sabato 22 giugno 2013
"Tulpa", un omaggio al thriller all'italiana anni Settanta attraverso una serie di truculenti omicidi nell'inquietante cornice dell'Eur
Dopo l'aprezzato debutto con la commedia noir "Nero bifamiliare", proseguito col realistico dramma/horror "Shadow", il musicista e 'regista per caso' Federico Zampaglione diventa più ambizioso e firma un omaggio al thriller all'italiana anni Settanta, un filone lanciato dall'allora maestro del genere Dario Argento con il capostipite "L'uccello dalle piume di cristallo" (1970), strada poi inseguita da Lucio Fulci, Umberto Lenzi, Ruggero Deodato e C., artigiani che chiusero le loro carriere nell'horror più realistico e truculento, appunto.
Non è un caso se il soggetto appartiene a quel Dardano Sacchetti - già collaboratore dello stesso Argento ("Il gatto a nove code"), poi di Fulci e infine passato alla televisione -, che ha offerto a Zampaglione - più appassionato del genere che cinefilo - una torbida storia di perversioni o 'perdizioni mortali' (come da sottotitolo) sessuali e omicide, giusta per le sue corde, e per i fan di squartamenti e sofisticati mezzi di tortura letali.
Infatti, oltre la suggestiva e inquietante atmosfera che offre l'Eur con le sue geometrie fredde e minacciose, e con le sue strade notturne deserte, già teatro del celebre "Tenebre" di Argento, la tensione e il brivido sono tutti concentrati nel compimento degli efferati omicidi, tanto che il film si apre con il più scioccante e crudele 'sacrificio' umano (variazione della crudeltà firmata Deodato). Lo spietato assassino è sì mascherato secondo i canoni argentiniani (tutto in nero, quasi un'ombra), peccato che Zampaglioni si lasci sfuggire, anziché i dettagli (una mano guantata, un pezzo di cappello, il rumore dei passi), la figura intera, tant'è che lo spettatore più attento ed esperto scoprirà ben presto l'assassino.
La polizia ha un'assenza giustificata, almeno fino al quarto omicidio, ma comunque continua a latitare fino alla fine - però doveva quanto meno brancolare nel buio dell'Eur - e arriva, forse giustamente o meno, troppo tardi. In Argento comunque c'era sempre qualcuno che indagava, se non l'ispettore o il commissario di turno, qualche amico della vittima o addirittura un giornalista intraprendente.
In sostanza in "Tulpa" - presentato in anteprima in chiusura del Fantafestival 33 - mancano la vera suspense e il crescendo di tensione che contraddistinguono i migliori prodotti di genere, proprio che da giallo all'italiana è diventato thriller. Colpa di una sceneggiatura appena abbozzata, intorno ad una storia pretesto, esile e inverosimile, perché se la pellicola non è ambientata negli anni '70 ma oggi, alcuni particolari dovevano essere quanto meno spiegati se non rispettati.
Esempio: una ragazza inseguita nella notte dall'assassino non ha il cellulare per chiedere aiuto, dato che nella corsa è in vantaggio. L'ha perso, non lo portava, li è caduto? Però verso la fine del film la Gerini quando ne ha bisogno lo 'ritrova', ovviamente il suo.
Se la società è evoluta anche il cinema di genere lo deve essere; l'horror americano, non sempre ma spesso, giustifica questi particolari con l'assenza di campo, la batteria scarica, la caduta durante una distrazione o nella corsa, e via dicendo. Certo non sono che dettagli, ma trattandosi delle scene più riuscite del film contano, e non poco.
L'intera vicenda ruota intorno all'insospettabile e affascinnate manager di un'azienda finanziaria, Lisa (una Claudia Gerini col fisico del ruolo e corretta, ma credibile per metà film) che di notte frequenta il privé Tulpa, gestito da un enigmatico guru tibetano (Nuot Arquint, già in "Shadow"), dove la donna incontra amanti sconosciuti con i quali sfoga le sue fantasie sessuali più estreme. Ma dopo un po', Lisa scopre che questi vengono uccisi uno dopo l'altro e...
Quindi chi ama soltanto la 'serie' di torture omicide più raccapriccianti (sulla scia di "Saw") non verrà deluso, chi pretende sostanza e logica anche nella storia, ovviamente sì.
Nel cast internazionale anche il ceco Ivan Franek (spesso in Italia, da "Noi credevamo" a "La grande bellezza"), Michela Cescon (da "Primo amore" di Matteo Garrone a "Viva la libertà" di Roberto Andò), Crisula Stafida, Federica Vincenti, Ennio Tozzi, Giulia Bertinelli, Laurence Belgrave, Pierpaolo Lovino e la partecipazione straordinaria di Michele Placido nel ruolo del boss (pugliese) dell'azienda in cui lavora Lisa.
Le efficaci musiche sono firmate dal fratello del regista, Francesco Zampaglione con Andra Moscianese, mentre la bella fotografia - giustamente patinata - dal debuttante nel lungometraggio Giuseppe Maio, gia apprezzato operatore alla macchina. Producono Maria Grazia Cucinotta e Giovanna Emidi.
José de Arcangelo
(2 stelle su 5)
Nelle sale dal 20 giugno distribuito da Bolero
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