martedì 29 gennaio 2013

Arriva nelle sale dal 14 febbraio un film indipendente d'autore: "Quatre nuits d'un étranger" di Fabrizio Ferraro per Boudu

Fin dal titolo, il nuovo film di Fabrizio Ferraro “Quatre nuits d’un étranger” (Quattro notti di uno straniero) ha come riferimento Robert Bresson (“4 notti di un sognatore”), non solo nelle immagini intense e scarne, nel luogo e nello spazio, ma anche per i protagonisti, personaggi (quasi) ‘muti’, solitari, magari sognatori in un mondo-incubo che ha dimenticato, forse, la comunicazione (vera) e i sentimenti, magari lo ‘sguardo’ stesso.
E se la città, i ponti, i vicoli, il fiume sono terzi ‘protagonisti’, se non i principali in assoluto, del romanzo breve di Dostoevskij (“Notti bianche”), le inquadrature, a volte le sequenze - oltre il bianco e nero della fotografia -, ricordano l’altro grande maestro del cinema che vi si era ispirato per il film omonimo, non a caso uno dei più tormentati di Luchino Visconti, sia durante la lavorazione sia al botteghino. “Il testo ha ispirato molti autori prima di me ma volevo portarlo su un’altra dimensione riguardo il cinema – esordisce il regista alla presentazione romana –, il quale ora si trova in una situazione abbastanza critica. Ma il cinema non è testo, tant’è che spesso rischia di trasformarsi in una gabbia, casomai il suo sviluppo. Sul piano ottico il riferimento è Bresson, una sorta di liberazione portata ad un’altra totalità ottica attraverso la luce, visto che le
storie nelle nostre città sono sempre le stesse. Un uomo, una donna, lo stesso posto, la stessa strada, la stessa stanza del film precedente (“Penultimo Paesaggio” che con questo chiude il dittico sul contatto ndr.). Il processo ottico serve per ricordare, ascoltare storie di esseri umani sempre alla ricerca del benessere, della potenza. Ma l’uomo non si vede più, non viene fuori in base a come vive o come si muove, bensì nei nuovi spazi della città, dove accadono più cose simultaneamente, in uno spazio che diventa a volte insostenibile. Il film è stato girato come un’improvvisazione jazz per mettere in crisi la nostra sensualità, i nostri sensi, altrimenti assopiti dalle facilitazione tecnologiche; per far saltare i dispositivi classici con sequenze che vanno da 3’’ a 10’. Noi sappiamo dove vogliamo andare, ma siamo aperti al cambiamento continuo”.
“A Parigi sono straniero ma la conosco meglio di Roma (dove è nato ndr.) - confessa l’autore -, dove c’è una visione di classe molto forte, segnata nei rapporti sociali; dove c’erano posti oggi distrutti e occupati da altro. Il mio non è un amore romantico, e visto che è la città più filmata del Novecento, quindi, tutto è stato già fatto, io dovevo scoprirne altro”. I due protagonisti di un’opera d’autore a tutti gli effetti sono Marco Teti, attore e amico di lunga data del regista, e l’italo-argentina Caterina Gueli Rojo al suo debutto come attrice. Il film realizzato con la collaborazione di Felice D’Agostino, prodotto da Boudu-Passepartout, e coprodotto da Rai Tre-Fuori Orario, verrà distribuito nelle sale italiane dalla stessa Boudu dal 14 febbraio, a Roma al Nuovo Cinema Aquila, e preceduto da un’anteprima, lunedì 4 febbraio, a Fermo.
I testi dei ‘Cartelli’ sono tratti da alcuni versi di Georg Trakl, tra cui “Gli ammutoliti”: Oh la follia della grande città, quando la sera / su nero muro irrigidiscono alberi contorti, / da argentea maschera lo spirito del Maligno guarda; / la luce con magnetica sferza discaccia la notte petrosa. / Oh, il sommesso rintocco delle campane serali. (…) José de Arcangelo Nelle sale dal 14 febbraio distribuito da Boudu

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