lunedì 28 ottobre 2013

Arriva il premiato "Zoran il mio nipote scemo" di Matteo Oleotto, una carrellata sul confine tra malinconia, sogno, sorrisi e un fiume di vino

"Siamo qui, inconscienti e al tempo stesso coscienti dell'uscita di Zalone, questa è una sfida che ci dà anche una certa soddisfazione", esordisce il distributore, Tucker Film, alla presentazione romana alla Casa del Cinema, di "Zoran il mio nipote scemo" di Matteo Oleotto, vincitore (e altri 3 premi) alla 28.a Settimana Internazionale della Critica di Venezia. "Il film racconta qualcosa che è vicino a noi, alla vita dei nostri giorni" - prosegue -, perciò l'avventura zoraniana l'abbiamo sposata subito", l'uscita il 31 a Roma con 4 copie, a Milano all'Anteo e, ovviamente in Friuli - Venezia Giulia (dov'è ambientato ndr.) in tutti le città e capoluogo, un'uscita regionale importantissima. E' il motivo per poi rilanciarla il 7 e il 14 novembre nelle altre sale. Si parte con poche copie per avanzare pian piano (5 in pellicola, poi le copie arriveranno magari a 40 in digitale).
Paolo Bressan (Giuseppe Battiston) passa le su giornate da Gustino (Teco Celio), gestore di un'osteria in un paesino vicino Gorizia. E' un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del 'bicchiere' e della menzogna compulsiva, lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue senza successo l'idea di riconquistare Stefania (Marjuta Slamic), la sua ex, ormai sposata con Alfio (Roberto Citran). Ma all'improvviso - come caduto dal cielo - gli piomba in casa Zoran (l'esordiente Rok Prasnikar), un quindicenne occhialuto lasciatogli in 'eredità' da una lontana parente slovena, che parla in modo strano e sembra anche un po' ritardato. Scopre così di essere zio, e la cosa lo disgusta, almeno finché non scopre che il ragazzo è un vero fenomeno a lanciare le freccette e decide di non lasciarselo scappare: portarlo ai campionati mondiali dove c'è un montepremi di 60mila euro.
"Tornare a casa era l'esigenza per girare il mio primo film - confessa il regista Oleotto -, raccontare una storia che partisse da un humus fertile. Ho vissuto 20 anni a Gorizia e avevo la voglia e il piacere di raccontare una sua storia, portare alla gente le mie esperienze e mettere insieme tutto questo; anche in fase montaggio dovevo ricreare questa atmosfera. Infatti, quello che mi interessava era l'atmosfera da creare, perché nel territorio, nellla provincia, credo, si nasconda ancora cos'è il nostro paese. Le grandi città confondono (ha trascorso 13 anni a Roma ndr.), le persone hanno modo di perdersi, mentre le dimensioni di un piccolo centro costringono a partecipare alla vita di tutti, che lo si voglia o meno. Comunque, preferisco definire la mia una provincia dell'est, rispetto al nord-est. Volevo raccontare una storia che avesse come base un luogo geografico e questo è il risultato".
"Ho avuto il piacere di dividere con Matteo gioie e sofferenza per quattro anni - ribatte Battiston -, insieme agli sceneggiatori e a tutte le persone che hanno contribuito a fare il film. Gioie e dolori nelle revisioni della sceneggiatra, che è il suo punto di forza, una matura descrizione di personaggi e luoghi, quello che ha mosso anche me su un est poco conosciuto - le mie origini sono in Veneto, un po' più in là -, non sbatte il confine con la Slovenia; lì ho cominciato a vedere gente non tanto diversa da noi, abbiamo cose in comune. Il fatto di coprodurre il film - condivide il regista - ha fatto sì che avessimo una troupe internazionale: macchinisti sloveni, fotografo spagnolo, assistente operatore argentino, il montatore napoletano, e non tutti quelli che vengono dal nord sono leghisti. Un altro punto di forza, è proprio la forza del gruppo che ha creato questo film, di tutti quelli che hanno contribuito. E rappresenta quello che volevamo raccontare in maniera fedele.
Cercare di costruire il ritratto del luogo non patinato, con le sue bellezze e storture; costruire personaggi assolutamente credibili. I film che piaciono a me sono quelli in cui i personaggi danno qualcosa, che posso ritrovarmeli da qualche parte. Quelli che hanno una vita propria al di fuori della sala, per me sono riusciti. Uno che ha segnato tutti quanti è 'Il grande Levowski', con personaggi cardini, veri e credibili, in una storia verosimile. Il nostro è ambientato in un luogo che era confine e non lo è più, su persone di cui si ignora l'esistenza. Paolo scopre di avere un nipote che parla un italiano molto forbito, migliore di quello di lui, e così è nata questa relazione tra due personaggi strampalati". "Il produttore ha delle vigne che partono dall'Italia e finiscono in Slovenia - aggiunge Oleotto -, è una terra d'oro, si pensava fosse solo italiana, invece in Slovenia è la stessa cosa, perché è la stessa terra".
"La barba penso me la rifarò, da noi quando fa freddo ci mettiamo barba - continua sul fatto che non l'ha più -. I Sacro Cuori li ho conosciuti anni fa per la trasmissione Rock in Rebbibia, dove ogni settimana c'era un grande concerto, hanno avuto un'esperienza in carcere, dove uno dei due faceva l'insegnante. Parlando con Antonio, ci ha permesso una preparazione, lavorando quattro mesi gratis, a un regime ridotto in un tempo molto lungo, metabolizzare. L'incontro con Gramentieri è stato decisivo perché riusciva in maniera magica a musicare i miei aggettivi, a caire che tipo d'impianto sonoro volevo, perché amo quando la musica 'suona'. La colonna sonora per me è un bellissimo disco (e lo è anche diventata ndr.) che suona, che si ascolta. Un lavoro di montaggio con Giuseppe (Trepiccione) mentre loro ci mandavamo le clip musicali, i demo alla chitarra. Credo sia la prima colonna sonora nata dai clip, perché io e il montatore, dicevamo ad Antonio la musica deve durare, mettiamo 3 minuti e 8 secondi, 'devi tagliarla prima', ed è tutta fatta con strumenti veri, non elettronici. A volte l'ha rielaborata perché c'erano secondi da limare, una fatica disumana perché le abbiamo scelte sui ritmi del montaggio, ritmi ben precisi, ma per il prossimo film sarà già preparato".
"La gente viaggia più con la fantasia che nella realtà - afferma Battiston sul suo personaggio -, Paolo ha il desiderio di andare via perché dice che è un posto di morti, ma è lui il primo cadavere. E' un qualcosa che appartiene molto a personaggi di questo tipo, si sentono più migranti che abitanti del Friuli, in loro c'è la pragmatizzazione del desiderio di migliorarsi. Paolo non riesce, non riuscirà mai a migliorarsi, tante persone hanno tratti simili al carattere di Paolo, la bellezza di queste figure è che sono puri nella loro miseria, e riescono a rimanere tali conservando in qualche modo la dignità". "La fase di scrittura è stata un'esperienza divertente del film - ribatte il regista, eravamo in quattro (con Daniela Gambaro, Pier Paolo Piciarelli e Marco Pettenello ndr.), loro sceneggiatori, io il regista. A me piace più delle idee, l'atmosfera. Un'esperienza molto faticosa ma divertente, con un valore aggiunto perché è stato un lavoro in cui hanno collaborato varie menti, estri, anime in, tanto che facevo fatica a ricordare chi aveva scritto tale battuta, perché alla fine eravamo un po' fusi. Non si sente la mano di uno o dell'altro, però si capisce la forza di un gruppo".
"Sono due film che amo molto", dichiara Battiston a proposito di questo e quello di Andrea Segre ("La prima neve"), l'altra opera di cui è interprete, entrambe passate al festival di Venezia e in sala in questi giorni. "Sono arrivato dopo - dichiara Pettenello -, visto che quello della scrittura è stato un periodo lungo, quando nella sceneggiatura Zoran era un genio del cubo di Rubik, e si stava cercando di avere i diritti, ma abbiamo scoperto che chiedevano un cifra spaventosa, allora Matteo ha pensato alle freccette. A questo punto il trasloco l'abbiamo fatto insieme e abbiamo riscritto una serie di scene". "C'era ancora il confine, nel frattempo sono nati dei bambini - dice la Gambaro -, è stato un percorso accidentato lungo e faticoso. Sono veneta e di solito si fa confusione perché non si conosce certe dinamiche delle zone vicine, di frontiera. Per 'Zoran' è un valore aggiunto questo territorio di confine, una zona diversa ma simile che ho trovato molto interessante".
"Io sono sconfinato illegalmente - scherza Trepiccione, il montatore -, era importante dal punto vista del ministero, rappresento la casa del Mezzogiorno. E' stata molto bella, con Matteo abbiamo fatto insieme il CSC, abbiamo pensato tutto il tempo alla preparazione necessaria a fare un film, di non preoccuparci se fosse una commedia e considerata un genere minore, o con la paura di essere divertenti, ma semplici e profondi. Sono orgoglioso che al pubblico piaccia". "Devo ringraziare Giuseppe - ribatte Oleotto - perché come montatore è un vero autore che scrive attraverso le immagini, uno che ama riscrivere le immagini, come incastrarle. Per me il montaggio è la terza fase di scrittura del film, e tantissimo merito lo devo a lui: ha fatto delle scelte che ho condiviso a livello narrativo".
"Rok aveva 17 anni, ora forse ha fatto 18 - prosegue sul giovane protagonista -, abita a Malibor, città al nord della Slovenia e non parla una parola di italiano, tanto che a Venezia mi parlava usando le battute del film, e diceva 'cose che non c'entravano niente'. Io ribattevo 'muto devi stare muto' (battuta del film ndr.). Ho visto 476 ragazzini tra Friuli e Slovenia, con tre di loro ho lavorato per qualche giorno. Rock non parlava italiano ma è una sorta di campione mondiale d'inglese, mentre io invece lo parlo come Totò. Ho cercato di usare i lati negativi, di girare la medaglia per vedere l'altra faccia. Ci sono un sacco di momenti in cui Rok non stava capendo niente di quello che diceva Giuseppe, ma gli ho chiesto di non abbandonare mai il personaggio, e a Giuseppe d'improvvisare. Rossana Moratore, la dialogue coach, gli stava al fianco, mi ha tolto molto il pensiero, e lui mentre giravamo ripeteva a menoria la sue battute. Uno degli sloveni parlava proprio così, perché l'ha imparato un po' sui cartoni e un po' su un dizionario. Al Circolo degli Artisti di Roma (dal 31 al 2 novembre, l'osteria come a Venezia ndr.) ci sarà, parla proprio così. Per giustapporre il personaggio a quello di Paolo ho squadernato l'idea di riprendere il suo modo di parlare. Infatti, per parecchie ore in fase di sceneggiatura ho riflettuto sul modo di parlare di Zoran, questa era rischiosa perché poteva diventare pesante e artificiosa, ma ci siamo presi il rischio e siamo stati premiati". "Zoran" è stato venduto finora in cinque paesi (Slovacchia, Croazia, Repubblica Ceca e Portogallo) "Spero e credo nell'incipit di concentrarsi sull'Italia e pensare poi all'estero perché l'interesse sta pian piano crescendo. Per il momento andremo a Bologna, Bari, Torino, Genova, Treviso, Udine, Tardisio, Pordenone, Bergamo, Verona. Siamo in tournée! Anche a Napoli naturalmente. Tentiamo di mandare gente al cinema nella prima settimana".
"Voglio ringraziare Sabina Thomas di Tucker - conclude Oleotto -, da un gruppo persone molto forte, arrivati in tempo per far vedere film e dialogare con Andrea Segre. E' un nuovo modo di distribuire i film, in un momento in cui sembra tutto stia cambiando, la produzione, le riprese, la distribuzione, e anziché mantenersi ferma, ha voglia di rischiare con modi nuovi per lanciare il film, dialogare sul film, poi ti invitano alla prima come ospite, perciò mi sto dando da fare lavorando per delle persone che hanno creduto e credono nel film, che sia possibile un nuovo modo distribuirli". Nel cast anche Peter Musevski (notaio), Riccardo Maranzana (Ernesto), Ivo Barisic (dottor Vrtovec), Jan Cvitkovic (Jure), Maurizio Fanin (Jozko), Mirela Kovacevic (barista), Ariella Reggio (Clara), Rossana Mortara (vigilessa), per la prima volta sullo schermo Doina Komissarov (Anita) e con l'amichevole partecipazione di Sylvain Chomet (il guro delle freccette).
Un film indipendente prodotto dall'italiana Transmedia con la slovena Staragara in associazione con Arch Production & Transmedia Production, con il supporto dinanziario di Eurimages, riconosciuto di Interesse culturale dal MiBAC, Slovenski Filmski Center Javna Agencija e Viba Film, in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission, sviluppato e realizzato con il contributo del Fondo Regionale per l'Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia. José de Arcangelo

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