giovedì 14 marzo 2013
"La scelta di Barbara" di Christian Petzold, un intenso dramma esistenziale al femminile nella Germania Est degli anni '80
Approda finalmente nei cinema italiani "Barbara" (titolo originale), nome della coraggiosa protagonista dell'intensa opera di Christian Petzold, che si è aggiudicato l'Orso d'Argento per la regia al Festival di Berlino 2012, ha avuto il premio della giuria dei lettori del "Berliner Morgenpost", è stata presentata in anteprima nazionale alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2012 e già stata ben accolta dal pubblico tedesco e francese.
Un dramma esistenziale ambientato negli anni Ottanta, in una Germania ancora divisa, crudelmente separata come i suoi protagonisti, dall'insormontabile muro che crollerà solo alla fine del decennio. Una sorta di "Le vite degli altri" al femminile, né grigio né cupo perché lo sono già le esistenze dei personaggi non l’ambiente né la natura che li circonda, e anche perché la realtà è filtrata dal punto di vista di Barbara, giovane medico finito nella sperduta provincia - ma strettamente sorvegliata - per uno 'sbaglio', e che sogna la fuga dall’altra parte del muro.
Ma sarà costretta a scegliere tra le libertà e l'amore dell'Ovest e il dovere, la solidarietà e i nuovi affetti dell'Est. Tra liberazione e rinuncia, tra sentimenti e passione per la sua professione, tra sé e gli altri, tra cuore e cervello. Una scelta dolorosa in entrambi i casi, perché si è sempre costretti a rinunciare a qualcosa, a qualcuno, ai sogni e agli ideali. Continuare a perseverare e resistere dall'interno, o fuggire egoisticamente da ogni responsabilità? Questo è il dilemma di Barbara, ma non solo di lei.
Petzold - che firma anche la sceneggiatura - è considerato "uno dei registi più significativi del cinema tedesco contemporaneo", e i suoi film precedenti lo confermano, dall'opera prima "Gespenster", presentata alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, a "Yella", presentato alla Berlinale e poi a Chicago, e "Jerichow", ancora al Festival di Venezia. E le sue costanti sono temi come l'identità tedesca e il rapporto tra vita, amore e morte che è un po’ il cuore poetico, addirittura romantico in questo caso, delle sue opere.
Infatti, se il riferimento dichiarato è “Acque del sud” di Howard Hawks, dove la coppia Bogart-Bacall era costantemente spiata da agenti della polizia segreta, anche qui i protagonisti nascondono ferite e segreti e sono controllati a vista, passeranno pian piano dalla reciproca diffidenza alla fiducia, forse all’amore. Però a Petzold non interessava “fare il ritratto di un paese oppresso da contrapporre all’amore come forza pura, innocente e liberatoria. Non volevamo – afferma il regista – proporre simboli espliciti. Alla fine deve essere lo spettatore stesso a ricavarli”.
Insomma, un dramma che prima intriga, poi coinvolge e, infine, emoziona e commuove perché anche il pubblico è costretto a partecipare, a condividere la 'scelta di Barbara', interpretata da una incisiva Nina Hoss – che per volere del regista si è ispirata a Romy Schneider, allora popolarissima e amatissima anche all’Est -, assecondata da un efficace cast: Ronald Zehrfeld (Andre), Jasna Fritzi Bauer (Stella), Mark Waschke (Jorg) e Rainer Bock (Rainer).
José de Arcangelo
(3 stelle su 5)
Nelle sale dal 14 febbraio distribuito da Bim
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