giovedì 4 aprile 2013

Una commedia nera ma non troppo, Brignano e Zaccariello presentano "Ci vediamo domani"

Arriva nei cinema "Ci vediamo domani" una commedia nera ma non troppo, opera prima di Andrea Zaccariello (e da lui scritta con Paolo Rossi), dopo tanti corti premiati e pubblicità, con un inedito Enrico Brignano, Burt Young e Francesca Inaudi, e con Ricky Tognazzi e la piccola Giulia Salerno. Piuttosto una commedia esistenzial-sentimentale sui disagi della società contemporanea, tra vita e morte e 'miracoli'. "Un film su cose semplici - esordisce il produttore Giuseppe Pedersoli -, temi su cui l'umanità si arrovella da secoli, realizzato da bravissimi professionisti, dall'apprezzata sceneggiatura, e venuto fuori in maniera particolare. Non avevamo pensato ad Enrico in un primo momento, ma quando ho parlato con la sua agente, anche lei ha avuto la stessa reazione entusiastica sulla sceneggiatura e Brignano ha condiviso. Abbiamo bussato a qualche porta e ci hanno detto picche, ma poi abbiamo trovato Moviemax (che coproduce e distribuisce ndr.), e sono orgoglioso di aver fatto il film. All'anteprima di Los Angeles abbiamo sentito l'emozione in sala, vuol dire che valeva la pena di farlo". Il quarantenne irrequieto Marcello Santilli (Brignano) attratto dalla facile ricchezza, ormai ridotto sul lastrico, scopre che in Puglia c'è un paesino abitato da tantissimi vecchi. Ecco l'affare: aprirà un'agenzia di pompe funebri. Ma i giorni passano e nemmeno un decesso, nemmeno una malattia, né un piccolo malore. Sembra impossibile: in quel paese non si muore nemmeno a 100 anni... "Ho provato a scrivere una cosa e poi a metterla in piedi come se fosse parte della vita stessa, ed Enrico è stato disponibile di percorrere insieme a me questo viaggio. Un grande personaggio, un signore attore in questa occasione da vedere distintamente, e appoggiarsi ad una realtà che è poi la nostra". "Dopo aver letto la sceneggiatura, ho chiesto 'e io chi sono?' 'Sei il protagonista' mi rispose, mentre io pensavo di fare... lei (dice scherzando e indicando l'Inaudi). Marcello sta in scena per il 98 per cento del film, è un ruolo molto impegnativo a livello attoriale, anche perché va a toccare alcune corde delicate, in scena ci sono delle bare, e in Italia questo è ancora un po' tabù. Ce l'abbiamo davanti tutti quotidianamente per un parente, un amico che ci viene a mancare, o di un personaggio, di un cantante, però abbiamo una grande incapacità di relazionarci in modo giusto con la morte e con la vita. Pur essendo una commedia non comica, era un film che sulla carta poteva piacermi. Andrea già lo conoscevo perché avevamo fatto una pubblicità, ma eravamo ragazzi, ed io ero il coprotagonista. Mi parlava del film e diceva 'secondo me si può far bene. E poi il produttore è una brava persona, ha una marcia in più, e abbiamo la soddisfazione di averlo portato a termine. Credo che la commedia sia questo, come 'I soliti ignoti', la vita è complicata, la gente disperata e si improvvisa altri modi per sopravvivere. Nel film ci sono scene anche drammatiche, un paio di scene che pizzicano il cuore. Comunque, ci voleva una favola con 'c'era una volta', su un campione nazionale di gratta e vinci, per la fortuna dello Stato, anche se ci dice 'giocare con moderazione'. Ma che vuol dire? 3 al giorno, 30 al mese, 100... Marcello perde il ristorante perché ha fatto l'accordo con l'egiziano anticipandogli 70mila euro in nero per non pagare le tasse, ma perde tutto, la famiglia, e rischia persino l'affetto della figlia. Ed è al centro di una serie di cose che lo porta alla catarsi e decide di vincere la carta con la vita. Sulle pompe funebri mi son dovuto fermare un attimo per riflettere, visto che mi dovevo infilare dentro una bara, e l'ultima che avevo vista era quella di mio padre. Dovevo tentare di far ridere con queste argomenti, accanto a vecchietti, attori non attori, ragazzi di 80 anni per raccontare qualcosa d'interessante, su esseri inportanti. La cosa bella, straordinaria, erano i loro capelli grigi, il fatto che nessuna signora si era fatta il botulino. In un paesino lontano di questa Italia, così com'è, tra il sole, la zappa, il badile, hanno accettato di giocare con noi per raccontare una storia. Il nostro desiderio di riportare un po' tutto quanto a racconto. Una storia in cui ci potevamo mettere momenti commoventi, tanti, perché a quelli divertenti non ci faccio più caso, le risate migliori stanno nelle sfumature. Andrea ci ha dato carta bianca perché non aveva pellicola (nel senso che girando in digitale non si spreca ndr.), quando c'era qualche dubbio dicevo 'facciamo una così una collà, poi te la smazzi al montaggio'. Inizialmente serviva per scegliere e trovare la linea giusta. I miei complimenti vanno al direttore della fotografia Giancarlo Lodi perché, a momenti, grazie alla sua luce sembra di stare in un film di Sergio Leone". "Io, Francesca, in realtà sono un'inguaribile romantica - ribatte la Inaudi -, Flavia cerca la vera ricostituzione di se stessa, per cui si lascia aperta una possibilità di riavvicinamento al marito; a volte crediamo che la solidità ci restituisca qualche cosa che stiamo cercando, invece ci ha sottratto i sogni, la possibilità di fare cose azzardate, ma si va avanti anche con niente, perché vale la pena fare la nostra vita. Enrico, essendo un comico, arriva un punto in cui lo devi fermare. Ogni tanto mettevo la mia faccia davanti all'obiettivo come per dire 'non rompere le scattole'". "Mi sono trovata benissimo - dice l'anziana Liliana Vallasciani, nel ruolo della nonna del protagonista -, Andrea è riuscito a mettermi al silenzio completo. Quando sono arrivata a Pietrafrisca (il paesino inventato del film ndr.), prima di ripartire avevo deciso di andare a Cisternino a domandare se era vero che non si muore mai, e ho scoperto che il 21 dicembre (data della fine del mondo secondo i maya ndr.) ci andavano perché 'non si moriva', venivano anche dalla Francia, era scattato un turismo improvviso". "Arrivati in Puglia abbiamo fatto un casting - riprende il regista - e li trattavamo come vecchietti, invece loro erano stati puntialissimi e facevano correre noi. La vecchietta che interpreta la centenaria incorvata ma sempre in giro, in realtà sta sempre tutta dritta e faceva finta, a 92 anni, di essere anziana". "Mi sono divertita molto sul set - dice la piccola Giulia Salerno -, Enrico faceva un sacco di battute e faceva ridere tutti, il regista è molto simpatico e anche il produttore. Anche 'mia' nonna". "Il suo metodo è l'istrospezione - ribatte Brignano sul premio Oscar Burt Young -, in un primo momento in albergo dove l'ho conosciuto, il produttore mi dice 'guarda, Burt ti deve chiedere se può recitare in inglese', perché lui parla con un accento un po' sporco. Altrimenti avrebbe portato via tempo e difficoltà nel doppiaggio, ma troveremo una voce che darà comprensibilità a un viso e un attore che si esprime nel suo inglese newyorkese, con una voce trascinata. Per questo è stato molto emozionante, cercava farsi capire e in un secondo entrava in scena. Una lezione straordinaria. Ha raccontato di quella scena di 'Rocky' in cui butta il tacchino dalla finestra. C'era un tacchino solo!, chi l'avrebbe detto di un film che poi è stato campione d'incassi in tutto il mondo. Durante le riprese, infatti, ogni volta i macchinisti con una rete metallica raccoglievano il tacchino e lo riportavano su, tanto che al terzo ciak, si è staccata la coscia e Burt ha improvvisato e ha fatto finta di morderla, offrendo un pezzo anche a Stallone". "Io ho fatto quattro scene diluite nel tempo - aggiunge l'Inaudi sul suo ruolo - Flavia la vedi e non la vedi". "C'era una serie di camper - ribatte Brignano -, così pensavo oggi divido il lavoro con altri, invece facevano un giornata di lavorazione e ripartivano. Francesca l'ho vista come la Madonna di Civitavecchia, andava e giudicava e, poi, via come nostro Signore dei cieli. Io cercavo di rompere quell'atmosfera, visto che vivevo in una stalla vera, ripulita da me, piena di bare, guidando un carro funebre, non mi sono grattato per educazione. Ho cercato di sfatare, di rompere con altre cose lo schema per alleggerire l'atmosfera faccendo qualche battute, ma non ci sono state denunce". E quali film vede Brignano? "Quelli che mi piacciono, pochi, andare a vederli tutti è faticoso anche perché i produttori dicono che non ci sono registi, i registi che non ci sono attori e questi che non ci sono produttori. I francesi sono stati più bravi di noi a tirare fuori storie che non sapevamo di avere. E' strano che il maggior successo italiano sia nato da un'idea francese. Ora potremmo fare 'Benvenuta la destra' o 'la sinistra'. Non crediamo in noi stessi, chi ci accusa perché ci crediamo superiori. Ma lo schema del teatro, della musica l'abbiamo inventato noi, con la lirica e la commedia dell'arte. Non riusciamo a celebrare noi stessi, i premi e gli eventi cinematografici in televisione vengono usati per tappare un buco pubblicitario. Un premio o una trasmissione sul cinema viene mandato in onda dopo mezzanotte o alle sei del mattino, invece il cinema bisogna viverlo come un business, sennò perché il film di Checco Zalone ha incassato 43 milioni di euro. Bisogna crederci molto di più al nostro lavoro, con molta responsabilità e credibilità, ma anche al vostro, di tutti i giornalisti. Un film e uno spettacolo teatrale, credo, valga la pena viverli, non si tratta di perdere tempo, di un passatempo, ma di un impegno vero. Che senso c'ha una vita senza cinema, senza teatro, è un'occasione per conoscersi, per scambiare idee. Una volta si andava al cinema con una ragazza per corteggiarla, non solo per pomicciare, erano film italiani di successo anche internazionale, alcuni hanno fatto storia e sono apprezzati ancora oggi, nonostante il regista sia morto anni fa". "Abbiamo fatto uno sciopero nazionale del settore - prosegue - e ci accaniamo con i ministri che tagliano la sovvenzione allo spettacolo, che hanno osato dire che con lo spettacolo 'non ci si compra neanche un panino'. Invece, si creano storie, si lavora e non si dovrebbero nemmeno permettere di dirlo, ma dobbiamo comunque lavorare meglio e credendo di più in quello che facciamo. Anche perché le Fiat non si possono più costruire in Italia ma in Messico o altrove. Proviamo a giocare con quello che abbiamo, Tarantino fa un film che incassa tantissimo e non fa altro che citare e celebrare i cosiddetti 'brutti film italiani'. Se credessimo di essere molto più bravi di quello che pensiamo di poter essere, forse ci riusciremo". "Il nostro film esce l'11 - afferma l'autore - ma sarà condizionato dal coraggio di aver fatto una cosa diversa. L'altra sera guardavo 'Sedotta e abbandonata' dove Germi ha usato il grottesco con grandissimo equilibrio, con dinamiche narrative straordinarie, regionalissima. Oggi si dice che bisogna fare dei film tarati sulla farsa perché funziona, e i produttori credono in una forza magnetica che faccia contenti tutti, ancora prima di girare e di uscire, ma questo fatto impedisce di fare cose coraggiose, più nuove. Certo un produttore deve avere la certezza per tirare fuori il denaro. La cosa importante è crederci, dare più valore a noi stessi, noi volevamo fare una farsa che raccontasse la realtà tramite una chiave narrativa diversi, altrimenti rimarremo sempre lì. Volevamo che questa cosiddetta 'farsità' che non fosse così farsa". "I viaggi nel film sono significativi - riprende Brignano - e girati in sequenza, portare laggiù le camere-car non era facile, e io avevo un 1500 di cinquant'anni fa, col cambio laterale, è stato faticoso ma giusto. C'erano delle immagini fantastiche, aperture su paesaggi che esistono veramente, dove c'è sul serio un ponte sul niente. Poi abbiamo girato a Roma l'ultima scena, nel traffico su una macchina insicura. Sfiderei chiunque a guidare un carro funebre a Roma e poi vediamo quale Actors' Studio, metodo Strasberg e altro. Il film è un viaggio coraggioso della fantasia, quello di aprire le pompe funebri, ma anche viaggi nei sentimenti, nel profondo. Una commedia raramente riesce a toccare corde più delicate di queste. Lo si vede anche come un viaggio nel passato, in questo paesetto arroccato (dove hanno girato e, in parte, ricostruito), è una sorta di ricordo, uno spettro edilizio, abbandonato dopo l'ultimo terremoto in Irpinia, ma credo ce ne siano altri. E ci sono ancora paesi dove non si ammazzano le donne ogni due giorni, non c'è la criminalità o la mafia". "Cercavamo anche un paese più piccolo ma funzionante - aggiunge il regista -, al di fuori dal tempo, però non ci sono più. Ci sono i paesi fantasma, ma bisognerebbe metterli in sicurezza. Oppure dovevamo cercare un piccolissimo comune, ma alla fine abbiamo trovato una masseria (Lupoli, nell'agro di Crispiano in territorio tarantino ndr.) molto grande, anni '50, che abbiamo usato per le riprese aggiungendo qualche piccola costruzione perché funzionasse come un vero paese". "Ricky (Tognazzi) rappresenta il lato negativo del tracollo economico - ribatte Brignano -, però la nuova morale deve venire ancora fuori, dopo i fatti dei Monte dei Paschi. Lui è quello che si prende l'appartamente della nonna, che ha tentato di comprare il ristorante in nero. La nuova morale in effetti non c'è, visto che i parlamentari non rieletti vengono indennizzati con 230mila euro, un fatto più immorale dello stupro, non so. Per non fare la fine di Cipro, loro stessi dovrebbero indignarsi, dire 'non li prendiamo e non ci facciamo vedere più per dieci anni'. I 40miliardi di euro li prendano lì, e non da chi i soldi li guadagna duramente e oggi non ha più nemmeno un lavoro. Non c'è moralità". "Se non facessimo quello che facciamo con amore sarebbe finita - afferma la Inaudi -, non soltanto nella loro relazione (i protagonisti del film ndr.), ma amare la differenza dell'altro, sognare di essere liberi è la cosa più importante, sognare si può e si deve, e soprattutto per amore come i protagonisti, e il finale resta aperto per quello". "La scelta del finale è perché così fanno contenta la bambina e loro stessi - chiosa Brignano -, immaginano di viaggiare su un suv, che secondo la bambina 'si regala per farsi perdonare le corna più grosse'. Lui, per ovvi motivi, modifica il carro funebre, lo dipinge (come le macchine dei figli dei fiori ndr.). A noi piace che sia così, che ci sia un domani in cui si mettano d'accordo, che chi sbaglia paghi, chi si sacrifica venga premiato, e che le tasse vengano investite bene, da parlamentari perbene". "Quando lui dice 'non c'è problema', lei ribatte 'allora vengo' - conclude il regista -, e grazie ad una vicenda parallela si apre un'opportunità che ha cambiato anche loro: lui ha deciso di mollare tutto, è libero come nel disegno della figlia. Niente è cambiato ma tutto è diverso come dice la canzone finale". José de Arcangelo

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