venerdì 6 settembre 2013
"Il mondo di Arthur Newman" è quello pirandelliano, costruito da una disperata voglia di cambiare identità, anzi la propria esistenza
Presentata in anteprima al Festival Internazionale del Film di Toronto e poi, in concorso, al Torino Film Fest 2012, arriva un anno dopo nei cinema italiani l’opera prima di Dante (Vincent) Ariola, con una lunga gavetta da pluripremiato regista di spot, veri e propri minifilm d’autore. Il suo primo lungometraggio “Arthur Newman” (titolo originale) prende spunto da una storia non nuova, di pirandelliana memoria – e dunque sfruttata a lungo sia dal teatro sia dal cinema -, ma viene rivisitata da un’angolazione diversa, e attraverso l’incontro ‘on the road’ di due persone accomunate dal fatto di voler essere altri, ovvero cambiar vita in tutti i sensi. Però, forse alla fine, scopriranno il modo di assumersi la responsabilità di essere quelli che sono.
Una gradevole e vivace commedia romantico-esistenziale – quindi dolce-amara -, sceneggiata (e prodotta) da Becky Johnston che vanta una serie di copioni per registi illustri quali Jean-Jacques Annaud, Martin Scorsese, Gus Van Sant e Oliver Stone. Una pellicola che coinvolge (ma non sconvolge) anche e soprattutto per i protagonisti, il sempre perfetto, ma ogni volta diverso, Colin Firth (tra i numerosi premi, l’Oscar per “Il discorso del re” di Tom Hooper e la Coppa Volpi per “A Single Man” di Tom Ford) e l’esplosiva Emily Blunt, da “Il diavolo veste Prada” a “I guardiani del destino”.
Stanco dalla sua routine esistenziale, Wallace Avery, divorziato, perennemente in conflitto col figlio adolescente, insoddisfatto sentimentalmente e professionalmente, decide di cambiar vita, anzi identità. Fingendosi scomparso nel nulla (quindi ufficialmente morto) e assumendo il nome di un certo Arthur Newman (persona reale ma passata a miglior vita), intraprende il viaggio verso il suo nuovo destino, a Terre Haute, nell’Indiana, dove avrà l’opportunità di lavorare come professionista del golf, sua vecchia passione.
Ma i suoi piani vengono presto sconvolti dall’incontro con Michaela ‘Mike’ Fitzgerald, trovata svenuta sul bordo della piscina di un motel. Infatti, la giovane ci mette un paio d’ore a smascherarlo, mentre a lui invece servirà più tempo per scoprire chi è lei veramente.
Se la crisi economica colpisce ancora, quella di identità non scherza, visto che la società contemporanea ci costringe spesso a vivere una vita che, forse, non (crediamo) nostra, e la voglia di voltare pagina una volta per tutte non sfugge a nessuno.
E la vicenda – che può prendere o no, dipende dallo stato d’animo dello spettatore – coinvolge i più e, come ha dichiarato l’autore, “non potevo lasciarmela scappare. Era una storia veramente originale di riscoperta della propria identità che riusciva ad evitare tutto ciò che avevo sempre detestato nei film che trattano la scoperta di se stessi. Era piena di humour, emozione e personaggi stravaganti”.
Nel cast anche la rediviva Anne Heche (Mina Crawley, l’ex moglie), Sterling Beaumon (Grant, il figlio), Kristin Lehman, David Andrews (Fred Willoughby), Steve Coulter (Owen Hadley) e un cameo di M. Emmet Walsh (non accreditato).
José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5)
Nelle sale dal 5 settembre distribuito da Videa - cde
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