mercoledì 2 gennaio 2013

"La migliore offerta" è un'ossessione d'arte e d'amore, secondo Giuseppe Tornatore

Giuseppe Tornatore firma un sorprendente, intenso, (mélo) dramma sui toni del thriller dei sentimenti. L'ambiguo e contorto scontro/incontro di due anime ossessive, due maniacali solitudini, forse. Virgil Oldman (sempre inimitabile Geoffrey Rush), uomo maturo, colto e solitario, la cui ritrosia nei confronti degli altri è pari solo all'infallibile maniacalità con cui conduce il mestiere di esperto d'arte e battitore d'aste di fama mondiale. Contattato da un'enigmatica giovane, Claire (l'olandese Sylvia Hoeks, una rivelazione anche se per metà film ascoltiamo solo la sua voce, non nella versione italiana) ad occuparsi della valutazione e della vendita del patrimonio artistico dell'antica villa di famiglia, l'antiquario si ritrova ben presto impigliato in una passione che cambierà la sua metodica e grigia esistenza, spingendolo a credere che la bellezza della vita sia anche altrove. Grazie anche ai consigli del suo unico 'amico' e confidente Robert (Jim Sturgess), un giovane abile restauratore di congegni meccanici di ogni epoca, al quale Virgil porta dei misteriosi pezzi di un antico automa trovati nella villa. In questo modo, l'uomo che evitava le donne (ma ne colleziona in segreto i ritratti fatti dai più grandi maestri della pittura) finisce per sublimare l'amore, quel sentimento da lui mai provato prima, attraverso la bellezza e l'arte. Quasi autoconvincendosi che lo stesso amore è frutto dell'arte (e viceversa). Se questo incrociarsi, confondersi, di tre temi, comunque legati da sempre attraverso la Storia della nostra civiltà, a tratti ricorda nella rappresentazione, non solo ma soprattutto visiva, "Morte a Venezia" di Luchino Visconti - anche lì un grande musicista, non più giovane, ossessionato dalla bellezza, s'infatuava di un giovanotto che osservava e spiava da lontano -, "La miglior offerta" ripropone alcune costanti del cinema di Tornatore. Prima l'ambiguità del rapporto vero/falso che è alla base del cinema stesso, nato appunto come prodotto della 'fantasia' (falso) e/o rappresentazione della realtà (vero), la quale è sempre e comunque una 'interpretazione' degli autori, in questo caso di Tornatore, sceneggiatore e regista. Poi, tramite la battuta 'in ogni falso c'è qualcosa di autentico', nonostante l'autore dichiari che è nata spontaneamente durante le riprese, è argomente presente anche in altri suoi film, e non mancano 'l'ossessione' dello spazio (e del tempo) e del rapporto col mondo esterno (soprattutto in lei), che sono simili alle tematiche di "La leggenda del pianista sull'oceano" e "Una pura formalità", guarda caso gli altri due film che non raccontavano storie 'italiane', ma sospese nel tempo e nello spazio. Stavolta l'opera ha un'ambientazione mitteleuropea (tra Bolzano - Alto Adige, Vienna e Praga), ma trattandosi di sentimenti la storia diventa universale, anche quando lo spettatore non può (o non vuole) identificarsi coi personaggi, mentre può tentare soltanto di comprenderli. L'amore non è, forse, l'unico sentimento che riesce a offuscarci, a travolgerci e persino a renderci vulnerabili? Può comunque portarci a fare cose mai immaginate prima, persino all'omicidio e/o al suicidio. E quale sarebbe 'la migliore offertra' per un amore così intenso? Quella più alta come nelle aste, appunto, oppure quella più bassa come per gli appalti. A ognuno di noi la scelta perché fortunatamente non siamo tutti uguali riguardo ai sentimenti più profondi così come 'nessuno è perfetto', anche se lo pretende. Virgil, ormai accecato e disarmato da una passione mai provata, si ritroverà infatti trasformato, diverso, così come la sua ossessione, d'ora in poi, sarà esclusivamente d'amore. Di più non dovete sapere perché se la storia apparentemente non è originalissima, ha più piani di lettura, è addirittura più complessa di quanto appare, ed è raccontata sui toni del thriller, tra ambiguità e sospetto, tra complicità e tradimento, tra vero e falso, appunto. E poi sta a voi decifrare, anzi decidere cosa lo è e cosa no, perché anche l'amore, purtroppo, può essere vero o falso, verità o menzogna. E ognuno di noi pretende di possederle entrambe. Probabilmente, come qualcuno ha accennato, la parte più debole dell'opera del regista siciliano, resta il finale. Ma si tratta sempre di punti di vista, certo chi ama i finali concreti, drastici - né aperti né sospesi - lo rifiuterà. "Volevo un finale non tragico - ha dichiarato Tornatore -, ma vissuto che ci rende il protagonista più vicino, più umano, senza ossessioni". Quindi, più ottimista anche quando non si tratta di happy end. Nel cast anche un'icona del cinema americano anni Settanta come Donald Sutherland (Billy, amico e 'complice' sull'arte di lunga data); Philip Jackson (Fred), Dermot Crowley (Lambert) e Liya Kebede (Sarah). Ottima la cornice firmata dai fidati collaboratori del regista, a partire dalle musiche del maestro Ennio Morricone che rispolverando 'un'improvvisazione organizzata' ha composto appositamente trenta madrigali; per proseguire con il direttore della fotografia Fabio Zamarion, che ha guidato il regista nella 'dolorosa separazione dalla pellicola' per il suo primo film girato in digitale; lo scenografo Maurizio Sabatini, il costumista Maurizio Millenotti (gli abiti indossati da Rush sono stati confezionati da Brioni); l'arredatrice Raffaella Gioannetti e il montatore Massimo Quaglia. José de Arcangelo (4 stelle su 5) Nelle sale dal 1° gennaio distribuito da Warner Bros. Pictures Italia

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