venerdì 28 dicembre 2012
"La migliore offerta" è un'ossessione d'amore tra due solitudini, nel nuovo, sorprendente, film di Giuseppe Tornatore
Con il nuovo anno arriva "La migliore offerta" di Giuseppe Tornatore, un intenso dramma sui toni del thriller dei sentimenti. L'incontro di due solitudini ossessive, maniacali. Un uomo colto e solitario, non più giovane, la cui ritrosia nei confronti degli altri è pari solo all'infallibile maniacalità con cui svolge la professione di esperto d'arte e battitore d'aste di fama internazionale. Chiamato ad occuparsi della valutazione e vendita del patrimonio artistico di un'antica villa, l'antiquario si ritroverà al centro di una passione che cambierà la sua grigia esistenza, a spingerlo a credere che la bellezza della vita sta anche altrove. E come dice il regista "lo si potrebbe definire un film sull'arte intesa come sublimazione dell'amore, ma anche un film sull'amore inteso come frutto dell'arte".
"Trattandosi di vero e falso il cinema finisce per entrare direttamente nell'argomento - esordisce l'autore alla presentazione stampa romana -, la battutina 'in ogni falso c'è qualcosa di autentico' è venuta spontaneamente, in quanto presente anche in altri miei film, la memoria meno. L'ossessione dello spazio, del rapporto col mondo esterno, è vicina alle tematiche che affrontavano altri miei film, per esempio 'La leggenda del pianista sull'oceano', sono argomenti che ti stanno a cuore anche se non te ne accorgi".
"Nel film mi sento un po' quello che muove i burattini - ribatte il protagonista, l'australiano Geoffrey Rush, in collegamento skype da Melbourne dove sta lavorando a teatro -. Non ho pensato in particolare a Peter Sellers (che ha interpretato in "Tu chiamami Peter" ndr.), in realtà il film non ha bisogno di metafore, penso sia una sorta di conversazione tra le vecchia e la nuova Europa, la prima molto colta, ricca di stile, di storia e di arte, ma profondamente sola, fuori luogo, come il personaggio che si trova spiazzato, ma forse alla fine per lui c'è un barlume di speranza, mi piacerebbe credere che i due, forse, potrebbero incontrarsi".
"Volevo un finale non tragico - afferma Tornatore -, ma vissuto che ce lo rende più vicino, più umano, senza ossessioni. Un finale positivo, in questa ostinazione all'attesa c'è una sorta di forza incredibile, di essere fedeli a quello che si ama, al di là del corpo oggetto d'amore. Già quando l'ho scritto, volevo qualcosa di più dello scontato finale; forse lei apparirà. Mi piaceva molto l'idea che vada a vivere una nuova vita in un luogo dove, forse, un giorno lei passerà".
"Dal momento in cui ho deciso che il protagonista sarebbe stato un battitore d'aste -, mi ha colpito il fatto che talvolta ci sono dei casi in cui l'opera non ha una base d'asta, perché considerata non particolarmente importante, e la base viene delegata al giudizio del pubblico, alla 'migliore offerta'. Se in un'asta la cifra più alta è quella vincente, negli appalti paradossalmente è la più bassa. La stessa frase vuol dire due cose diverse, opposte, ma dirette allo stesso scopo E quale sarebbe nella vita quella cui si è disposti a pagare per viverla? E ci siamo divertiti a dare vita a un'ossessione, alle sue manie, al suo rapporto con i guanti (lui non tocca niente e nessuno direttamente ndr.), tanto che abbiamo fatto costruire dei guanti apposta con pelli pregiatissime, sottilissime".
"La miglior offerta per me - ribatte Rush - è stata lavorare con Sylvia Hoeks (la protagonista femminile che vediamo a metà film, ma conosciamo prima attraverso la sua voce ndr.). Sulla sceneggiatura avevo un enorme bisogno di apprenderla, come fosse una pièce teatrale. Sapevo che le aste sono come teatri, con tanta gente; nelle scene più intime invece, non vedo l'altra protagonista. Abbiamo dedicato molto tempo a provare in maniera dettagliata. Sylvia è una quelle attrici divine, molto coraggiosa, lascia che la macchina da presa si avvicini; io, invece, sono come un attore di teatro del XIX secolo che si avvicina troppo all'obiettivo".
"Come ha detto Geoffrey abbiamo fatto molte prove ed è stato importante per me che per metà film sono solo una voce - conferma l'attrice olandese -, dovevo cercare di attirare il pubblico, incuriosirlo, spingerlo a conoscere questa ragazza. Ma ci siamo anche molto divertiti, è stato entusiasmante, perché è la prima volta che ho trovato una sceneggiatura così entusiamante, che mi ha parlato, fatto vedere che le persone crescono, cambiano. Interpretare un tipo di persona intrappolata nella propria vita e consentire ad un uomo di entrare nella sua vita è una grande sfida che mi ha proprio presa, coinvolta; così come lavorare con Giuseppe è stato un grande piacere, per me 'la migliore offerta'".
"Quando decido di fare un film da una vecchia storia già pronta - riprende Tornatore -procedo per fedeltà ad essa. Se ripercorre negli anni '50/'60 la vita di un villaggio siciliano che non esiste, lo costruisco. Cerco l'ambientazione che la storia vuole, questa storia pretendeva qualunque ambientazione tranne che italiana, non riuscivo a pensarla, quale fosse più consone alla storia, alla produzione, all'orizzonte produttivo. E' successo una volta finita la sceneggiatura e consegnata ad Arturo Paglia (produttore con Isabella Cocuzza ndr.), un giorno parlando di attori, mentre cervano il volto dell'attore su internet, appare un trailer e si è intravvisto l'automa di Scorsese (in 'Hugo Cabret' ndr.). Nella nostra c'era già, e non volevo cambiare la trama, infatti il film l'ho visto dopo. Qui ha una funzione, lì un'altra".
"La musica non è ovvia come sembra - dichiara il maestro Ennio Morricone -, leggendo una sceneggiatura intuitiva, ero libero di fare un'improvvisazione organizzata, mi ha provocato e spinto a osare: registrare il film in maniera strana, diversa da tutte le altre. Per il finale, invece, abbiamo combinato elementi sospesi funzionali e organizzati insiene. Leggendo il copione, nella scena dei grandi quadri (il protagonista colleziona in una stanza blindata ritratti di donna dei più grandi pittori, da Tiziano a Renoir ndr.) sapevo già cosa avrebbe filmato lui, volevo identificare i quadri con delle voci nella testa del protagonista, voci e volti di donne. Alla fine la loro originalità sta nell'unione libera di voci scritte confusamente e messe insieme nel lavoro di montaggio con Peppuccio stesso. Non è stata una vera scoperta perché ho cominciato a lavorare con l'improvvisazione organizzata per 'Un tranquillo posto di campagna', dove c'era qualcosa di simile, Petri ogni tanto cambiava, e diceva rifaciamo. Anche qui si trattava di rifare quello che non si poteva rifare, quindi, improvisazione organizzata. Tornatore è coautore perché un po' mi ha provocato durante il montaggio dandomi un contributo importantissimo".
"Può succedere che Ennio mi faccia sentire dei temi che ha cominciamo a decidere già in fase di lavorazione - dice il regista - e mi servono a mettere a fuoco quello che già c'è, difficile che mi illumini sui personaggi. Tutto il lavoro sulle voci, che non solo sono tantissime, e un filo che le lega tutte. Ha scritto trenta madrigali di cui poi ha usato dei frammenti, in un montaggio dinamico che non è mai lo stesso. Entusiasmante".
"Uno dei pezzi dei quadri l'ho composto prima - ribatte Morricone -, perché la lettura delle sceneggiature di Peppuccio è importante perché sono storie, racconti; è come leggere un romanzo, e spesso non faccio vere esperienze come queste".
"Non è determinante il discorso tra bellezza come concetto - afferma l'autore - e l'arte come tema di fondo del film, mi divertiva pensare alla bellezza e all'amore come prodotto dell'arte in senso allegorico. Un livello molto semplice che nasconde poi altri più complessi. Pensare in modo provocatorio alla bellezza anche come frutto dell'impostura dell'arte. Ne parlavamo prima, molto meno durante le riprese, poi davanti all'ambiente con tutti quei quadri, tornavamo a discuterne. Molto interessante, una bella esperienza. Poi sull'amore si può pensare tutto e il contrario tutto".
"Tornatore non mi ha mai detto che ero come Brando e Mastroianni - dichiara Rush -, ma come Bob Hope. Come regista è fantastico perché ha un concetto forte, intuitivo, su come deve essere la storia, anche quello che riguarda le varie location; alcune ville le ha rifiutato perché avevano la porta dalla parte sbagliata rispetto a quello da lui immaginato. Ho scoperto che osserva con cura e attenzione i cambiamenti dei dialoghi, perché ci troviamo di fronte ad una partitura subliminale che tutti gli strumenti devono eseguire in maniera eccezionale, ha inoltre un senso del divertimento e uno spirito fantastico. E' venuto a Melbourne prima della lavorazione e l'ho portato nei ristoranti italiani più noti. Nessuno ci voleva credere che fosse lui, anche durante le riprese ci ha portato in tutti ristoranti fantastici. E' stato un periodo molto speciale".
"A volte, dal momento che io ho studiato teatro - prosegue -, mi piace interpretare un ruolo completamente diverso dal precedente. Con Virgil, Tornatore ha scritto un personaggio così complesso, classico, isolato, solitario, con tutte le ansie contemporanee, ricco e solo, come se non appartenesse al mondo reale. Fantastico lavorare in quelle scene e trovarne un livello di credibilità, che possa attirare il pubblico e coinvolgerlo con quello che succede nel suo orologio interno. Un ruolo molto diverso da quello del 'Discorso del re', ed è molto più bello di Colin Firth", scherza.
"Molto più complesso, grosso e impegnativo - dichiara Paglia, al suo secondo film da produttoe, dopo "Basilicata Coast to Coast" -, c'era sempre uno step da superare. Avevamo la sceneggiatura giusta di Giuseppe, poi bisognava trovare l'attore, il distributore italiano (Warner Bros. anche produttrice associata ndr.), poi l'assicurazione, la presenza di tutto il budget. Fatto tutto, usciamo adesso e l'abbiamo venduto in tanti paesi del mondo. Batte bandiera italiana, vanta grandi professionisti, da Morricone a Millenoti (Maurziio per i costumi ndr.), e un cast eccezionale (anche il giovane Jim Sturgess e il veterano Donald Sutherland ndr.). Geoffrey ha amato questo film da quando ha incontraro Giuseppe a Toronto, l'ha sempre amato, è stato sempre sul campo, a volte sfiorando il contratto sindacale americano. Quello di Rocco Papaleo è un film piccolo che ci ha dato tante soddisfazioni".
"Un tema non originalissimo - riprende il regista -, ma mi sono semplicemente divertito a distillarne una storia che mi intrigava, nata dalle cenere di due film diversi, mi piaceva molto sovrapponerle come in musica e ho trovato quello che stavo cercando; si tratta di artigianato cinematografico (di altissimo livello ndr.) non di un film sulla filosofia, sull'arte e sulla bellezza. I personaggi portavano a quello, nella narrazione mi sono molto divertito, ma non è simile ad Antonioni (qualche collega ha accennato a 'Blow Up' ndr.) o altro, pensarlo forse mi avrebbe inibito".
Infatti, casomai il discorso sull'ossessione d'amore che si confonde con quelle per la bellezza e e per l'arte avvicina "La migliore offerta" al Visconti di "Morte a Venezia", ma senza il finale tragico.
"Mi piaceva la struttura - prosegue l'autore -, la linearità che nasconde una complessità non narrabile, non raccontabile sullo schermo. Come una sfida che mi ha divertito molto, sono stato fortunatissimo perché tutti hanno amato il film fin dall'inizio. Da Arturo che anziché sull'idea si è sintonizzato su questo intrigo, mi interessava che avesse anche qualcosa di popolare: complesso che non respinge l'interesse del pubblico semplice, che lo spettatore possa essere sorpreso e coinvolto per due ore. Poi attori come Geoffrey che è il più grande amico del film; nelle difficoltà, tutti hanno dimostrato quanto ci tenessero, e sono state risolte tutte da tutti: la produzione, gli attori, i distribuitori, che hanno seguito il film passo passo come se dovesse uscire la mattina dopo. Il collante del film è una storiellina, la storia di una donna chiusa in una stanza e di un uomo non abituato a corteggiare le donne. Un'esperienza molto positiva, anche Arturo ha avuto il problema del Bond dell'assicurazione, perché per Tornatore, dopo 'Baaria', ci voleva stavolta l'assicurazione 'a buon fine'. Tutto fatto nei tempi stabiliti, sono fiero di averlo realizzato e felice di tutto quello che ho trovato intorno".
"Come per il copione di una pièce teatrale - riprende Rush -, c'è stata una discussione, per guardarlo da due angolature attraverso una narrazione ricca e attraente, intrigante. Anche nella versione dvd si può tornare indietro per vedere quello che succedeva nell'angolino oscuro. Non si tratta di un trucchetto, ma di essere consapevoli del fatto che con i computer le piccole sorprese tengono e attraggono senza rivelare il gioco, si godono su un certo livello una storia d'amore un po' diversa, e la seconda volta ci sono conflitti strani, molto curiosi, che si dispiegano come nella vita".
"Decidere di abbandonare la pellicola è stato doloroso - dice il regista -, ho meditato a lungo, fatto prove e controprove, ma se non l'avesse fatto, comunque, la scelta l'avrei dovuto fare prima o poi. Non riesce più a darci la qualità di un tempo, non ci sono più laboratori attrezzati. Abbiamo fatto il passo ed è stata un'esperienza bellissima e ringrazio Fabio (Zamarion, il direttore della fotografia ndr.) e il suo staff, che ha seguito il film dalla prima lampadina fino all'ultima correzione colore. Oggi posso dire lo rifarei in digitale".
"Il crollo degli incassi non è dovuto solo alla pirateria - conclude Tornatore -, che da un bel po' di tempo è una sorta di cancro del nostro mondo da cercare di annullare. Questo Natale, la flessione sugli incassi ci ha fatto capire che non era vera la leggenda che nei periodi di grandi crisi il cinema se ne avvantaggia, anche se è il passatempo più economico. Una volta le commedie si salvavano, poi i produttori hanno deciso di produrre solo commedie. Ma era un discorso a parte, hanno continuato a restringere di più il ventaglio dei generi: la commedia d'autore perché è più difficile da fare, il film spettacolare, quello tratto da un romanzo. E si guarda sempre solo cosa ha incassato. Ma mi auguro non sia così semplice il conto, il cinema d'autore come si intende in Italia ha sempre faticato. Bisogna sperare che ci sia un incontro tra cinema d'autore e quello più popolare. Per me diventa popolare se è interessante, se è fatto bene e fa divertire affrontando temi importanti come faceva la commedia all'italiana. Però di solito si intende cinema d'autore solo quello che sembra vivere del rifiuto pubblico. Sono tante le cause del calo degli incassi, e la pirateria è tosta".
"Da undici anni la Warner Italia investe e distribuisce cinema italiano - dice Cecilia Valmarana -, credo sia il momento più bello, credere e trovarci con Morricone, Tornatore e Rush, e parlare su cosa è il cinema popolare, anche se è d'autore e attrae il pubblico, può essere anche popolare. Quando sono arrivata Paolo Ferrari mi disse 'questo è il primo film che tu farai'. Riconoscere un progetto è facile quando è forte, e investire per dare forza al cinema italiano. La pirateria ha una lunga storia in Italia, altri paesi hanno fatto qualcosa, ma Italia e Spagna sono i paesi più colpiti, soprattutto il cinema italiano, perché il valore artistico viene distrutto dalla pirateria. Nei paesi europei dove la pirateria non è forte, il cinema nazionale sopravvive. Non solo combattere la pirateria, ma intercettare le nuove idee perché torni popolare. Il nostro budget non è un problema di soldi ma di idee". E in Warner sui film che superano un certo budget bisogna mettere il bond. E' costato 14 milioni di euro e il budget è stato rispettato".
"Il cinema non è un bene rifugio - dichiara il responsabile marketing della WB -, tanto che si preferisce investire nell'oro che non nel cinema, comunque non bisogna esagerare la negatività sui prodotti se hanno dimostrato una debolezza rispetto alla stagione precedente. Si fanno troppe veloci analisi sulla stampa, sul tema. Il nostro impegno è trovare le migliori date possibili ai migliori film possibili, contro la macro pirateria. Se abbiamo i film giusti come questo, il vero collante è prima la storia, poi uno straordinario regista di cui siamo tutti orgogliosi, una grande data come la prima settimana di gennaio (il film esce il 1° dell'anno in 350 copie ndr.). Una scelta dal valore simbolico, per uscire dal 2012, voltare pagina, con una strategia di base perché il marketing vale fino ad un certo punto. E in condizioni di piacere a tutti".
José de Arcangelo
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