venerdì 15 marzo 2013
"La frode" di Nicholas Jarecki, ovvero un thriller 'economico', ma non solo, per Richard Gere
Un thriller economico, forse; un dramma thriller, sicuramente perché affronta temi quali amore e frode (da titolo italiano), lealtà e finanza, sesso e potere, economico, appunto. Questi gli ingredienti del film dello scrittore, debuttante nella regia, Nicholas Jarecki, sulla lunga scia dei due “Wall Street” di Oliver Stone, magari aggiornati e corretti attraverso la crisi economica globale dell’ultimo decennio, già affrontata da vari punti di vista da “Margin Call” e simili.
Solo che in “Arbitrage” (titolo originale che sta per ‘arbitrato’), la vicenda è piuttosto intimista, dato che la situazione è affrontata attraverso la vita pubblica e privata del magnate newyorkese dei fondi di investimento Robert Miller (un sempre più efficace Richard Gere) che, alla vigilia dei sessant’anni, è il classico ritratto stesso del successo (americano) sia negli affari sia in famiglia.
Ma dietro l’apparente sicurezza dorata, Miller nasconde di essere nei guai fino al collo e nel disperato tentativo di portare a termine la vendita del suo impero economico a un’importante banca, prima che venga scoperto l’abisso delle sue truffe. E, nel nascondere ad ogni costo la propria doppiezza alla fedele moglie Ellen (sempre inimitabile Susan Sarandon) e alla figlia Brooke (Brit Marling, una giovane da tener d’occhio), sua brillante erede, Robert deve anche gestire la relazione con l’amante, Julie Còte (Laetitia Casta al suo debutto hollywoodiano), giovane mercante d’arte francese.
Però, proprio quando sta per liberarsi dal peso del suo ingombrante impero, uno sbaglio fatale lo costringe a destreggiarsi tra famiglia, affari e delitti, con l’aiuto di Jimmy Grant (Nate Parker), e attirando il sospetto dell’ispettore newyorkese Michael Bryer (Tim Roth, di ritorno sul grande schermo da “Lie to Me”), che non si fermerà davanti a niente nella propria indagine pur di incastrarlo. A questo punto la sua scelta diventerà soprattutto morale e la soluzione finale in un colpo di scena.
Ritratto sobrio ed efficace di un mondo dove l’apparenza non corrisponde mai alla verità e dove l’economia virtuale ha degli effetti catastrofici, attraverso il ritratto di un magnate che all’improvviso scopre di essere un uomo come tutti gli altri. Così come quello del detective della polizia che, non potendo punirlo ‘legalmente’ cerca di farlo crollare, magari esasperando quelli che lo circondano.
Jarecki che è cresciuto a New York in mezzo a imprenditori e operatori finanziari afferma: “Il business mi affascina. Ho avuto un’azienda mia e quindi ne ho le conoscenze tecniche, e dai miei genitori (erano nel mercato delle materie prime ndr.) ho imparato molto sui mercati”. E sul personaggio aggiunge: “E’ un uomo complicato e io penso che lo siamo un po’ tutti. Tutti a volte mentiamo e inganniamo e tutti facciamo cose disinteressate e stupende. Credo che l’altruismo esista e faccia parte del nostro Dna, perché sappiamo anche agire a favore degli altri. Allora penso che Robert sia umano ma pieno di gravi difetti, e il film si chiede se sarà mai disposto a rinunciare al suo amato potere pur di conservare un ultimo brandello di umanità”.
Quindi, il giudizio viene rilanciato allo spettatore, dopo la visione un film che invita a riflettere sul personaggio e su noi stessi.
Nel cast anche Graydon Carter (James Mayfield), Stuart Margolin (Syd Felder), Chris Eigeman (Gavin Briar), Bruce Altman (Chris Vogler), Larry Pine (Jeffrey Greenberg), Curtis Cook (Mills), Gabrielle Lazure (Sandrine Còte) e Austin Lisy (Peter Miller).
Il direttore della fotografia è il francese Yorick Le Saux, scoperto dal regista vedendo la mini serie “Carlos” di Olivier Assayas; la scenografa Beth Mickle (“Drive”), il costumista Joe Aulisi (“Motel Woodstock”), il montatore Douglas Crise e l’autore delle musiche Cliff Martinez, collaboratore di Steven Soderbergh fin da “Sesso, bugie e videotape”.
José de Arcangelo
Nelle sale dal 14 marzo distribuito M2 Pictures
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