giovedì 24 gennaio 2013
"Flight" di Zemeckis con Denzel Washington, un amaro volo per un eroe che diventa vittima del pregiudizio per la dipendenza dall'alcol
Amaro e coinvolgente dramma morale per Denzel Washington, firmato Robert Zemeckis (dalla trilogia di “Ritorno al futuro” al pluripremiato “Forrest Gump”), che parte come un thriller mozzafiato, prosegue come un legal-movie, e si conclude come il più classico ritratto dell’americano medio, eroe per caso ma vittima del pregiudizio, oltreché delle proprie debolezze e/o vizi.
Ritornato al film con attori in carne e ossa, e ad una storia reale e contemporanea, dopo la lunga pausa dedicata all’animazione in performance capture (cioè rielaborata sulle sembianze e i movimenti degli interpreti), da “Polar Express” a “La leggenda di Beowulf” e “A Christmas Carol” – ma anche alla produzione -, Zemeckis offre il meglio di sé nella sequenza iniziale, mozzafiato, dell’evitato disastro aereo.
Il resto di “Flight” (t.l. Volo) è di normalissima amministrazione e, quindi, di ottimo livello (tecnico) come di consueto, perché non c’è grande originalità né coraggio nella sceneggiatura – del resto vecchia di oltre dieci anni, tra autobiografia e fatto realmente accaduto – firmata dall’ex attore John Gatins, e tantomeno nella forma, comunque ‘robusta’ e zemeckisiana doc, che non evita convenzioni né stereotipi, anche se velati da una certa ironia e, se vogliamo, sbilanciati dall’ambiguità del personaggio principale e della morale (e opinione) pubblica che – come la verità – cambia a seconda dei punti di vista. Il regista e lo sceneggiatore, purtroppo, lasciano sullo sfondo un certo integralismo religioso in cui sono coinvolti alcuni personaggi.
Infatti, il protagonista, se non avesse una dipendenza dall’alcol, sarebbe considerato un eroe senza macchia, anzi autore di un vero e proprio miracolo; invece come quella (minima) macchia c’è, viene accusato addirittura di omicidio colposo.
Tutto il plot regge però grazie alle larghe spalle (l’indiscusso talento) di Washington, sempre al massimo delle sue capacità, anche quando ormai rischia la gigioneria, e all’ennesimo - il terzo quest’anno - piccolo ruolo (dopo “Argo” e “Di nuovo in gioco”) di John Goodman, l’amico Harley, quello che riesce a tirarlo su (con la cocaina) ogni volta che si trova ko per una sbornia.
Il comandante Whip Whitaker (Washington), esperto pilota di linea, in partenza da Orlando per il solito volo di routine, affronta un inaspettato incidente e riesce a fare un atterraggio di fortuna salvando quasi tutti i passeggeri a bordo. ‘Whip’ viene acclamato come un eroe dai media, ma più cose vengono a galla più le questioni aumentano: chi o che cosa ha sbagliato e cosa è successo veramente su quell’aereo?
Un fatto però è certo, se al posto di Whip si fosse trovato un altro, sicuramente sarebbero morti tutti e non solo sei delle centodue persone a bordo. Ma al pilota verrà contestata la presenza di alcol nel sangue, anche se essa non è la causa dell’incidente né tanto meno dell’evitata strage. E in un certo modo, il pilota finirà per pagare per le colpe di altri, società, istituzioni e personaggi legati alla compagnia aerea e ad una mancata manutenzione.
Nel frattempo, e in lotta con i propri demoni, il tormentato comandante incontra Nicole (Kelly Reilly), fotografa disoccupata che sta tentando di uscire dalla tossicodipendenza, e tra i due nasce una storia. Ma lui non riesce a portare avanti nemmeno quella, continuando a mentire a lei e soprattutto a se stesso, e a ricadere ogni volta nel baratro della dipendenza, finché troverà (finalmente) la via della redenzione personale.
Nel cast anche il veterano Bruce Greenwood (il sindacalista Charlie Anderson), da “Il dolce domani” alle ultime puntate cinematografiche di “Star Trek”; Melissa Leo (Ellen Block), da “21 Grams - Il peso dell’anima” a “Le tre sepolture” e “The Fighter”; Brian Geraghty (Ken Evans), visto di “The Hurt Locker” di Kathryn Bigelow; Tamara Tunie (Margaret Thomason), la nota medico legale Melinda Warner di “Law & Order - Unità vittime speciali”; Nadine Velazquez (Katerina Marquez), dal televisivo “My Name is Earl” all’imminente thriller “Smitch”; James Badge Dale (Gaunt), da “The Conspirator” a “Shame” e “The Grey”; Dane Davenport (Derek Hogue), Garcelle Beauvais (Deana), attivissima sul piccolo schermo; e Don Cheadle (Hugh Lang), dalla saga “Iron Man” a “Un poliziotto da Happy Hour”.
La sempre ottima fotografia è firmata dal fedele collaboratore del regista Don Burges, nomination all’Oscar per “Forrest Gump”. Le scenografie sono di Nelson Coates, i costumi di Louise Frogley, il montaggio di Jeremiah O’Driscoll e gli effetti visivi supervisionati da Kevin Baillie.
José de Arcangelo
(2 1/2 stelle su 5)
Nelle sale dal 24 gennaio distribuito da Universal Pictures International Italy
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento