martedì 28 maggio 2013

Giancarlo Giannini firma un intrigante thriller esistenziale su un gioco pericoloso in "Ti ho cercato in tutti i necrologi"

Un intrigante thriller esistenziale se volete, un gioco (pericoloso anche finanziariamente) come dice l'attore-autore Giancarlo Giannini che, alla sua seconda regia cinematografica (dopo "Terno secco"), firma "Ti ho cercata in tutti i necrologi" con F. Murray Abraham e Silvia De Santis, oltre che lui stesso nel ruolo protagonista, dal 30 maggio nei cinema italiani in 50 copie. "E' tanto che ho in mente questa storia - esordisce alla presentazione romana -. Il piacere di vita va oltre l'esistenza quotidiana, sia Braque (F.Murray Abraham) che la donna sono incuriositi dal personaggio, lei da demone diventa angelo, e il Nikita (protagonista ndr.) demone". Già perché se lo spunto non è nuovo (dalle 'Avventure di caccia del conte Zaroff - La pericolosa partita' a "Hunger Games) si narra di Nikita uno che porta i morti (semplicemente un becchino) che, coinvolto in una partita di poker in una villa fuori Toronto perde tutto, anche quello che non ha e, per poter estinguere il suo debito di gioco, gli viene proposta una caccia all'uomo: 20 minuti separano lui da creditori/cacciatori che, col fucile in mano, dovranno stanarlo e ucciderlo. Ma, sopravvissuto, Nikita entra in una nuova intima dimensione dove il terrore e la follia si insinueranno lentamente e misteriosamente nella sua vita, tanto da non desistere dal desiderio di essere 'cacciato'. E l'inaspettato incontro con una bella giovane complicherà la sua esistenza... Un intrigante dramma fra amore e morte dove i riferimenti personali e universali si mischiano si fondono, attraverso suggestivi rimandi in cui ogni spettatore può trovare o meno, echi psicologici e persino filosofici, basta che lasciate andare la vostra fantasia dietro a questi personaggi, apparentemente bizzarri, ma sedotti dal mistero della vita e della morte, da quelle di cui si sente parodossalmente voglia di sfuggire o di raggiungere, a seconda dei momenti della nostra esistenza. E l'amore è eterno finché dura o oltre la morte? "Sono state fatte molte prove e abbiamo parlato molto del personaggio - dichiara Silvia De Santis -, e mi ha privilegiato il fatto che il regista è anche attore. Dovevo partire da lui, dalla figura dell'attore, di un personaggio dalle mille facce, e lavorare su una recitazione sempre imprevedibile". "Uccide i personaggi perché non rispettano le regole - dice Giannini su Braque -, nessuno deve volere farsi ammazzare, all'inizio Nikita va avanti con questa voglia di soldi, di comprarsi la Mercedes e qualcosa di più. C'era anche una scena in cui distrugge la sua macchina che poi ho tagliato. Ad un certo punto Braque dice 'lei può fare quello che vuole, io farò le cacce ma non il cacciatore. Il male stupisce sempre, è una storia di amore e morte, il riferimento specie nel finale è 'Duello al sole' (di King Vidor, e si vede ndr.), ci sono molte citazioni, ma il film mi è piaciuto farlo secondo canoni molto precisi, la macchina si muove in modo abbastanza semplice, una bella fotografia con sfondi straordinari, oppure girare sotto terra, bianco e nero. Un cinema che mi è stato suggerito nel passato, e che ho cercato di carpire. Una storia che ho fatto con amore e grande dedizione, questo (il cinema ndr.) è un gioco ma molto serio". "Il titolo nasce da una battuta del Nikita - prosegue - lui che è sempre a contatto con la morte, cerca di scoprire cosa si sente. Infatti, quando arriva nella casa dov'è la ragazza con cui vive, esclama 'E' buono l'odore di vivo'; così come quando rivede l'altra donna le dice 'Ti ho cercato in tutti i necrologi, sono morte due Helena'; un dialogo molto pulito, molto semplice, curioso perché asincrono come la musica. Qualcuno che l'ha visto mi ha detto 'è il film più anarchico che abbia mai visto". "Qualcosa del genere l'avevo fatta in 'Pasqualino Settebellezze' (di Lina Wertmuller ndr.) più di trent'anni fa. E' una sfida, potrebbe essere una favola su due fantasmi, in cui Nikita diventa terribile tanto da dirle 'se non mi ammazzi tu, ti ammazzo io'. E' andata un po' così, volevo cambiare, trovare nuove vie, ho fatto dei tagli di sceneggiatura, ma credo che il pubblico sia intelligente, che al cinema quando si apre una porta non necessariamente si trova quello che ci si aspetta. Sono personaggi di finzioni che dicono anche delle verità. Come quando domanda 'Come fanno a capire chi l'ha colpito? e Braque risponde: 'Quando uccidi qualcuno lo sai, lo senti". "La mia è una ricerca istintiva - aggiunge -, il film nasce disegnato inquadratura per inquadrature, e lo faccio per cercare di capire, anche se non disegno bene. Altrimenti ti fermi cercando la scena giusta e il tempo ti viene addosso, e magari si tratta solo di una ripresa di 20 secondi. Per 'Il male oscuro' (di Mario Monicelli ndr.) dovevo affrontare una scena in cui dovevo sembrare un animale, perché il male della testa non è lineare. A volte facevo il serpente, altre il ragno o la gallina, ma sono cose che appartengono a me. E' una forma discontinua di racconto, le immagini del subconscio sono stridenti, ma i personaggi non sono veri. Non sono andato in ospedale per studiare il personaggio. Quando recito voglio divertirme non soffrire. In teatro ho fatto 'Romeo' per tre anni, magari ti puoi innamorare di Giulietta, ma non puoi subirla ogni sera. Infatti allora il regista diceva 'non siete qui per soffrire ma per recitare, è il pubblico che piange per voi. E' lo scrittore che scrive la storia e il pubblico ad interpretarla, noi siamo dei plagiatori, dei maghi che sanno usare in trucco". "Anche riferimenti e citazioni sono giochi e divertissement - confessa l'attore-regista -. Il quadro di William Blake è stata un'idea dell'attrice che allora stava facendo una tesi su di lui, così abbiamo deciso di ingigantire questa immagine in bn, nata dall'atmosfera che stava vivendo. Nascono anche così, in un modo attuale non stanislaskiano, non c'è una regola, il mio è un film molto aperto, sbagliato o no, a me piace sbagliare. Sempre dico ai miei allievi 'Dovete sforzarvi e anche sbagliare, perché se non è un errore, è una proposta. Gli attori siamo sempre più avantaggiati degli altri, e noi abbiamo più gioco e più fantasia degli americani che sono nati duecento anni. Loro parlano ancora di De Sica e Spielberg in 'E.T.' ha sostituito (anche nel logo della Dreamworks ndr) le scope con le biciclette". Ovvero quelle di "Miracolo a Milano". "Questo poeta pittore inglese è una mia passione - dice di Blake la De Santis -, di solito porto una spilla da un suo quadro, realizzato per l'illustrazione della versione inglese della 'Divina Commedia'. E' stata una bella idea di Giancarlo per questo personaggio molto difficile perché non ha appigli con la psicologia quotidiana di una donna. Il malessere interiore viene raccontato attraverso la sua casa, dove ci sono oggetti inquietanti, un acquario con pesci tropicali che rappresenta un mondo puro, poi altre cose sospese, per dare un'immagine di lei senza spiegarla. E ci sono anche le sue passeggiate, la sua solitudine. Un modo d'impostare il personaggio". "Tutto è casuale - dichiara ancora su riferimenti e citazioni, alla domanda su "Ultimo tango a Parigi" azzardata da un collega -, film sulle partite a carte ci sono stati tanti. Si parte sempre in maniera banale, la storia si complica man mano. Anche 'Terno secco' partiva da una banalità, è il mio modo di raccontare, ci sono pochi riferimenti ma mi arrivano per ricordo, li riproduco come fossero invenzioni. 'M' di Lang (viene trasmesso dal televisore ndr.), in originale tedesco, lo mandano spesso nella tivù americana, e quando lui (Peter Lorre ndr.) si difende sembra proprio Braque, è straordinario e mi è piaciuto poterlo citare. Rispecchiava un momento dell'espressionismo straordinario. E corrisponde a un momento drammatico del mio personaggio. E ho pagato parecchio. Tutti mi sono piaciuti anche i riferimenti involontari". "Registi che amo ci sono tanti, se ami questo mestiere sei curioso, chiaro che ammiro Kurosawa, Kubrick, Fellini, e il suo '8 1/2' sull'impotenza di fare film. Uno che consiglio a tutti, è 'Giungla d'asfalto' (di John Huston ndr.), dove trovi il meglio di tutto, di qualunque mestiere - dal direttore della fotografia agli attori -, e capisci molte cose. Certo se uno nasce Mozart e a sei anni suona il violino, nasce genio; altrimenti copia, inventa, inpara. Ho scelto Murray perché è un amico e un grande attore, chi è che fa Salieri come lui. Ti innamori degli attori, però se proponi questa cosa, qualcuno ribatte perché no Gene Hackman. Ho dato la mia parola al mio amico, che ha la faccia e la capacità di farlo, ha preso pure l'Oscar. L'attrice Silvia De Santis per aver il modo di lavorare con lei, mi piaceva questo gioco che lei suonasse il pianoforte perché vive in un altro mondo, in un'altra dimensione, e la musica è un linguaggio come quello di Dio che capiscono tutti. Volevo che suonasse veramente e recitasse in inglese, ma anche perché è Diploma all'Accademia d'Arte Drammatica. Del resto è stata una scelta molto semplice, poi ci sono attori canadesi che fanno piccole cose". "Ho sempre fatto film coraggiosi - continua -, non c'è qualcosa che voglio fare, voglio vivere la vita nel suo divenire. Lo faccio, mi piace la storia, entrare in questo mondo, il rapporto con la testa del regista. E che ci sia qualcosa di più, sennò tutto diventa banale. Spero che possa piacere al pubblico, comunicare qualcosa. Ho lavorato 12 anni a teatro, e lavori sempre per il pubblico: Il nostro è un mondo difficile e fare cose facili non mi piace. Tanto che non so nemmeno in quante copie usciamo. A me dicono tutti che il cinema italiano è morto, che è diventato una sorta di museo. Non so il suo futuro sarà il video game, ma credo che ci sarà una forma di interagire con le immagini. Ma penso che i giovani faranno qualcosa di diverso, come forma". "Il film è una coproduzione mista, canadese e americana - conclude Giannini -, e ha avuto un doppiaggio normale, il problema è che per il produttore (alla fine è lui produttore di se stesso ndr.) è come avere due film, costa il doppio. Sono diversi, tutta l'edizione e la lavorazione sono diverse. Ho dovuto tradurlo e ho diretto tutti perché per fortuna sono bravo nel doppiaggio. Andiamo al Festival di Shangai fra 15 giorni, siamo in ottime trattative col Sudamerica, attraverso la Globo, poi vediamo. Cerchiamo di piazzarlo in Germania perché piace ai tedeschi. Nasce come coproduzione al 30 per cento canadese, ma i loro soldi non sono mai arrivati, e ho dovuto supplire io, di tasca mia, e così il 30 è diventato 60 per cento, perché sono stato truffato dai canadesi. Non ci dormo la notte. I miei guadagni gli ho messo sul film, e se ho sbagliato è tutto colpia mia, io l'ho fatto andare in porto. E' stato anche divertente perché il tuo fisico diventa dieci volte più energetico, anche dal punto di vista fisico è stato uno sforzo notevole, visto che non ho usato gli stunt per corse e cadute, ho fatto tutto io, ero pazzo perché dovevo finire il film". José de Arcangelo

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