giovedì 21 marzo 2013
Dal corto al lungometrasggio l'inquietante thriller "La madre" dei fratelli Muschietti
E' arrivato nei cinema italiani il film sorpresa del botteghino americano, un horror in raro equilibrio fra thriller classico e dramma psicologico contemporaneo, fra racconto soprannaturale e narrazione realistica. L'opera prima dei fratelli argentini Muschietti, Andy, regista, e Barbara, co-sceneggiatrice e produttrice, tratto dal loro premiato corto omonimo ("Mamà" in originale) che conquistò la comunità cinefila internazionale nel 2008 e soprattutto Guillermo del Toro che ha voluto produrre il loro primo lungometraggio.
Sceneggiato dai fratelli - già attivi fra spot pubblicitari lui e produzione cinematografica lei - con Neil Cross (autore del serial televisivo britannico "Luther"), "La madre" si affida alla tradizione per costruire un'inquietante atmosfera tra suspense e brivido, mistero e sospetti, impressioni ed emozioni, tanto da riecheggiare capolavori del passato senza scopiazzarli ma rielaborando sentimenti e riproducendo situazioni e atteggiamenti, dal "Ragazzo selvaggio" di François Truffaut a "L'esorcista" di William Friedkin, ricordando qua e là persino altri maestri come Alfred Hitchcock e Roman Polanski. E fondendo gli effetti speciali di ultima generazione con un ambiente che più classico non si può, ovvero fra le quattro mura di casa.
Si parte da un prologo in cui un uomo disperato - finanziere di Wall Street colpito dalla crisi -, dopo aver ucciso la moglie, fugge in macchina con le figliolette e finisce in un bosco, dove spariscono apparentemente senza lasciare tracce. Cinque anni dopo, lo zio Lucas (Nikolaj Coster-Waldau, del televisivo "Il trono di spade") riesce a ritrovare, in una baita fatiscente della foresta, le sorelline Victoria (la Megan Charpentier di "Cappuccetto Rosso Sangue") e Lilly (Isabelle Nélisse), e con la fidanzata Annabel (un'inedita e sorprendente Jessica Chastain, nomination all'Oscar per "Dark Zero Thirty") decide di accoglierle in casa.
Annabel, bassista di un gruppo hard rock, all'inizio riluttante, cerca poi di far riprendere alle piccole una vita normale, ma inizia a percepire una presenza malvagia in casa, quasi una barriera invisibile che impedisce a lei e agli altri di 'avvicinare' troppo le piccole. I dubbi l'assalgono: c'è davvero un malefico e possessivo fantasma che si aggira intorno a loro? O sarà solo frutto dello stress dell'esperienza traumatica subita dalle bambine?
Ma lo spettatore, testimone privilegiato, lo scoprirà prima di lei, però questo non gli eviterà sorprese né brivido né tensione. Anche perché la paura nasce - come dice l'autore - "dallo sfruttamento di un archetipo primordiale (la possessività materna)" e al centro della storia ci sono due bambine, in bilico tra fragilità e forza, bene e male, eccesso d'amore e/o di follia.
Ottima cornice ad opera del direttore della fotografia, il messicano Antonio Riestra, residente a Praga, e professionalmente diviso tra America ed Europa; della scenografa Anastasia Masaro (nomination all'Oscar per "Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo"), del costumista Luis Sequeira (da "La cosa" a "Breach - L'infiltrato"), del montatore Michele Conroy e del compositore Fernando Velasquez (da "The Orphanage" a "The Impossible").
José de Arcangelo
(3 stelle su 5)
Nelle sale dal 21 marzo distribuito da Universal Pictures International Italy
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