cartoon troppo lisci, dove si perde il gusto per il disegno, e io voglio resti un disegno animato tout court. Ho fatto dei corti d'animazione da adolescente autodidatta, e il sistema tradizionale è soprattutto molto vivace, ritmato, con gesti rapidi, mentre con i pupazzi è tutto rallentato. Ho ritenuto fosse la tecnica ideale".
"All'epoca di 'Bambi' - spiega -, i disegni si facevano uno per uno su fogli di cellulosa, ci volevano studi enormi per fare un lungometraggio. E' vero, nel nostro film ci sono essenzialmente disegni fatti a mano, ma c'è la parte del computer, è meno artigianale di una volta, ma non basta spingere un bottone per fare un disegno". "Per l'ambientazione ho pensato al 13° arrondissement (di Parigi ndr.) e ne abbiamo scattato anche delle foto perché ha edifici molto alti, tristi, che impediscono al sole di penetrare. La musica è molto importante per me, ho lavorato con l'amico compositore Etienne Perruchon anche in altri film, abbiamo scritto le canzoni insieme. Ed è vero, lui trova ispirazione nelle musiche dei paesi dell'est e in Kurt Weil. Quando gli ho proposto il film ha fatto salti di gioia, perché da quando fa il compositore aveva il sogno di fare le musiche per un film d'animazione, gli ho permesso di realizzare il suo sogno. Dirigere gli attori in un film d'animazione è molto divertente, per un motivo semplice, registrano le voci prima di fare le immagini. I doppiatori italiani, invece, hanno lavorato sulle immagini. Ho assistito alla proiezione e trovo il doppiaggio veramente straordinario, le voci sono state scelte bene, cantano bene e il messaggio è venuto fuori benissimo. In Francia abbiamo fatto prima le voci, il ritmo della recitazione dà il tempo ai disegni. Dirigere gli attori pensando al risultato è divertente, abbiamo lavorato in studio con dei microfoni, perché potessero un po' identificarsi nei personaggi. E poi li conosco bene e ci siamo divertiti un sacco".
"Con i disegnatori, invece, ci siamo divertiti a utilizzare persone del loro ambiente, ma nessun personaggio famoso, per esempio l'uomo che viene spesso nel negozio col cartellino (e che ruba la corda) ha le sembianze del produttore del film; pensavamo fosse la faccia giusta per il personaggio. Ora mi sono lanciato in un nuovo progetto d'animazione, stiamo finendo di scrivere la sceneggiatura, si chiamerà 'Musica' e cerchiamo d'immaginare cosa succederebbe se un giorno ci svegliassimo in un mondo senza musica. Non è l'inizio di una mia nuova carriera, ma mi piace moltissimo. Un grosso lavoro che dura a lungo e ti dà la possibilità di lavorare ad altro. Spesso mi chiedono 'Ma è lei che ha fatto i disegni?', 'no' rispondo, allora ribattono 'cosa ha fatto?' e io ribatto 'Nemmeno prima ero io quello che recitava'. La mia passione per la musica è legata al cinema, non riesco a immaginare un cinema dove non ci fosse la musica, perché il cinema è una cosa musicale, offre ritmo, sensibilità, emozioni. Se un produttore mi proponesse di fare un film sprovvisto di musica rifiuterei". José de Arcangelo

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