giovedì 28 febbraio 2013
"Unpside Down", un affascinante viaggio tra due mondi paralleli ma capovolti, e attraverso una storia d'amore
Approda nei cinema italiani (ma solo in 2D) "Unpside Down", opera seconda di Juan (Diego) Solanas, figlio del regista Fernando (Exequiel), e, quindi, anche lui argentino di nascita e francese d'adozione.
L'idea di partenza del film è: due mondi paralleli ma capovolti, come in uno specchio; un uomo e una donna su ognuno di essi, si scoprono, si guardano e alla fine si innamorano. E, infatti, se la sua pellicola è una storia d'amore - impossibile come quella degli eterni "Romeo e Giulietta", su cui girano tutte -, e al tempo stesso fantascientifica, è ovviamente piena di riferimenti al suo paese d'origine, al mondo e all'universo, e anche al cinema stesso (da "I guardiani del destino" a "In Time", anche se nell'atmosfera ricorda in un certo senso "Brazil" di Terry Gillian) con e tra cui l'autore è cresciuto. Anche perché è stato assistente dell'illustre genitore (coautore di "L'ora dei forni" e autore di "Tangos - L'esilio di Gardel") in "Sud" (1988) e "Il viaggio" (1991), e ha curato la fotografia de "La nube" (1998).
Non a caso il mondo di sotto è sottosviluppato, sfruttato e degradato, come quello chiamato una volta 'terzo mondo' e oggi sud del mondo, in cui è finita l'Argentina stessa negli ultimi decenni ed è presente il tango, musica e ballo di emigrati, esiliati e profughi. Mentre quello di sopra è ricco e prosperoso, grazie alle risorse (ormai quasi esaurite e/o 'scippate'), alla forza lavoro, alla sottomissione e persino alla creatività dell'altro.
Un suggestivo e romantico, appassionato e originale, mix di dramma esistenziale e fantascienza, che probabilmente non conquisterà chi ama solo uno dei due generi, però sedurrà chi ama invece il cinema tout court, e quelle storie affiorate tra immaginazione e sogno, tra romanticismo e surrealismo come confessa lo stesso autore - anche sceneggiatore -, che un giorno si è risvegliato con la 'visione' di un'immagine di due montagne invertite che si fronteggiavano, una sotto l'altra.
Due mondi tanto vicini quanto irraggiungibili, separati da una gravità opposta e, soprattutto, ai cui abitanti è proibito interagire. Adam è un ragazzino che vive nel mondo di sotto, povero e in rovina (rieccheggia anche la crisi globale), ai cui abitanti è severamente vietato accedere al mondo di sopra. Ha perso i suoi genitori da piccolo ed è finito in orfanotrofio, ma l'unica persona cara che ha è l'amorevole (dolce e magica come una fata) zia Becky.
Un giorno Adam, salito in cima alla montagna, 'conosce' Eden che invece vive nel mondo di sopra, ricco e sviluppato (il pianeta delle multinazionali?), collegato a quello di sotto unicamente attraverso la società TransWorld, appunto, dove lei lavora. I giovanissimi finiranno per innamorarsi ma, un giorno, vengono scoperti e la loro storia sembra finita tragicamente. Ma anni dopo, Adam (un Jim Sturgess sempre più in ascesa, da "Across the Universe" a "La migliore offerta") - ormai diventato una sorta di inventore/scienziato -, scopre che Eden (Kirsten Dunst) lavora proprio in quella società, che aveva causato la morte dei genitori...
Nel cast internazionale anche un grande (in tutti i sensi) Timothy Spall (Bob Boruchowicz), Blu Makuma (Albert), Nicholas Rose (Pablo), James Kidnie (William Lagavulin), Vlasta Vrana (Mr. Hunt), Kate Trotter (Becky), Holly O'Brien (Paula), Elliot Larson (Adam a 12 anni), Maurane Arcand (Eden a 10 anni).
Una produzione franco-canadese fra Upside Down Films, Les Films Upsidedown Inc, Onyx Films, Transfilm Intl, Studio 37, Kinologic Films (UD), Jouror Productions e France 2 Cinema, che vanta la fotografia di Pierre Gill, le scenografie di Alex McDowell, i costumi di Nicoletta Massone, il montaggio di Paul Jutras e le musiche di Benoit Charest. I belli e riusciti effetti speciali - per niente 'freddi' - sono firmati da Louis Craig mentre il trucco da Colleen Quinton.
3 - José de Arcangelo
Nelle sale dal 28 febbraio distribuito da Notorious
CURIOSITA'
A proposito delle sequenze contemporaneamente 'capovolte', è Solanas stesso - già autore de "L'uomo senza testa" (Premio della Giuria per il miglior corto al 56° Festival di Cannes) e dell'opera prima "Nordeste" - a illuminarci:
"Una cosa mi era chiara: dovevo trovare un mezzo 'umano' per girare il film. Ci tenevo a mostrare un mondo in cui le persone che si trovano 'in piedi' sul soffitto si rivolgono ad altre persone che sono 'in piedi' sul suolo (e viceversa), senza dover ricorrere alla fatidica pallina di ping-pong con la quale un attore deve provare a recitare, dando però l'impressione di essere sempre un po' falso...
E' comprensibile ma alla fine il film perde la sua anima. E' così che mi è venuta l'idea del dispositivo 'master slave': un Dolly interamente computerizzato, con una testa morbida, anch'essa computerizzata, collegata ad un computer che trasmette in tempo reale le coordinate del movimento ad un'altra macchina da presa, fissa su un Motion Control (macchina da presa su braccia robotizzate). Ciò permette di girare con due mezze scenografie e due macchine da presa con un solo e medesimo movimento di macchina. In questo modo, l'operatore, o io stesso, abbiamo la possibilità di inquadrare in un monitor la composizione delle due mezze immagini che alla fine formano una sola e unica immagine!"
"Gli attori possono guardarsi in tempo reale, grazie ad un sistema simile al tele-suggeritore come quelli che usano i giornalisti in televisione per leggere un testo, solo che qui, al posto del testo, c'è l'immagine dell'altro attore."
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