martedì 7 maggio 2013

Incredibile ma vero, nonostante i premi, i film d'autore non trova distribuzione. Il caso di "Bellas Mariposas" di Salvatore Mereu

Incredibile - forse un po' meno in Italia - ma l'opera terza di Salvatore Mereu "Bellas mariposas", come le precedenti, già premiata fin dall'esordio alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, non ha trovato una distribuzione" tanto che verrà distribuita nelle sale italiane da Mereu stesso, con la sua casa di produzione ViaColVento, dal 9 maggio. "Ho scelto di fare il film da produttore - esordisce l'autore alla presentazione romana al cinema Alcazar che l'ospiterà -, ma non avevo l'intenzione di fare il distributore. Sono stato costretto a farlo, non sapevo niente di questa facenda, ma è complicata, visto che i precedenti erano stati distribuiti Gianluca Arcopinto e Andrea Occhipinti. L'ho scoperto con questo film, ho sentito un atteggiamento molto tiepido da parte dei distributori, che non in là della vaga promessa; altre proposte dei services, che si intende una distribuzione pilotata per assicurare una parte delle risorse del film, un principio che contraddice la parte stessa. Viste le offerte non proprio incoraggianti, ho deciso di distribuirlo in proprio per non tenere il film congelato". "Abbiamo esordito in Sardegna su richiesta degli esercenti stessi, e con 6 copie abbiamo avuto un risultato eccezionale: 30mila spettatori nelle prime due settimane, ed è stato aiutato dal passa parola, e dato che il lavoro che avevo fatto in precedenza era conosciuto e non c'era nemmeno il problema del traino promozionale. Ora continua a vivere per volontà di alcuni amici, come Georgette che sfidando altri distributori ha deciso di programmarlo nella propria sala (Alcazar). Ha deciso di scommettere sul film come è successo anche a Bologna da parte del direttore del Museo del Cinema. Ma il mio ha una vita simile a tanti film con una distribuzione blasonata, e dipende dalla buona volontà di chi vi ha partecipato". "Una non vita - prosegue -, ma ora ci aspettano in giro per l'Italia, anche perché dopo Venezia, il film ha partecipato a tanti festival, e gli è giovato all'inizio avere la segnalazione Screen qualità, che li dà possibilità di un punteggio di qualità, appunto. Aveva l'uscita già programmata in Olanda, Paesi Bassi e Benelux ma non usciva in Italia, e questo fatto mi ha convinto. Ora siamo in trattative per il Portogallo". "E dato che dalla fine dell'anno non verranno più stampate copie su pellicole, siamo orami abituati che la vita di un film al cinema duri solo 2 settimane, dopo di che non si può più vedere". "Accompagnando il film scopro che nell'esercizio c'è stata una vera rivoluzione - prosegue -, molte sale sono state chiuse nel frattempo, e lo posso dire da testimone oculare, dove ero stato prima per "Suonataula" è cambiato tantissimo. Il distributore ha l'onore di decidere su più film, non deboli artisticamente, anzi. Se vai in concorso ai festival arrivi ad avere una distribuzione, invece se passi in una sezione collaterale è più difficile. Spesso proprio i critici, quando comincia una manifestazione mettono a fuoco solo sul concorso. Anche tra i molti colleghi trovati in altri festival, alcuni non hanno trovato distribuzione, anche autori stranieri che una volta si vedevano anche da noi. Non hanno dato il tempo del passa parola, di bucare il muro, impossibile che riesca vincitore della guerra di numeri, anche perché film più grossi non ci riescono". "Una scelta tra virgolette radicale non aiuta - dichiara sul cast in maggior parte non professionista -, bisognerebbe aprire un simposio. Vorrei sapere quali attori garantiscono il successo, anche della soglia sulla commedia. Ho preparato questo facendone un altro ('Tajabone') fatto a scuola, durante la mia attività d'insegnante. Volevo conoscere quel luogo, Cagliari e la sua periferia, per realizzare questo che già inseguivo da tempo. Un anno di scuola e con i ragazzi, non c'è nessun elemento di fascino, la vita del quartiere, una serie di attività, diciamo, non legali. Perciò ci siamo presentati, io ero l'insegnante, loro i ragazzi, altrimenti non saremmo riusciti farlo. Ho conosciuto i ragazzi a scuola, poi ho frequentato altre scuole, e quando ho capito che era il gruppo giusto, abbiamo iniziato a provare in palestra. Quando i protagonisti sono adolescenti devi raccontare ai genitori di cosa si tratta per evitare problemi nel corso della lavorazione. Quando ho capito che Sara Podda e Maya Mulas (le giovanissine, già premiate, protagoniste ndr.) potevano essere le interpreti ho scelto su loro il resto del cast. Il grande vantaggio è stato girarlo in ordine cronologico - una scelta anche onerosa -, per dare alle due ragazzine la possibilità di crescere, che potesse nascere un'amicizia e un'intesa fino alla fine del film. Un'ambientazione di tipo tradizionale, tutte le scene tra il palazzo, la piazza e il mare. Senza due mesi di convivenza, non ci sarebbe stato lo stesso risultato. Il libro (l'omonimo racconto di Sergio Atzeni ndr.) è qualcosa come un lunghissimo monologo, non ha una vera struttura per atti, l'unico vero collante è la giornata che scorre. Una sceneggiatura che ho portato verso gli attori, perché si rischiava incapponirsi, visto che la maggior parte erano non professionisti, non avevano gli strumenti". "Ho fatto il provino a Roma, perché vivo e lavoro qua - ribatte Luciano Curreli, nella parte del padre di Cate, la protagonista -, sono 'fuggito' da Cagliari tanti anni fa. Ho riconosciuto subito il personaggio, ne ho visto mille come lui, attaccani al bancone del bar, disoccupato. Una bellissima opportunità per me, perché guarisce i conflitti col proprio passato, una città che sono arrivato ad odiare andando via, ho avuto l'occasione di fare pace con questa Cagliari mai vista prima. Si parlava di una città della Sardegna, della periferia, dove l'isola veniva dipinta senza le caratteristiche tradizionali, ma attingendo alla realtà. E' come se avessi incontrato un altro livello. Aprisse una nuova possibilità, vedere quello che la Sardegna era diventata. Dovevo esprimere quel lato lì, io non sono lui, dovevo calarmi dal punto di vista del signor Frau, una simpatica canaglia, voluto bene, criticato come me stesso, sia dalla parte umana che professionale". "Ho il ruolo dell'addescatore sulla moto - confessa Davide Tagliaferro che infatti interpreta il ruolo del pedofilo che insegue le ragazzine, dal mare in città -, abbiamo fatto due giorni di riprese per quella scena, sotto il sole cocente, sopra un pavimento di marmo bianco. Ma sono onorato di aver fatto il io debutto cinematografico a fianco di Salvatore in questo progetto. Non conoscevo la Sardegna, ho incontrato Salvatore durante il provino. Non sapevo nulla, credevo fosse un film indipendentino, avevo imparato le battute a memoria, ma non avevo la patente per la moto, e ho dovuto prenderla. Sono contento perché ho fatto uno studio sui pederasti, per capire questo tipo di persone, letto i refferti clinici sia Italia che in Spagna, sono persone normalissime, padri di famiglia, professionisti. Volevo capire il tipo di personaggi, fenomeni sociali, chi sono realmente, come vibrano. Eravamo molto preoccupati per quella scena, ma è riuscita". "La mia non è una sceneggiatura di ferro, di causa ed effetti - confessa l'autore -; tutta la scommessa era sulla scelta delle due ragazzine protagoniste, sono stato spinto da cose che c'erano nel libro. Il rivolgersi della narratrice al lettore, al cinema portava molti rischi, ma nel film ti abitui a seguire qualcuno che conosci, come in 'Fino all'ultimo respiro' (l'opera prima capolavoro di Godard ndr.), ma non avevo la sicurezza. E' stata una sorta di gioco progressivo, evitando che il ragazzino capisca di essere padrone del gioco. Infatti, alcune volte non abbiamo girato perché la protagonista non voleva, ma la scommessa era su di lei, non si trattava del libro paga di una grande star per cui puoi derogare il contratto lavoro. Abbiamo avuto un atteggiamento quasi documentaristico, perché vai in giro sulla posta e arrivi senza sapere cosa devi colpire. Avevamo una troupe piccola e pensata perché avvenisse in questa maniera fino all'ultima immagine. Il montaggio l'idea di ..., nessun colpo di scena finale, tutta la trama è minimale, il capolgimento è nelle emozioni dei ragazzi, ma non è sufficiente garanzia narrativa nonché filmica. Poi sono stato incoraggiato dai compagni di strada che mi hanno aiutato a realizzarlo, ha collezionato ovviezioni distributive, dovevamo trovare risorse in modo più semplice. Dobbiamo al Mibac il primo gettone, poi alla Regione Sardegna, e Rai Cinema che ci ha permesso di chiudere il cerchio, e l'ha adottato nonostante sia molto lontano dalle cose che loro producono". "Non ho avuto compassione - dice sul quartiere di periferia -, è un mondo che si barcamena giorno per giorno, dove la richiesta non si prende necesariamente sul serio, e mai invadendo ruoli. La capacità di sorridere sulla propria situazione ha creato qualche imbarazzo quando hanno visto il film, e la gente si è divisa per la fortuna del film. E' nata una discussione che ci ha giovato. C'è solidarietà, una capacità di trarre vantaggio dalla lavorazione, ma nonho scoperto niente di nuovo. Vittorio De Seta quando ha girato 'Banditi a Orgossolo' ha detto che è un mondo che quando capisce che sta facendo qualcosa di importante cerca di prolungarlo. Infatti, diceva che 'al secondo giorno, scoperto che col film potevano campare, i non profesionisti facevano le boccace per fargli rifare il ciak. Qualche volta lanciavano qualcosa dalla finestra, tutto per allungare le giornate di lavorazione". "La presa di posizione è già nel racconto - conclude - meno encomiabile dei personaggi è il padre. L'ha pubblicato Sellerio qualche anno fa, lo segnale, ironia e affetto mondo raccontato è raro in letteratura, con grande verità e leggerezza. Modo in cui racconta la condizione umana, il conflitto, è cresciuta nella scelta delle interpreti, per servire loro, qualcosa del loro vissuto, molto profiquo stare un anno là, pur avendo l'appoggio del racconto per non barare, dire sciocchezze. Atzemi era cresciuto lì, io dall'altra parte della Sardegna dove non c'è ironia, è raro si rida della propria situazione, anche lì la famiglia benché sia diretta dalla donna non può essere messa alla berlina. Ho usato una Harriflex e utilizzato la pellicola che oggi è molto più a buon mercato, quasi te la regalano. Il film uscirà il 24 giugno in Belgio e Olanda, e va al cinema. Ha avuto una vita semplice, non ha avuto rigetti nel nord Europa dove è stato invitato da tanti festival. Può essere considerato turbante per noi, per loro no, tanto che ha trovato una casa di distribuzione. E' costato 1 milione 600mila euro, sempre in trasferta, 15 settimane di riprese, che di solito si concedono a Bellocchio, me le son concesso io stesso, non pagato". Mia moglie, Elisabetta Soddu, l'ha prodotto insieme a me, e ha contribuito al precedente, piccolo, film scolastico. Noi, poi, abbiamo un interlocutore irrinunciabile, Gianluca Arcopinto che ha fatto il produttore esecutivo, giusto, e Rai Cinema che ci ha permesso di poter partire perché non eravamo in condizione di affronatare le riprese. Per le musiche mi sono rivolto a Train to Roots, Balentes, un gruppo di Sassari del panorama regae, mentre Noemi e Cesare Cremonini direttamente ai discografici. La partecipazione di Micaela Ramazzotti (la maga Coga Aleni ndr.) è soprattutto amichevole perché, forse, l'agente la avrebbe consigliato di non farla". José de Arcangelo

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