mercoledì 17 aprile 2013

"Viaggio sola" e sono felice così, parola di Maria Sole Tognazzi e Margherita Buy

Dal 24 aprile nei cinema il terzo lungometraggio di Maria Sole Tognazzi "Viaggio da sola" con Margherita Buy e Stefano Accorsi, distribuito da Teodora Film, che si è distinto per la scoperta di opere dirette da donne, da Susanne Bier a Cecilia Martel, e soprattutto in questo ultimo anno distribuendo solo film al femminile. "Come donna non so se si fa più fatica a fare film - esordisce Maria Sole Tognazzi -, ho visto film di donne bellissimi, ma oggi è diventato più faticoso per tutti, anche per i registi uomini". "E' faticoso riuscire a portare avanti un film - dice la produttrice Silvia Innocenzi -, forse nelle donne è diverso il senso di produrre, le registe hanno una sensibilità particolare, hanno un universo che ci appartiene di più, e sono ben felice di produrre film di donne. E finché c'è la Buy...", chiude ridendo. La quarantenne Irene non ha marito né figli e svolge un lavoro che è il sogno di molti: è 'l'ospite a sorpresa', il temutissimo cliente in incognito che annota, valuta e giudica gli standard degli alberghi di lusso. Oltre al lavoro nella sua vita ci sono la sorella Silvia, sposata con figli, e l'ex fidanzato Andrea. "La protagonista è una persona normale - ribatte la regista - che fa una scelta di vita senza famiglia né figli, libera e indipendente, è una cosa normale per Irene, rispetto ad una corrente leggermente diversa. In buona parte dei film in circolazione c'è un tema ricorrente: la famiglia. Ce ne sono famiglie di tutti i tipi: allargate, gay, scoppiate, di ex che si ritrovano o che si distruggono. Ma la grande assente sullo schermo è una figura che le statische danno al 17% della popolazione italiana - non proprio una minoranza - e in costante ascesa: lo scapolo di un tempo, che negli anni zero è la donna single e senza figli". "Sono stato felicissima di farlo - afferma la protagonista Margherita Buy - perché c'era una donna regista, era scritto da donne - con Ivan Cotroneo -, e conoscevo da tanti anni fa la produttrice; un insieme di donne che portavano avanti un progetto. Poi un personaggio che mi è piaciuto tantissimo, una donna che non ha riferimenti familiari, molto solida, concentrata sul suo lavoro, finita in una strada in cui scopre se stessa: le sembra che questo suo mondo stia crollando, invece no, è felice di fare un mestiere che la porta in tutto il mondo. Le donne in questo caso sono contente e felici, più sicure di se stesse". "Lavorare con una donna dietro la macchina da presa è diverso - dichiara Accorsi -, con Maria Sole si è creato subito un rapporto facile, divertito, e uno scambio profondo. Ora capisco cosa significhi per una donna trovarsi sul set diretta da un uomo, mi sono reso conto cosa può significare - visto che la maggior parte dei registi e dei produttori sono uomini -, bisogna avere una grande sensibilità per non sentirsi esclusi. Con Margherita ci conoscevamo già (hanno fatto "Le fatte ignoranti" e "Saturno Contro" con Ozpetek ndr.), però avevamo fatto scene empatiche, ma di conflitto. Sono stato accolto calorosamente da questo mondo femminile che offre uno sguardo su un uomo che ha un'angoscia, perché Andrea scopre che sarà padre forse in modo brutale, ma pian piano si sposta dal sentimento irrazionale dell'amore al desiderio di paternità, instaura un rapporto rispetto alla paternità, mentre Margherita/Irene non sa dove la porterà questo rapporto. Di solito il primato di questo sentimento è della madre, ma anche per l'uomo è un rapporto misterioso e istintivo". "Sole ha una capacità di grandissima tranquillità - chiosa la Buy -, ti dà il senso che tutto funzioni senza essere aggressiva e isterica come spesso accade sul set dei maschi". "Non c'è perfezione nella vita - riprende l'autrice -, non ci sono percorsi migliori di altri perché sono segnati dalla nostra indole, da un lavoro piuttosto che da un altro, da rapporti diversi, oppure da non averli proprio. Irene ha passato i quarant'anni, non ha figli né un lavoro stabile, ma non si sente per questo una fallita, anzi, è pienamente soddisfatta. In poche parole, un concetto quasi rivoluzionario, perché se una donna non mette al mondo figli, spesso si pensa non sia completa, ma c'è chi un figlio non può averlo. Il personaggio di Irene rappresenta una percentuale di donne sole ma felici; la solitudine ce l'hanno tutti. Ognuno sceglie una direzione, le scelte ci portano verso una strada, e non è detto che Irene conduca la sua vita esattamente come voleva, fa un lavoro curioso che la porta in giro, che si rivela più bello di quello che è. Il film nasce da un mestiere che nessuno conosce (ispettore d'albergo ndr.), ma lo svolgono veramente così; lei è sola e felice con uno strano lavoro itinerante che ha portato anche noi in 7 città del mondo (dalle Alpi a Berlino e Marrakesh ndr.)". "E' stato molto divertente giocare con le aspettative - ribatte il co-sceneggiatore Cotroneo -, da più parti, dall'esterno la spingono a cambiare vita, ma la caratteristica di Irene non è il cambiamento ma la solidità. Scrivendo la sceneggiatura abbiamo cercato di immaginarci un finale possibile che non volevamo scrivere (cambia lavoro, si sposa, ha dei figli) e abbiamo giocano un po' con le aspettative. E' stato divertente scriverne uno in barba a tutti personaggi da manuale che 'devono' cambiare (soprattutto nel cinema americano). Irene, invece, affronta insicurezze e incertezza e capisce che sta bene così, che non deve per forza cambiare". "Ivan ha già lavorato con noi nel film precedente e mi hanno chiamato a lavorare su varie idee, io la penso diversamente - afferma la sceneggiatrice Francesca Marciano -, sono più grande di loro -; la situazione delle donne nel cinema è, forse, peggiorata, difficilmente lavorano alla pari nel nostro paese, è una una cosa scandalosa. Questa è una storia fuori dal comune in un paese ossesionato dalla famiglia. La donna alla fine del film non trova fidanzato né marito né chi la voglia inseminare. L'ho considerato una cosa originale, perché la dice lunga sul rapporto dell'Italia con altri paesi. Di donne di 40 e passa anni ne é pieno il mondo, qui ne abbiamo fatto un film in cui si afferma che si può essere felici senza una famiglia. Forse ce n'era bisogno, perché il personaggio di Irene rappresenta una fetta oramai sempre più in aumento, una percentuale destinata a crescere. In una delle prime riunioni di scrittura ci siamo resi conto che, come in questo film italiano, anche noi tre non avevamo figli né mogli incinte". E la solitudine? "Capita spesso di trovarsi soli - dichiara la Buy - e di essere comunque felici, lontani da certi problemi; la solitudine di quel momento non è una situazione pesante; mentre altre volte succede di sentirsi soli in situazioni più protette". "La solitudine del mio personaggio è più stanziale di quello di Margherita - ribatte Accorsi -; la solitudine non è problema che si sia posto, un uomo la cui vita sociale si vede solo in parte, ha una relazione che è un segno importante, un lavoro che gli piace. E' difficile per me l'amicizia tra uomo e donna se c'è stata una forte attrazione, l'esperienza insegna che nella vita si fanno delle scelte, e ci si rende conto se un tipo di rapporto può funzionare o meno. Nel mio caso è difficile passare dal rapporto di coppia all'amicizia, a me non riesce. Sul fatto della paternità, invece, si accenna ad un'umanità diversa del maschile, prima dice 'Oh Dio che angoscia', poi invece no. La maternità può essere un momento magico anche per l'uomo. Forse questo fatto ha a che fare con la nostra generazione, un rapporto che conosco, anzi, più attivo di questo rapporto. Nel film sembra potrebbe diventare uno stereotipo, invece si entra in qualcos'altro. Fabrizia (Sacchi) e Gian Marco (Tognazzi) parlano della loro vita, il film sorprendentemente ci porta là dove non ci si aspetta". "Non lo so se si tratta di amicizia - ribatte la Buy -, bisognerebbe prima capire cosa è amore e cosa intendiamo per amicizia, semplificando è difficile dirlo. Credo si stabilisce un rapporto di amicizia con delle persone che non amavi veramente, quando c'è stata una grossa passione, difficilmente si instaura un rapporto d'amicizia, ma forse mi è capitato". "In alcuni casi si può rimanere amici, in altri detestarsi a vita - dice Gian Marco Tognazzi -, dipende dalle sfumature, dalle personalità, dagli accavallamenti, non credo ci sia niente di male in uno o nell'altro caso". "E' stato bello accompagnare la regista, trovarsi sul set - dice Cotroneo -, fare i sopralluoghi visto che era un po' come un terno al lotto, ma ci siamo trovati insieme negli stessi alberghi, mai visti in vita nostra. Solitudine non è una brutta parola, ci può essere anche in un rapporto di coppia, fa parte della nostra esistenza, a volte ci rende migliore la vita, dato che stare costantemente insieme agli altri non ti dà il tempo di pensare". "Chi di noi non ha provato la solitudine anche in due o in quattro - ribatte la Marciano -, è qualcosa che non si può dividere, fa parte della nostra vita. Non credo la sua solitudine sia maggiore, ma uno dei tanti modi di viverla". "Non è brutta nel momento in cui si sceglie di viverla come momento positivo - aggiunge Accorsi -, il nostro mestiere ci porta in giro, abbiamo modo di alternare molto; è bella quando uno si prende degli spazi, per riflettere su quello che vive e fa. Le foglie secche nell'appartamento di Irene, quando torna a casa, può renderlo sconsolato, ma ognuno può mettere la propria accessione". "Per i finali sui personaggi vale quello che dovrebbe valere per le persone - dichiara Cotroneo -, a volte anche io come spettatore voglio si chiuda con un matrimonio (come ne "Il lato positivo"), ed esco dal cinema molto contento. Per altri film trovo sia un finale appiccicato, una convenzione. Chiaramente il matrimonio, la scelta della famiglia, alcune volte può significare la felicità, ma non perché è stato stabilito da qualcun altro. Forse la maggior parte dei film deve finire bene, ma è un po' una convenzione. Solo se è la felicità che intendi ritrovare, ha un senso". E sull'elezione del Presidente della Repubblica dicono: "Ho sognato Emma Bonino - confessa Maria Sole - ma temo sia ancora un uomo". "Spero sia una donna ma non credo - dice la Buy -, penso non sia stata superata paura della donna". "Molti uomini non si sentono più rappresentati dal nostro governo - ribatte Accorsi -, perché il riferenziale è questo 'piccolo mondo antico', e non si rendono conto che la gente ha voglia di qualcosa di fondamentalmente diverso". "Sappiamo che le donne sono più portate per il bene comune - sostiene la Marciano -, sono madri, hanno dei figli e gestiscono la vita degli altri nel privato, mentre gli uomini sono più occupati ad occupare posti di potere. Una donna potrebbe essere più accogliente, come un papa che dice 'buona sera' e perciò viene accolto anche da chi non è nemmeno cattolico. Un'autorevolezza femminile ci rasserena di più". E gli altri interpreti parlano dei loro ruoli "E' stato sorprendentemente molto semplice - dichiara Alessia Barela, nel ruolo della compagna di Andrea/Accorsi, sulla scena in cui le due donne fanno pace - sostenuta da un'attrice che dà molto ascolto; tra l'altro, è stata la prima scena che abbiamo girato, e mi è successo raramente, di poter appoggiarmi all'altra persona e sorprendersi su come arrivare. Inoltre, Sole è malleabile, prende dagli attori, sul momento in cui si può creare qualcosa, ed io da quello che mi ha trasmesso Margherita. Poteva diventare un cliché oppure qualcosa di utile a me che nel film sono un po' rigida. Chiudere un rapporto e renderlo positivo, era comunque difficile. Non ho avuto la fortuna di andare nei posti bellissimi dove loro sono stati, ma solo a Roma, rivedendo la scena l'ho trovata molto delicata. Succedono quelle magie, è successo veramente, forse, è arrivata autentica allo spettatore". "E' stato molto impegnativo - dichiara Gian Marco Tognazzi -, con una responsabilità superiore, entrare in una sfera come quella familiare. Con Sole siamo molto legati, anche come regista e attore, i ruoli si ribaltano. Ho fatto il possibile per rendere il personaggio, per far piacere non perché è mia sorella, ma perché come regista ha una sensibilità grandiosa, ed è più matura di più di me, molto più saggia di me, che sono più grande. Per mia volontà non c'ero nel suo secondo film ('L'uomo che ama' ndr.) per evitare l'equazione. E' libera di scegliere se sono adatto al personaggio o no. Ringrazio perché mi ha dato due personaggi diversi, nel primo ('Passato prossimo' ndr.) ero semi cornuto qui no, forse lo diventerò. Il film è bello perché lascia molte cose aperte. Tutti gli argomenti sono identificabili per le caratteristiche dei personaggi e della storia. E affronta argomenti cosi vari, come nelle cose delle nostre vite". "Sono molto contenta di aver lavorato con una carissima amica - afferma Fabrizia Sacchi nel ruolo di sorella di Irene e moglie di Tommaso -, l'ho scoperta dal punto di vista artistico, è brava a gestire il set, a tenerlo sotto controllo, nonostante gli ostacoli interminabili. Il film è bello, compiuto, interessante. Ha raccontato una storia dove ognuno vede quello che vuole vedere. Irene ha scelto la sua vita felice e di condurla così. Il mio personaggio, Silvia, è ovviamente l'altra sponda rispetto alla sorella, quello che non è. Lei si concentra sulla famiglia - tanto che porta sempre il violino al marito musicista -, si occupa della famiglia dall'inizio alla fine, mentre la sorella vive in alberghi di lusso. Il suo problema è non avere una dimensione tutta per sé, oltre quella del marito e dei due figli. E così nei piccoli stress quotidiani dimentica le chiavi, di prendere la macchina, segnali che non ci sta sulla testa". "Per me la normalità è il Bed & Breakfast - confessa la regista -, ma la mia famiglia ha un'esperienza alberghiera. La famiglia di mia madre, Franca Bettoja, ha un grande albergo, a Roma in via Cavour. Questo mondo mi ha affascinato fin da piccola, mia nonna mi faceva entrare dall'ingresso del personale, e volevo rientrarci attraverso il film. Parlando con Ivan e Francesca, e con un 'ispettore' vero a Londra, è stato divertente raccontarlo perché è un mestiere strano. Un universo per super ricchi, alberghi da 5 stelle, tant'è che quando abbiamo finito di scrivere ci sembrava irrealizzabile, impossibile poter avere posti e alberghi meravigliosi. Per fortuna una mia amica che lavora per Fonte Verde in Toscana, alla quale ho chiesto informazioni, mi ha detto che appartiene a un leading, e mi ha dato l'indirizzo e-mail dell'ufficio di New York. Ho mandato la sceneggiatura su questo argomento mai raccontato, e loro hanno deciso di darci tutti gli alberghi del mondo in cui girare. Una grande collaborazione perché c'era sempre la gente; una collaborazione molto particolare perché potevano dirci semplicemente 'non ci interessa'. Questo universo di ricchezza mediato da una donna che ricca non è (Irene, la protagonista ndr.), che ha uno stipendio buono ma non oltre la media. Infatti, questi ispettori fingono di essere parte di quel mondo che qui viene visto attraverso gli occhi di una donna normale, che conduce una doppia vita - l'80 per cento in alberghi di lusso -, non ha una famiglia e fa un mestiere che viene fatto da pochissime donne e mi sembrava interessante raccontare". "Non mi sono mai sentito così italiano da quando vivo all'estero - conclude Accorsi -, ci si rende conto su una serie di cose che non si ha, di star lontano da persone con cui ci si diverte. Ad ogni rientro la vivo sempre in modo fantastico, l'alternanza mi permette di vivere l'Italia con uno spirito di vacanza". José de Arcangelo

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