venerdì 20 settembre 2013

Dal Festival di Venezia alle sale, ecco il 'western siciliano al femminile' firmato Emma Dante: "Via Castellana Bandiera"

Preceduta dalla calda accoglienza al Festival di Venezia – in concorso -, approda in sala l’opera prima dell’attrice e regista teatrale Emma Dante “Via Castellana Bandiera”, insignita dalla Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile a Elena Cotta (era in gara con l’illustre collega inglese Judi Dench) e premio Pasinetti alle migliori protagoniste, la stessa Cotta e Alba Rohrwacher.
Un dramma contemporaneo – tratto dall’omonimo romanzo dell’autrice e da lei sceneggiato con Giorgio Vasta in collaborazione con Licia Eminenti - e al tempo stesso antico perché si tratta di una sfida – non a caso raccontata in chiave western – tra due donne, dove l’ostinazione è sinonimo di libertà e ribellione; e il loro confronto diventa metafora di una società e di un mondo, siciliano ma anche universale, soprattutto perché si tratta di donne. E, non a caso, gli uomini del quartiere diventano testimoni dello ‘spettacolo’, e non fanno altro che pensare a come sfruttare la situazione, più che alle ‘duellanti’ stesse.
“Via Castellana Bandiera – dice l’autrice – è una strada dove due donne si sfidano. Il blocco di Rosa (la stessa Dante ndr.) è mentale e l’ostruzione del quartiere una questione di principio. Chiunque potrebbe passare, superare la barriera ed essere libero ma nessuno lo fa. I legami diventano indissolubili, i patti infrangibili. Da un lato c’è l’entrata nella nassa dove vivono un partito, una società, una famiglia, dall’altro c’è Rosa, il suo amore in bilico e il precipizio in fondo alla via. Cardine è una donna anziana. Samira (Cotta ndr.). Muta. Al di sopra di tutto. Come monolite. Come frangiflutto che si oppone alle correnti. Come geroglifico scalfito nella roccia. La sua tana è l’auto dove si è rifugiata. Per sempre. La vita non ha trama e Via Castellana Bandiera è un pezzo di vita”.
Ma sono tanti gli argomenti che affronta o sfiora la pellicola attraverso questo duello fatto di sguardi e pensieri, intimo e pubblico, dove due donne, due generazioni, due modi di affrontare la vita (e la morte) si scontrano/incontrano. E a questo punto ‘interviene’ la terza, Clara, compagna di Rosa, che l’ha trascinata nella terra da cui era fuggita e mai più tornata (e l’anziana Samira è siciliana ma al tempo stesso albanese) che la costringerà a riflettere non solo sulla sua ossessione ma sull’esistenza stessa. Infatti, nonostante le contraddizioni è questo odio/amore per le radici che spesso ci fa sentire estranei, anzi alieni in casa propria, proprio come accade alle protagoniste. Dopo la catarsi, per Rosa arriva la riconciliazione con la città natale (Palermo grande protagonista, tramite il claustrofobico vicolo/budello), con se stessa e con gli altri. Forse... col mondo.
La sicilianità è il filtro più adatto per sentimenti e psicologie, teatro e cinema, civiltà e cultura, che vengono da lontano. Non a caso dall’antica (Magna) Grecia. Nel cast Renato Malfatti (Saro Calafiore), Dario Casarolo (Nicolò), Carmine Maringola (Filippo Mangiapane), Sandro Maria Campagna (Santo), Elisa Parrinello (Concetta), Daniela Macaluso (Maria Grazia), Giuseppe Tantillo (Salvatore), Marcella Colaianni (Patrizia) e Giacomo Guarneri (Natale). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 19 settembre distribuito da Istituto Luce Cinecittà

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