sabato 4 maggio 2013
"Il Secondo piano può attendere" ovvero la nuova commedia di Sergio Rubini regista: "Mi rifaccio vivo" con Solfrizzi e Marcorè
Ecco la nuova, ambiziosa, commedia di Sergio Rubini, non più esistenziale e men che meno nera come le ultime, le quali se non erano proprio cupe, in un certo senso, erano pessimistiche. "Mi rifaccio vivo" come da titolo ha come riferimento non dichiarato un classico della fantacommedia hollywoodiana (degli equivoci) come "Il paradiso può attendere", anche se qui viene chiamato il Secondo piano, e la selezione delle 'anime' viene guidata da un certo Carlo Marx. Ma è un genere illustrissimo perché frequentato, anzi inventato, nel passato da maestri come Ernst Lubitsch e Frank Capra.
Infatti Biagio Bianchetti (Lillo) fin dalla scuola ha un acerrimo nemico, Ottone Di Valerio (Neri Marcorè), il classico figlio di papà che è sempre arrivato primo in tutto, coprendo di insuccessi e ridicolo il malcapitato Biagio. E così, dopo l'ennesima sconfitta, Bianchetti decide di farla finita.
Ma una volta nell'aldilà e per non finire nei sotterranei, scopre di avere diritto a un bonus: potrà tornare sulla terra per una settimana, e così dimostrare di essere un uomo migliore. Accetta convinto che finalmente potrà distruggere la felicità del suo antagonista e per farlo sceglie di incarnarsi in Dennis Rufino (Emilio Solfrizzi), un super manager a cui Ottone ha affidato le sorti della sua azienda.
"E' un film sulla pacificazione - esordisce il regista -, perché il nemico va conosciuto e disattivato con la conoscenza, comprendere perché ci insospettisce, la paura nasce perché non lo conosciamo. L'erba del vicino è sempre più verde perché noi viviamo acasa nostra, se andassimoa vivere a casa sua infattti, scopriremmo che il suo giardino non è poi come ci sembrava, tutt'altro che bello, e che lo stesso vicino è diverso da come l'abbiamo sempre immaginato, tutt'altro che vincente. E' un essere umano come noi, e magari ci fa persino simpatia, e si gli va male di aiutarlo. In questo senso forse è in linea col governissimo. Un ribaltamento così radicale, però, provoca il sorriso, una risata incontenibile addirittura, ed è così che la commedia m'è parsa il registro più efficace per raccontare l'avventura mirabolante di Biagio Bianchetti."
"Il lieto fine è l'indicazione di una strada - spiega -, meno voyeuristico del solito, significa suggerire una strada, un atto di coraggio. Sono partito da questi presupposti, una parabola così estrema non poteva essere su un antagonismo femminile che è più nero, scuro, mentre l'antigonismo maschile fa ridere perché loro sono come due galli che si scontrano. Per la scelta degli attori sono partito da Emilio, perché conosco l'altra faccia della luna. Quando faceva il comico, usava una comicità fisica, quella dell'inciampare, cadere, come i comici di una volta, una sorta di cascatore, e avevo bisogno di un attore come lui, e attorno a lui, dovevo scovare un antagonista amico, e con Neri fanno una coppia perfetta, per arrivare a Lillo. Un grandissimo incontro, mai lavorato insieme. Ricordavo che Vittorio Gassman diceva 'ti rubano la scena, sono affetti da protagonismo'. Mi disse che aveva fatto solo due film con Sordi, ma che ad un certo punto aveva dovuto dirgli 'Albe' finiscila perché sennò ti spacco faccia'. Loro sono comici diversi, generosi, pronti a sostenermi nei momenti complicati. Ho lavorato sempre con Margherita (Buy) e con Valentina non è il primo film (era una delle 'due protagoniste' de 'L'anima gemella' ndr.), poi Vanessa (Incontrada) perché, mentre le altre due donne che dovrebbero essere nevrotiche - ma non lo sono nella vita - volevo contrapporre una femminilità compulsiva, più incompiuta, leggera ma non superficialità, un altro tipo di femminilità. Enzo Iacchetti (in participazione come Gianmarco Tognazzi ndr.) è stata una piacevolissima sorpresa. Vorrei continuare a lavorare con questi attori".
"Nasce dall'idea di mettere in scena una seconda opportunità - continua -, non volevo raccontasse la realtà che è raccontata benissimo dalla tivù, e se sono riuscito a farla viene dato valore alla Fandango (di Domenico Proacci ndr.) che mi ha lasciato fare una commedia non di costume, ma con un impianto da commedia sofisticata, che fa il verso a quella francese, per raccontare quello che sfugge al primo sguardo".
"L'idea di base è 'conosce il tuo nemico' - prosegue -, che a volte è anche dentro di noi, attraverso un'opportunità di tornare ad essere uno di noi. Un antagonismo non curato ma nemmeno lui è un non santo. Il tema della contemporaneità perché anziché alzare bisogna buttare giù recinti. L'altro ci spaventa perché non lo conosciamo; buttare le armi è un discorso utilitaristico per vivere meglio, perché ci affaticano di più; deporre le armi non significa regalare salvocondotti, ma affrontare il dialogo, approfondirlo, senza arroccamenti ideologici. E' ormai un tema del passato quello di costruire roccaforti".
"Mi aveva detto che era un film drammatico - ribatte scherzando Solfrizzi -, le cose dette da Sergio sul set non erano semplici, tanto che dissi 'un momento sennò vi spacco la faccia anche a voi'. Ne abbiamo parlato in una serata mangereccia su una storia che si è rivelata tale quando l'abbiamo girata. Sergio ha un'affabulatoria che è semplice entrare e uscire con la promessa di fare questo film. Ha detto 'mi serve tu faccia da involucro, devi contenere Lillo, che io pensai 'come cazzo mi vede Sergio o non ha visto Lillo, se lo devo contenere'. La fisicità ci invitava a lavorare per addizione, non sostegno diventassero testo, verbale, liberarmi totalmente senza terrore del giudizio 'troppe faccette troppo fisico', ma un modo antico di recitare, nel teatro o quant'altro, attraverso il fisico è divertente. Dennis esteriormante è un grande manager internazionale, portatore di filosofie migliorativi nel mondo, ma che al suo interno aveva un perdente che si era suicidato. Sergio diceva devi ricordare Lillo Lillo Lillo".
"Ricordiamo Lillo con un attimo di silenzio - ribatte Marcorè, sempre sul filo dell'ironia - posso parlare anche al posto suo, ero libero, l'ho letto e ho fatto il film. 'Ho voluto Sergio nella direzione del mio film, perché potessi misurarsi e ritornare alla commedia. E io dovevo fare lo stronzo e mi piaceva tanto e vista la sua affabulatoria, ho aderito a quest'idea immediatamente, c'erano tutti gli ingredienti per divertirsi. Risale a un anno e mezzo fa, è un po' precursore di questa cosa, quando lo conosci devi far pace per forza, invece siamo ancora li (il governissimo ndr.), una sul superamento del far pace del tuo passato invece fa parte del presente. Lillo fatto il massimo ma non ci è riuscito".
"Sergio l'ho visto separatamente - afferma Lillo Petrolo, una volta tanto senza Greg - e una serata più innaffiata, anzi per niente, a casa sua. Essendo un bravissimo attore quello che mi avrebbe interpretato, avrei detto di sì comunque, il lavoro più duro è andato ad Emilio, io fatto il mio. Più o meno ricordare il personaggio, solo una questione fisica".
"Mi spiace non essere stato alla cena - ribatte Iacchetti -, forse uno di loro due non ci sarebbe stato. Il mio è un ruolo piccolo e ognuno ha il ruolo che vuole, ognuno che è meno raccomandato di loro. Noi di Milano non siamo sopravvalutati perché sembriamo quelli della tivù, comunque io ho chiesto 'tu sei il Rubini della 'Stazione'?, allora pago per venire. Lavorare con Rubini è un privilegio, il mio è un ruolino molto surreale, alla francese, tanto che poi sono andato a casa così, coi baffi e il vasco (fa il taxista dell'aldilà ndr.) di quello che portava i morti da una parte all'altra. Come dice Neri e qualcun altro non ci sono piccole parti ma piccoli attori. Spero di andare a cena prossimamente, anche se bevo meno degli altri, sono sempre un bastone serio su cui appoggiarsi. Considerate che gli attori stanno dappertutto, non solo a 'striscia la notizia'."
"Nemmeno io sono stata alla cena - dichiara la Incontrada che è Sandra Bianchetti -, è stato un incontro più tranquillo, a pranzo, e mangiare non è un mio problema. E' stata una bella chiacchierata, Sergio ci teneva, voleva quello che voleva il personaggio. Farlo è stato un piacere, c'era Sergio che l'ha diretto, con Neri erano tanti anni che non ci incontravamo più (erano insieme ne 'Il cuore altrove' di Avati ndr.), anche se nel film abbiamo solo una scena insieme, e Umberto Marino. C'erano anche tante componenti per cui avevo molta voglia di farlo".
"Ero molto felice quando Sergio mi ha chiesto un ruolo piccolo ma importante - dice la Cervi nel ruolo di Amanda -, la cosa bella è che con Sergio non devi fare molto, ti prende fisicamente e ti porta dentro il personaggio, te lo fa vedere. Un po' paura per pigrizia perché sono ruoli più minimali, intimisti. Questa psicologa subisce la nevrosi del paziente, abbandona la causa persa. Molto divertente e appassionante lavorare con lui, è un film sul ritorno, ti offre la possibilità di fare un percorso insieme".
"Ogni volta ho lavorato su cose diverse - afferma la Buy, Virginia, moglie di Ottone -, stavolta un ruolo scritto non pensando a me, per farmi un dispetto, ma ho superato l'iniziale difficoltà, buttandomi su un personaggio sopra le righe, con un linguaggio diverso, eccessivo. Di solito devo cercare verità, fare poco, renderlo credibile, possibile, invece qui no".
"Da quella cena anni fa, abbiamo proseguito aggiungendo cose non appartengono a lei - ribatte Umberto Marino, sceneggiatore col regista e Carla Cavalluzzi -. Praticamente ho debuttato con la Buy, il mio primo film ("Comiciò tutto per caso" ndr.), mi ricordo che c'era una scena in cui Ghini doveva toccarle una spalla, e al primo ciak si sentì un grido. Dopo tanti anni in cui non ci frequentavamo, rilavorare con Sergio e riprendere il sodalizio, mi ha fatto scoprire che l'evoluzione ci ha portato ad un punto in cui ti puoi ancora parlare. Poi una commedia di questo tipo da noi non è consueta, ma nonostante siano passati tanti anni., la nostra evoluzione è stata parallela. Segno che la pianta messa a sede tanti anni fa è cresciuta".
"La Fandango non lo voleva fare - a questo punto scherza anche Paolo Del Brocco di Rai Cinema -, anzi la nostra collaborazione continua, è profiqua, su diversi generi. Va bene questo tipo di prodotto, non la commedia classica, comica e basta, ma sulla riappacificazione, sintesi estrema, su personaggi che si guardano dentro malamente, che fanno i conti con se stesse, e fa anche riflettere. Uscirà in 300 copie (distribuito da O1, naturalmente ndr.). E' stato un grande lavoro gruppo, con un cast meraviglioso, comnplimenti alla Fandango che l'ha prodotto".
"Stiamo lavorando sulla commedia che la Fandango non tanto ha frequentato - conclude Procacci -, facendo negli ultimi anni, il tentativo di cercare originalità, visto che ho la sensasione che tutti stiano cercando disperatamente un pubblico e dargli quello che vuole. In ognuno dei film commedia che ho fatto, ho cercato qualcosa di particolare. Questo aveva una forte originalità, non è stata una scelta difficile perché portava un'idea di cast molto bella, e non ho avuto nessun merito nello scegliere. Il tentativo di cercare un'altra strada nel genere è stato supportato da una banca (Monte dei Paschi di Siena ndr.), che oggi non passa un buon momento. Margherita era nel film di Piccioni, il mio primo da produttore, mentre Emilio ha avuto un ruolo ne 'La Stazione' ('89), e viveva ancora a Bari".
Il film è stato realizzato anche con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione generale Cinema ed il sostegno della Regione Lazio Fondo regionale per il cinema e l'audiovisivo.
José de Arcangelo
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