giovedì 14 marzo 2013
"Gli amanti passeggeri" è una commedia in cui la trama è la "metafora assoluta della società spagnola", parola di Pedro Almodovar
Pedro Almodovar si prende una 'vacanza', gioca e si diverte a mescolare i generi a lui più cari, quindi commedia sì, ma anche flash di mélo nel nuovo film "Gli amanti passeggeri", corale e 'scollacciato', sofisticato e al tempo stesso (volutamente) 'volgare'. Quasi una farsesca parodia delle commedie e i mélo musicali della Spagna anni Sessanta, franchista e bigotta, dove sono ribaltati atteggiamenti e contenuti. Dove il sesso era tabù, qui è sfacciatamente sbandierato, e le canzoni che rappresentavano la spensieratezza o la rassegnazione, ora funzionano da intermezzo per smorzare la tensione; a seconda dei casi, anzi dei generi. Il film, in uscita nelle sale italiane il 21 marzo in 300 copie distribuito da Warner Bros., e che ha avuto 250mila spettatori nel primo weekend in Spagna, è stato presentato a Roma dal regista stesso e dagli attori Blanca Suarez, Miguel Angel Silvestre e Carlos Areces.
“Il mio unico sport è passeggiare per le vie di Madrid – esordisce Almodovar - e sono in contatto diretto con la gente, tanto che spesso mi ferma per chiedermi quando farò una nuova commedia, quale sarà la prossima, e visto che io non sono un negozio che deve vendere una merce, e avevo voglia di fare una commedia, appena ho avuto il copione giusto mi sono lanciato. Volevo ritrovare il tono dei miei primi film anni 80, da cui mi sono pian piano allontanato sulla scia di una naturale evoluzione e senza sapere se tutto quella vivacità fosse rimasta dentro di me. Tutta la pellicola è un tributo a quel decennio in cui la Spagna ha conosciuto un periodo di libertà e democrazia con emozione ed entusiasmo”.
E sul cameo di Antonio Banderas e Penelope Cruz nel prologo, dichiara: “Dato che si tratta del ritorno alla commedia come quelle delle mie origini, ho voluto chiamare Antonio e Penelope come anfitrioni del film, per rivolgere una sorta di saluto al pubblico, un benvenuti alla nuova pellicola di Pedro”.
“Non so quello che succede sugli aerei – afferma sulla trama -, conosco solo le indicazioni sulle uscite di emergenza, nel film tutto è finzione, e io non ho mai avuto esperienze estreme, volevo soltanto riunire un gruppo di persone in uno spazio ristretto, chiuso, da dove la gente non può più uscire ed è sottoposta a grande tensione. Uno dei modi che trovano i ‘passeggeri’ per divertirsi, per intrattenersi e superare la paura della morte e l'incertezza, è la parola. E comunicare è il modo con cui ognuno diventa uno spettacolo a sé. Il riferimento è alla televisione che si attribuisce un potere confessionale, dato che le confessioni avvengono davanti alle telecamere, mentre sull’aereo gli schermi sono neri ciechi vuoti, e la parola viene utilizzata per relazionarsi con gli altri”.
“Credo sia una delle maggiori e migliori esperienze di vita personale e professionale – ribatte Blanca Suarez, nel ruolo di Ruth che sta però a terra -, lavorare con Pedro è una delle mete di noi attori, credo di poter parlare in nome di tutto il cast, anche se io ho lavorato una o due settimane, e non ho condiviso il resto delle riprese con gli altri, che sono stati quasi due mesi in ‘cabina’ e mi consta che l’hanno passata molto bene”.
“Molte volte pensando a Pedro si cade in un'idea falsa – prosegue -, ci sono fasi diverse. Mentre leggi i testi devi ascoltare, ti sembra la musica psicologica perfetta, devi ascoltare come ‘suonano’ i dialoghi; al tempo stesso durante le riprese hai poco spazio per l’improvvisazione. Ma io ero molto sicura, ho avuto il personaggio molto chiaro fin dall’inizio, e ogni silenzio è un sottotesto molto importante. C'è tanta libertà per la creazione e l’arricchimento, Pedro un giorno ti porta sequenze nuove che poi non sono state girate o addirittura tagliate, c’è sempre spazio per ampliare trama e storie”.
“Lavorare per la prima volta con Pedro no ti sembra vero – afferma Carlos Areces che è Fajas, uno dei tre stewart/hostess -, non so se qualcuno direbbe di no a una sua proposta. E’ stata un’esperienza piacevole, abbiamo formato una squadra eccezionale. Tanto che noi, ‘assistenti di volo’ avevamo un giorno libero, ma Pedro ci faceva entrare da dietro, nel caso avesse deciso di farci intervenire, così abbiamo passato molto tempo insieme, anche perché camerini e ambienti erano gli uni accanto agli altri, e ci siamo divertiti. Un’ottima esperienza. E’ molto chiaro il personaggio che devi interpretare, c'è meno improvvisazione di quello che si possa immaginare, lui crea sempre cose nuove sul personaggio, solo che sul cammino di ricerca a volte devi rinunciare alla frase che Pedro ha tirato fuori per te. E ti dà indicazioni divertenti. Ricordo una molto affilata perché quando ha una brutta giornata è più divertente; verso la fine, nella scene in cui usciamo ‘tutti’ le hostess, lui ci ha detto: ‘Dovete fare come in ‘Un giorno a New York’ o ‘Cantando sotto la pioggia’ che voi non conoscete perché non sapete assolutamente nulla di cosa sto parlando”.
“Un’esperienza molto importante – chiosa Silvestre che è lo sposo in viaggio di nozze – in cui ci siamo goduti il cinema di Pedro e la possibilità di lavorare con un regista libero, particolare. Una motivazione in più per lavorare con lui perché sa quello che vuole ma non ti pressa mai, casomai ti manipola rendendoti più vulnerabile quindi più spontaneo. E’ stata un’esperienza meravigliosa perché diversa.”
“Improvvisiamo molto durante la preparazione del film – spiega l’autore di “Tutto su mia madre” -, e io faccio tutte le azioni, a volte scaturiscono cose molto divertenti, alcune appaiono nel film altre scompaiono, loro si dispiacciono quando le scene scompaiono, ma non voglio dare l’immagine di un regista dittatore. Loro stanno vivendo nel personaggio, sono scene che comunque formano parte dell'esperienza, lasciano un'impronta per me sul personaggio. Quando dissi quella frase, volevo dire ‘come in un musical mescolato col modo di camminare delle modelle in una sfilata”.
“Credo sia passato sufficiente tempo dall'11 settembre, dalla drammaticità di quel episodio, per poter parlare con ironia dei voli. Tanto che c’è un serial americano, ‘Panam’, che è una commedia. D’altra parte le pellicole catastrofiche sugli aerei, dal drammatico ‘Airport’ all stars si è passati alla pura farsa de ‘L'aereo più pazzo del mondo’. Non ho avuto nessuna cattiva esperienza in aereo – e non ho visto ‘Flight’ -, però credo che anche in una situazione di grave pericolo mi piacerebbe comunque il mio comandante perché è un uomo di grande competenza e di lunga esperienze di vita e di tecnica”.
“La situazione spagnola è la peggiore dall'inizio della democrazia – riprende il regista di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, sull’attualità -, evidentemente c'è una certa nostalgia di quelli anni, io non sono un nostalgico, ma l'esplosione di libertà degli anni ‘80 mi manca molto, come manca a tutti noi. Al nuovo Papa diamogli l'opportunità di fare qualcosa prima di criticarlo, l’unico cosa che ha fatto e, sfortunatamente non ho visto, è uscire dal balcone per il suo primo discorso, e non so se è stato intelligente, comico, convincente, tenero o lascivo, quindi non posso esprimermi sulla recitazione. Il futuro non lo sappiamo. Sappiamo solo che quest'uomo ha un passato, come pure noi. Sulla sua esperienza da gesuita, dal momento che ha preso i voti credo sia sulla via della continuità, se seguirà nel solco della continuità non è una buona notizia. Non mi soffermo su altro, visto che mi trovo in una città dove dentro c'è il Vaticano, e altre ragioni ci hanno portati qui. La sfida è quella di una chiesa contemporanea, che rappresenti la vita di oggi, prima di Francesco I non lo era, anzi si era allontanata”.
“Avrei comunque un paio di consigli per lui, uno che per favore elevi la donna allo stesso livello dell'uomo, perché una volta che ha deciso di intraprendere la carriera religiosa con grande dedizione abbia accesso ai due paradigmi, autentici miracoli, come perdonare i peccati (la confessione) e consacrare (la comunione), anche perché in questa parte del mondo una delle istituzioni non corrisponde alla funzione che la donna ha nella società. Uguaglianza tra sacerdoti e sacerdotesse. Il secondo che dia scacco matto al celibato. Scomparirebbe così una delle infamie, dei pesi della chiesa, come gli abusi sessuali. Una volta che preti e monache conoscano il sesso, questo li avvicinerà al resto delle persone. Si normalizzino anche le relazioni di tutti i tipi, il matrimonio in tutti le combinazioni possibile, che in realtà sono tre: una uomo e una donna, donna-donna, uomo-uomo. Tre è sempre meglio di una”.
“Il film l’ho concepito come una totalità, non una serie di sketch – ribatte all’accusa di una certa discontinuità -, ci sono momenti più lenti, forse fiacchi, come se mancasse l’unione tra una scena e l'altra, al di la di quello, se sembrano una serie di momenti isolati, mi dispiace. L’ho amato molto. Non credo, non mi resta da dire di vederla una seconda volta, forse così la vedrete in un altro modo”.
“Il sesso per me è sempre una festa, per celebrare qualcosa che ci è stato donato dalla natura, e che nessuno ci può togliere. La catarsi erotica nel film, dove tutti i personaggi corrono grave pericolo, è perché diano l'addio alla vita nel modo migliore possibile di accommiatarsi. Se la situazione in Spagna si possa risolvere a base di sesso e amore non lo so, ma posso dire che riesce sempre bene nelle relazioni amorose, perché uno si mette al posto dell'altro, cerca di risolvergli i problemi, di capirlo, di aiutarlo a sopportare. L’idea del governo spagnolo innamorato del popolo spagnolo non sarebbe male. Il sesso un modo di superare la crisi? E' buono per creare leggi e frenare una crisi?, non ci credo; ti aiuta ad avere momenti di piacere, divertenti. Un governo innamorato del popolo che sogna di scoparsi gli elettori in una specie di ninfomania, potrebbe ispirare migliori leggi, ma non aiuterebbe molto”.
“Credo che la pellicola sia una metafora chiara della Spagna di oggi – afferma -. C’è un viaggio senza destinazione, la necessità di un atterraggio forzato, una situazione di grave pericolo che lo rende assoluta metafora della società spagnola. Nella commedia alla fine non succede niente, si salvano tutti. Nella realtà quell'atterraggio non sappiamo su quale pista avverrà e chi lo comanderà, io vivo in Spagna con questa incertezza”.
E sulla realtà italiana, aggiunge: “Non vivo qui, sulla situazione italiana non ho pareri drastici, c’è quasi una reazione parallela dei cittadini sulle leggi e i tagli alle spese, perché è l'opposto di quello di cui il popolo ha bisogno. Rispetto alle elezioni, la stampa spagnola dice che è una situazione di ingovernabilità, se si dovessero tenere da noi credo che il risultato sarebbe simile: i partiti frammentati, la difficoltà di un accordo, scomparirebbe il bipartitismo, ma per ora da noi è tutto ipotetico. In Spagna non abbiamo la figura di Beppe Grillo, ma uscirebbe comunque un risultato raro, difficile, simile”.
“Il sesso e la morte, o la paura della morte nei miei film, credo dipenda dal fatto che non sono una persona molto credente, mi piacerebbe aver fede in qualcosa, però questa ci viene donata o no. Questo mi fa temere la morte, dopo la scomparsa di mia madre nel ’99, ci penso ogni giorno, perché è una cosa che non capisco e non posso impedire né accettare. Come soggetto per la finzione è un elemento eterno, uno dei temi di cui si parla fin dagli albori”.
“Tra gli imminenti progetti che ho a tavolino – conclude - non c’è una commedia, ma nei miei film c’è sempre umorismo, un’occasione per ridere, anche quando non sono commedie”.
Nel cast multistellare fra vecchie conoscenze e neo arrivati, anche Javier Camara (Joserra), da “Parla con lei” a “Una pistola in cada mano” di Cesc Gay, acclamato al Festival di Roma; l’argentina Cecilia Roth (Norma), premiata protagonista di “Tutto su mia madre”; Antonio de la Torre (il comandante Alex Acero), Hugo Silva (il copilota Benito Moron), Laya Martì (la sposa), l’inimitabile Lola Duenas (Bruna, la sensitiva vergine), Raul Arevalo (Ulloa, il terzo stewart), il messicano José Maria Yazpik (Infante), Guillermo Toledo (Ricardo Galan, star delle telenovelas), José luis Torrijo (il dottor Màs) e un cameo per Paz Vega (Alba), quasi irriconoscibile, da “Lola y el sexo” a “Spanglish”.
José de Arcangelo
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