giovedì 13 giugno 2013
Mira Nair firma un coinvolgente dramma esistenziale personale e sofferto: "Il fondamentalista riluttante"
Film d'apertura, fuori concorso, della 69.a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e poi presentato al Toronto International Film Festival 2012, arriva nelle sale italiane dal 13 giugno "Il fondamentalista riluttante" della regista indiana Mira Nair, tratto dall'omonimo romanzo di Mohin Hamid (pubblicato in Italia da Einaudi).
Un dramma esistenziale accolto tiepidamente al festival di Venezia, forse, perché non è un film sul Fondamentalismo Islamico, anzi l'opera dell'autrice dell'opera prima "Salaam Bombay" - premiata al festival di Cannes e candidata all'Oscar per il miglior film straniero -, è un dramma, se vogliamo intimo, che offre allo spettatore il punto di vista di un pakistano diviso tra due mondi e due culture, e che sarà costretto a fare una scelta difficile, drastica, lui privilegiato, travolto da pregiudizi e contraddizioni, apparenze ed inganni dopo aver raggiunto il sogno americano.
Infatti, sullo sfondo ci sono due 'fondamentalismi', quello economico del mondo finanziario, e quello violento del terrorismo che usa la propria religione come bandiera e scudo per una guerra politico-economica, di cui spesso sono vittime degli innocenti in questo nostro mondo globalizzato.
In un viaggio attraverso i mondi culturalmente (non solo) ricchi e seducenti di New York, Lahore e Istanbul, l'opera della Nair esplora i pregiudizi e il fenomeno della globalizzazione all'indomani dell'11 settembre - preceduto da un prologo che illustra la scalata del'american dream del giovane -, quando il senso di alienazione e il sospetto imperano ovunque.
Niente è come appare per la regista, e crediamo anche per lo scrittore che avrà riversato, su personaggio e storia, la propria vicenda personale. Changez Khan (la rivelazione Riz Ahmed) è un giovane pakistano che, dopo la laurea a Princeton, viene assunto dalla più prestigiosa società di consulenza finanziaria newyorkese, diventando in breve tempo un uomo d'affari di primo piano.
Nel frattempo, instaura una felice relazione con l'americana Erica (Kate Hudson), un'artista che si occupa di fotografia e installazioni. Ma dopo il terribile attacco alle Torri Gemelle, la sua vita cambierà radicalmente frantumando persino l'agognato sogno americano appena conquistato.
Girato in cinque città su tre continenti diversi, il film invita, anzi costringe, alla riflessione perché indaga più sulle azioni e sugli atteggiamenti dei personaggi di entrambi i mondi messi a confronto, offrendoci soprattutto il punto di vista personale del protagonista, filtrato attraverso l'esperienza della regista stessa che, proprio dopo la tragedia, lei e la sua famiglia (vive da tempo col marito e il figlio a New York) è stata, per la prima volta, considerata 'straniera' perché assomigliava agli 'altri'. Non a caso nessuno a Hollywood ha voluto produrre un film così rischioso, tanto che uno sceggiatore americano ha detto alla regista - Leone d'oro al Festival di Venezia per "Monsoon Wedding", consegnatole in quel tragico periodo -, "la prima cosa da fare è togliere fondamentalista dal titolo".
Nel cast anche Kiefer Sutherland (Jim Cross, il capo dell'impero finanziario), Liev Schreiber (il giornalista Bobby Lincoln), il grande attore indiano Om Puri (Abu, il padre), Shabana Azmi (Ammi, la madre), Martin Donovan (Ludlow Cooper), Nelsan Ellis (Wainraight, il collega afroamericano), Meesha Shafi (Bina, la sorella) e Haluk Bilginer (Nazmi Kemal).
José de Arcangelo
(3 stelle su 5)
Nelle sale dal 13 giugno distribuito da Eagle Pictures
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