lunedì 28 gennaio 2013

"Lincoln" un ritratto politico del sedicesimo Presidente americano e della sua battaglia per l'abolizione della schiavitù

Nonostante il titolo non si tratta dell’ennesimo film biografico né del solito kolossal storico, ma di un solido dramma storico-politico in cui Steven Spielberg ricostruisce l’ultimo combattimento del grande Abraham Lincoln, amato presidente degli Stati Uniti e, quindi,
padre della patria americano. Gli ultimi mesi di vita che lo videro impegnato nella dura battaglia per far approvare il 13° emendamento – l’abolizione della schiavitù nell’intera confederazione – prima della fine della Guerra Civile, e in questo modo salvaguardare l’Unione. L’autore rievoca il passato con un occhio al presente, citandosi addirittura nel prologo con una battaglia dura e cruda come quella di “Salvate il soldato Ryan”, che qui diventa anche metafora di quella che dovrà affrontare il protagonista in Parlamento. Un ritratto soprattutto politico – teatrale nell’impostazione, a tratti claustrofobico e ‘molto parlato’ – in cui il patriottico Spielberg sembra affermare che il potere va comunque esercitato e per farlo nel modo giusto bisogna pur fare dei compromessi e affrontare sacrifici anche personali. Quindi una società civile e democratica che si rispetti – nonostante tutto e oggi più che mai -, non può fare a meno della politica; un governo degno di questo nome non può rinunciare alla discussione né al dibattito, così come non può rifiutare compromessi – e ‘sporcarsi le mani’ - né evitare le contraddizioni per proteggere ‘tutti’ i cittadini, la nazione e la federazione.
Infatti, attraverso gli ultimi quattro mesi di vita del sedicesimo Presidente Lincoln, viene messo in risalto il pieno spessore dell’uomo - con la passione e l’umanità che gli erano propri - che maturò nella sua battaglia più decisiva: tracciare un nuovo percorso per una nazione devastata, a dispetto di circostanze quanto mai avverse e di pressioni estreme sia nella vita pubblica che in quella privata. Una battaglia vinta anche a costo della vita, infatti, Lincoln è stato ucciso, poco dopo l’approvazione dell’emendamento, al Ford’s Theatre da un attore simpatizzante sudista, John Wilkes Booth, ma questo tragico episodio nel film non lo vediamo, l’apprendiamo insieme al figlio più piccolo proprio alla fine della pellicola, sceneggiata dal vincitore del premio Pulitzer, Tony Kushner, e ispirata parzialmente al libro “Team of Rivals: The Political Genius of Lincoln” di Doris Kearns Goodwin.
Un film su misura per il grande attore inglese Daniel Day-Lewis, due volte premio Oscar, per “Il mio piede sinistro” (1989) e “Il petroliere” (2007), su quattro nomination e ora alla quinta candidatura. Ma anche per l’intero cast, tra cui l’altra due volte vincitrice della statuetta Sally Field (Mary Todd Lincoln, la moglie), per “Norma Rae” (1980) e “Le stagioni del cuore” (1985); Tommy Lee Jones (Thaddeus Stevens), un Oscar per l’attore non protagonista in “Il fuggitivo” su tre nomination; Joseph Gordon-Levitt (Robert Lincoln, il figlio maggiore), da “50 e 50” a “Looper” (in uscita); James Spader (W.N. Bilbo); il bravo caratterista David Strathairn (William Seward); il veterano Hal Holbrook (Preston Blair); John Hawkes (Robert Latham); Jackie Earle Haley (Alexander Stephens), Tim Blake Nelson (Richard Schell), Bruce McGill (Edwin Stanton), Jared Harris (il generale Ulysses S. Grant). “Mi è sempre interessato narrare una storia su Lincoln – confessa il regista -. E’ una delle figure più avvincenti della storia e della mia vita. Ricordo che avevo quattro o cinque anni quando ho visto il Lincoln Memorial per la prima volta e mi sono spaventato per le dimensioni della statua ma poi, man mano che mi avvicinavo, sono rimasto affascinato dal suo volto. Non dimenticherò mai quel momento, che mi ha sempre lasciato un senso di curiosità per quell’uomo seduto là in alto davanti a me”.
Ci è riuscito oltre sessant’anni dopo, rinunciando alla spettacolarità dei suoi film più celebri, ma privilegiando la riflessione e l’analisi storica col senno di poi. Curiosa coincidenza, ma due film così diversi come gli autori, “Lincoln” e “Django Unchained”, affrontano quasi contemporaneamente il tema dello schiavismo nell’America della Guerra Civile. Mentre sul Presidente va ricordato “Alba di gloria” (Young Mr. Lincoln) di John Ford, dove il giovane Lincoln era un giovanissima ma già grande Henry Fonda. Ma l’anno scorso hanno visto la luce due opere fantastoriche, anzi horror, ispirate al personaggio come “La leggenda del cacciatore di vampiri” (Abraham Lincoln: Vampire Hunter) di Timur Bekmambetov e il video “Abraham Lincoln vs. Zombies” di Richard Schenkman. E, sulla scia di questo di Spielberg, è in uscita negli Usa il 13 febbraio “Saving Lincoln” di Salvador Litvak, sul rapporto tra il Presidente e la sua guardia del corpo, Hill Lamon. José de Arcangelo (3 stelle su 5) Nelle sale dal 24 gennaio distribuito da 20th Century Fox Italia

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