sabato 18 maggio 2013

Un melodramma d'altri tempi 'aggiornato e corretto' fra omosessualità latente e involontari incesti: "Amaro Amore" di Francesco H. Pepe

"Amaro amore" è un mélo (forse troppo) contemporaneo ma in realtà senza tempo, di ispirazione tradizionale e di ottima resa visiva per cui Francesco Henderson Pepe all'opera prima si potrebbe definire un meno 'popolare' nipotino dell'illustre Raffaello Matarazzo, re del cosiddetto 'strappalacrime' anni Cinquanta con la coppia Amedeo Nazzari-Yvonne Sanson. Solo che qui le variazioni sono l'omosessualità latente, dove 'le colpe e i peccati' dei genitori pesano sui figli, i segreti e le menzogne provocano ancora più male e sofferenza, persino involontari incesti. Prodotto da Third Corporation Dreams, Rai Cinema e A Movie Productions, approderà nelle sale italiane il 23 maggio distribuito dall'Istituto in 20 copie. "L'idea del film nasce tantissimo tempo fa, circa 7/8 anni, è stato un travaglio molto lungo. Vado a Salina (dove il film è interamente ambientato ndr.) da quando sono nato, sapevo che avrei girato in questo posto dove ho lasciato gran parte del cuore, che è un po' casa mia. Un'isola materna, di grandi energie e che mi ha ispirato tantissimo. La sceneggiatura originale l'ho scritta con la collaborazione di Simone Morandi, legale di spettacolo che si diletta a scrivere. Mentre parlavamo di alcuni progetti, decidemmo di fare un film sull'amore, da rappresentare in questo luogo magico. Attraverso un microcosmo fuori dalla società che ci circonda, piena di mediocrità e falsità, una storia che potesse parlare di vita e amore, per riflettere sui sentimenti, cercando di mettere alcune sfumature. E' assolutamente sull'amore universale, amaro come quello di Camille, il suo ricordo, il suo punto di vista, quello che rimane alla fine è una sensazione che rappresenta un po' tutte le situazioni, e quella principale del titolo". "Ho avuto la grande fortuna di conoscere Sauro e Anna Falchi (i produttori esecutivi ndr.), tramite il mio lavoro che nasce molti anni fa come sceneggiatore e regista di corti, mediometraggi e spot. Loro hanno sentito che intendevo realizzare un lungometraggio con la mia società indipendente. Non è stato facile perché non vengo da una famiglia di cineasti, e ci si rende conto che è una grande lotta. La struttura produttiva l'ho potuta costruire, in almeno tre anni, grazie al sostegno di queste persone e associandomi con Rai Cinema, con il contributo del Mibac e della Regione Siciliana". "In un paesaggio così ci volevo la pellicola. Ho avuto diverse proposte per farlo in digitale, ma io sono un po' ostico, e avevo una grande necessità di profondità, obiettivi cinematografici abbastanza larghi, l'impressione giusta per un film del genere. Amo il 35 mm, e volevo essere fedele al realismo dell'isola, e col direttore della fotogragia Fabio Zamarion siamo riusciti a girare in 35mm". La sceneggiatura, scritta con Ilaria Iovine e Debora Alessi è stata un grande travaglio, l'abbiamo revisionata più volte, per alcuni dialoghi ci voleva un grande lavoro, bisognava lavorare sul dettaglio, sul realismo, e visto che si stende a criticare la mediocrità non poteva sembrare banale, perciò abbiamo avuto la supervisione Giacomo Scarpelli e Marco Tiberi, e ottenuto una buona versione definitiva. E la collaborazione di due donne è stata fondamentale per affrontare un argomento particolare sull'amore, omosessuale, platonico, tra madre e figlio. Da una parte mi sono documentato sul versante omosessuale, che ho voluto rappresentare come rapporto 'normale', non fare uscire differenze, trattare un rapporto tabù in maniera molto pura, e la sensibilità femminile mi ha aiutato parecchio. E visto che anch'io sono sensibile è stata una marcia in più". "Di solito un attore tende a provare di portare il personaggio verso di sé - dice Aylin Prandi che è Camille -, qui c'era la difficoltà di amare, di fare delle scelte coerenti con se stessa, questo amore e questa complicità tra fratello e sorella, la differenza tra me e il personaggio. Un amore finito in modo amaro, mentre per Linda (l'altra protagonista femminile) è il contrario". "Il personaggio di Linda mi appassionava molto - ribatte Lavinia Longhi -, visto che anch'io ho frequentato scuole di pitture, conoscevo Salina, e starci per un periodo e dipingere mi ha appassionato molto. Si trattava del difficile amore verso un uomo tanto adulto, ma la sceneggiatura e i dialoghi essenziali mi hanno aiutato a rendere credibile il rapporto". "Praticamente avevo pensato alla storia di un triangolo di fratelli, una coppia di francesi della Bretagna e un giovane isolano che aveva un legame con loro attraverso una figura paterna, infatti l'unica cosa che li lega è il sangue del padre. Non lo so spiegare, è nata da dentro. Creando questa sceneggiatura volevo fosse ancora più forte, che l'amore potesse andare oltre. Il fatto dell'essere fratelli e sorelle, capisco è molto forte, ma deve far riflettere la gente, senza scossoni, e far capire alla fine che è sbagliato". "L'incontro tra me e Angela (Molina che è Assunta, la madre del giovane isolano Santino ndr) è stato incredibile - confessa l'autore -. Al primo, a Roma, quattro anni fa, dopo tre/quattro minuti da quando ci siamo visti, abbiamo parlato subito del film, ci siamo innamorati e abbiamo parlato di tutt'altro. All'inizio è stato un incontro magico che ci ha unito, e abbiamo continauto a lavorare sulla sceneggiatura telefonicamente durante la prima settimana, sulla psicologia dei personaggi. Alcuni si sono arrabbiati, soprattutto Francesco Casisa/Santino, faceva delle domande perché non riusciva a capire il perché di alcune scelte. Sul set la Molina è stata fantastica, si è amalgamata subito e si comportava come una donna sicula, andava in giro con tutte le persone e i contadini la portavano a conoscere tutti gli angoli dell'isola, si è trasformata in una sicula a tutti gli effetti". I riferimenti? "Antonioni e Rossellini quelli che secondo me mi hanno influenzato a livello visivo, visionario, quelli che ho dentro. La prima cosa che ho fatto è stata cercare di creare i personaggi principali, e anche l'isola lo è. Volevo che questo mio amore molto grande si facesse sentire, che fosse quasi presente in ogni frame, ma abbiamo scelto di non fare riprese subacque, perché sono quasi scontate. La sfida è stata fotografare e filmare Salina per far uscire quello che ho sempre visto, attraverso un lavoro molto approfondito. Ha un'energia talmente forte, ma essendo un arcipelago di isole vulcaniche, a volte, sul set ci sono stati alcuni problemi. La scena del bacio tra Camille e Santino, l'avevo impostata in un modo, scelto degli obiettivi. Cominciamo le riprese e dopo un'ora è scoppiata una tempesta, grandine, diluvio, non abbiamo potuto finire. L'abbiamo spostata ad un altro giorno. Ed è stato peggio, volevo rendere omaggio a Quaron su 'Paradiso perduto', la scena di due bambini che si baciano. Alla fine non è stato possibile, e mi dicevo 'non è possibile che quest'isola mi fa questa cosa. Alla fine siamo riusciti a girarla come ha voluto l'isola, rinunciando a Quaron. Sono comunque soddisfatto di quella scena lì". "E' stata una bellissima esperienza accanto ad un'attrice magica - dichiara Piero Nicosia che è Marino, innamorato di Assunta/Molina -, di consueto parto dall'opposto, dalle differenze chiare tra me e il personaggio per poter provare ad osare di fare qualcosa di diverso. Marino è un siciliano di scoglio, io di mare; ma ho sempre affronatato personaggi diversi. Ho cercato le idee che affido poi a Francesco, cercando di sottrarre, togliare per non andare sopra le righe. Marino è ancorato all'isola, un idealista che vuol costruire il nido d'amore e poi rivela la verità". "Nella storia era più giusto che parlasse con la sua voce - aggiunge il regista sulla Molina -, è un mio ragionamento, ad un certo punto riflettevo sul farla doppiare o meno. Poi in un battibecco tra Santino e Assunta si parla di forestieri, di trapiantati provenienti dall'Australia, e ho voluto fare lo scontro interno tra mamma e figlio. Ho deciso che anche lei è una trapiantata e radicata, sicula d'adozione, nello stesso tempo il conflitto in santino è può forte, e la madre straniera attacca anche se stessa". "In Santino l'omosessualità è latente - prosegue l'autore -, la perdita del padre, l'attaccamento alla madre. Parlando con persone più esperte di me, con degli psicologi, perché mi confermassero l'idea che avevo, per offrire un quadro ben preciso, un riscontro con esperienze più elevate della mia. Il fatto che è un po' oppressiva, ma con estrema trasparenza. Sono a favore della parità di diritti. All'inizio doveva essere più mélo, ma poi ho scelto un finale aperto per l'esigenza di far riflettere di più. Meno drastica della morte ufficiale di Santino che sarebbe stata ancora più dura, e lasciare la speranza anche nel loro amore, far sì che il sogno d'amore possa esprimersi in maniera tranquilla". "Il mio prossimo progetto è più sulla produzione - dichiara Nicosia -, ho conosciuto l'attrice argentina Luisa Kuliok ("La donna del mistero" in tivù ndr.) che mi ha trascinato in uno spettacolo teatrale a livello di produttore parla, un testo che parla del rapporto tra religioni, che porteremo al Teatro Antico, con qualche puntata a Roma". "Io sono reduce da un'esperienza in Turchia in una serie televisiva - dice la Longhi -, ho fatto una trasmissione comica per Mtv Capatonda, e ho in mente la ripresa teatrale di un testo di Mamet". "Io spero di fare la pennichella" - chiosa la Prandi. "Ora sono impegnato nella fase di uscita del film - conclude Henderson Pepe -, ma sto preparando altri due film, uno è un pulp ambientato a Venezia in maschera con un attacco politico; l'altro è una coproduzione tra Sudamerica, Italia e Stati Uniti". José de Arcangelo

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