venerdì 22 marzo 2013
Torna il 'quasi amico' Omar Sy, ancora una volta in coppia, nella commedia poliziesca che ha sbancato in Francia: "Due agenti molto speciali"
Torna Omar Sy, l'irresistibile protagonista di "Quasi amici" in una commedia poliziesca stavolta in coppia con Laurent Lafitte, in una sorta di "Buddy Buddy", ovvero le commedie hollywoodiana con una coppia di amici-nemici, sulla scia degli inimitabili capostipiti Lemmon-Matthau, ma anche dei polar brillanti interpretati da Jean-Paul Belmondo ("Joss il professionista") da una parte, e da Eddie Murphy ("48 ore") dall'altra. Due film diventati ormai dei cult e ampiamente citati nella pellicola francese che ha già conquistato in patria quasi due milioni di spettatori.
La 'strana coppia' è diretta da David Charhon in "Due agenti molto speciali" in uscita il 28 marzo presentato da Rodeo Drive - The Space e distribuito da Medusa in 200 copie. A presentarlo alla stampa italiana a Roma è stato lo stesso Sy che ha parlato del suo lavoro, del successo e della sua vita con grande disponibilità e simpatia.
"Due agente molto speciali" offre un gradevole spettacolo per chi ama il genere, ovvero la miscela di comicità e noir, e narra le indagini, ovviamente a due, su un caso di omicidio.
Infatti, un giorno all'alba, a Bobigny nei pressi di una bisca clandestina viene trovato il cadavere della moglie del potente Jean-Eric Chaligny, il più importante sindacalista francese al centro delle tensioni sociali che scuotono la Francia da qualche tempo.
A causa di questo grave avvenimento, due mondi completamente opposti si incroceranno: quello di Ousmane Dakité (Omar Sy), poliziotto cresciuto in periferia e ora nella sezione finanziaria di Bobigny e l'universo di François Monge (Laurent Lafitte), ispettore capo della famigerata anticrimine parigina. Infatti, le loro ricerche li porteranno da un lato verso Parigi, nel mondo dei sindacati, e dall'altro nella banlieue con tutti i suoi loschi affari.
"Dopo il successo di 'Quasi amici' la mia vita è cambiata – esordisce l’attore -, oggi sono a Roma in un bell'albergo e tutti vogliono sapere di me. E' cambiata completamente. Amo la Francia che è il paese in cui sono nato e cresciuto, ma oggi mi sembra difficile parlare di una situazione politica e sociale della gente che vive ancora oggi in quella realtà. Posso rappresentare qualcuno che vi è nato, che può crescere e far meglio. Credo che i cambiamenti siano possibili, positivi per il futuro, ci parlo perché è il paese che amo".
"Sono nato e cresciuto nella banlieue parigina, credo sia come tutte le periferie del mondo, quella di Montpellier, ma oggi che la mia situazione è così agiata mi risulta difficile esprimermi, forse a 15 anni potevo farlo. Ora i problemi delle persone sono diversi dei miei, crescere in periferia pensa possa far paura, ma dipende dal modo di relazionarsi con gli altri. I pregiudizi e i cliché esistono, però il problema va considerato in un'altra maniera, senza chiudersi alla realtà. Amo giocare con i cliché per smontarli, il cinema lo permette e, visti i preconcetti e i pregiudizi, bisogna andare alla scoperta degli altri, perché da entrambi i lati (il titolo originale del film recita 'Dall'altra parte della periferia' ndr.) si può sbagliare. Noi vediamo i parigini in una certa maniera, loro vedono noi da un'altra, ma è necessario che uno vada verso gli altri per conoscersi, in questo modo molti problemi si potranno superare".
A proposito del futuro remake americano di "Quasi amici", l'attore di colore dichiara: "E' difficile esprimermi anche su questo perché il film non è stato ancora fatto, non ho nessun potere, loro hanno acquistato i diritti, e lo faranno come vorranno. Dovrei almeno leggere la sceneggiatura, non so cosa faranno né di che cosa parleranno. Poi vedremo".
E su Eddie Murphy: "Non voglio essere lui o diventarlo, sono io e sto bene nella mia pelle, ma è ovvio che ho amato e visto i suoi film, anche perché mi sono ispirato a lui per questo personaggio e mi lusinga il paragone, ma non è questa la mia aspirazione".
"Il film di Belmondo, 'Joss il professionista', l'ho visto molto molto tempo prima, da ragazzo quando non sognavo nemmeno di fare attore. La scena più difficile del film è stata nel locale per scambisti!", dice ridendo perché recitano completamente nudi.
Il cinema italiano?
"Quello che ho visto è 'La vita è bella' - afferma -, una commedia 'très belle'. Olivier Nakache ed Eric Toledano (registi di "Quasi amici" ndr.) mi hanno detto che la loro ispirazione erano le commedie all'italiana a sfondo sociale. E chi come attore non vorrebbe lavorare in film del genere, se arrivasse un'offerta dall'Italia sarei contento, inoltre qui c’è un bel clima, e a me non piace stare dove fa molto freddo. Il calcio? Sono cresciuto nella banlieue dove giocavamo sempre, anche se io non ero bravissimo, andavo meglio nella pallacanestro. La mia squadra del cuore è l'Olympique Marseille".
"Chi non ama la Ferrari? E' una macchina straordinaria, qualunque uomo la vorrebbe guidare. Io ho guidato quella di un amico, è come la passione per le Maserati nel film precedente".
"Il tempo libero lo passo vedendo film, con gli amici, in famiglia, ma anche semplicemente riposandomi, senza far nulla".
"Al cinema ho cominciato per caso per i registi di ‘Quasi amici’ che mi avevano visto sul piccolo schermo, perché facevo il comico in tivù. Quando mi hanno chiamato per fare il film ho cominciato a piacermi pure sul grande schermo. Depardieu? Ora che sono famoso mi fanno questo tipo di domande, ma la mia opinione non cambia nulla. Non sono un giudice né il buon dio, non posso giudicarlo, e non credo che la mia opinione aggiungerebbe nulla al dibattito".
"Il mio inizio è stato casuale, durante la crescita ho avuto una vita normale, non avevo mai pensato di fare l'attore; facevo sport, atletica, e pensavo che ci voleva troppo tempo ed energia. Ho avuto un percorso regolare - studiare per prendersi un diploma -, ma una volta un amico mi ha chiesto aiuto perché aveva un problema per la sua trasmissione radiofonica. Allora ho inventato un personaggio finto - un calciatore senegalese - che interveniva in diretta e ha funzionato. Ho provato una libertà, una leggerezza come nel ballo o nello sport, il personaggio è piaciuto e dalla radio sono passato alla televisione e, infine, al cinema".
"Mi piacciono i film d'azione, girare scene estreme è divertente, e visto che amo lo sport è eccitante per me girare le scene più pericolose, tanto che le controfigure, a volte, mi fermavano: 'questo non lo puoi fare'. Ben vengano altri film d'azione".
"Un progetto l'esamino sempre con attenzione, e sono sempre diversi, la mia decisione dipende dalla precisione del progetto, della storia, del personaggio, di quello che vuole dire".
"C'è la possibilità di un sequel – spiega -, il finale lascia una porta aperta, ma non sono mai gli attori o i produttori a decidere, se il pubblico seguirà questa storia e amerà i personaggi sicuramente ci sarà. Ora sono impegnato ad imparare l'inglese e perfezionarlo per il progetto di "X-Men – Giorni di un futuro passato" che cominceremo a girare fra qualche mese. Un progetto troppo elettrizzante, ma sapete come funziona in questi casi, regna la massima segretezza, non posso dir nulla, ma sono contento perché faccio parte di un cast stellare".
"Sono d'accordo, anche 'Quasi amici' si può definire una 'Buddy Buddy' comedy – concorda -; Omar e Fred erano una 'strana coppia', ma allora lo facevo in modo inconscio. Il grande vantaggio è lavorare con altre persone, anche in cose ricorrenti; trovare la forza nella differenza, e lavorare insieme. Sono partito con 'Quasi amici', e credo di aver guadagnato sempre lavorando su una coppia agli antipodi che poi s'incontra. Una cosa da fare anche nella vita, infatti, spesso persone che ci sembrano strane, bizzarre; poi scopriamo insieme cose di noi e di loro, che le ‘differenze’ non sono problemi irrisolvibili. Sono contento che questo venga fuori nel film, perché è quasi inconsapevole. – e vedendo il doppiatore Simone Mori arrivare in sala, dice - Ho sempre bisogno dell’altro", l’abbraccia e fa scattare una foto insieme.
"La pirateria è troppo difficile combatterla – conclude -. Difficile anche rispondere su una possibile soluzione, di arrivare al concetto. Scaricare i film da internet impedisce alla gente di andare al cinema, dove si vede il film con spettatori sconosciuti in una sorta di comunione attraverso la quale ci si emoziona insieme, queste sono sicuramente emozioni difficili da piratare. I film sono fatti per essere visti, alcune persone non possono andare al cinema, però internet è difficile da governare, da mettere sotto controllo. Ben vengano le leggi, ma è difficile frenare questo fenomeno. La pirateria non ucciderà mai il cinema. Credo che una soluzione possibile sia poter scaricare in maniera legale a pagamento, magari a basso prezzo, e a poca distanza dall'uscita in sala".
José de Arcangelo
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