venerdì 25 ottobre 2013

"Oh Boy - Un caffè a Berlino", un giovane di oggi in giro per 24 ore a Berlino alla ricerca di un caffè e di se stesso. Vincitore di 6 Oscar tedeschi

E' approdato nei cinema la storia di un giovane (di belle speranze) della società contemporanea, nella 'nuova' Berlino, che accompagnamo per 24 ore alla ricerca di un caffè (vero). Questo lo spunto di partenza di "Oh Boy - Un caffè a Berlino", appunto, l'opera prima di Jan Ole Gerster, fenomeno della cinematografia tedesca che si è aggiudicato ben 6 German Academy Awards in un colpo solo.
Il riferimento è, e resta, quello della "Nouvelle Vague", anche se l'autore dichiara che nella sceneggiatura ne aveva inserito molti riferimenti al cinema francese di allora, specialmente a François Truffaut, ma che poi ne ha eliminato quasi tutti. Però già nel prologo la ragazza dai capelli 'corti' (alla garçon) indossa una maglietta da marinaio come la Jean Seberg di "Fino all'ultimo respiro" di Jean-Luc Godard (1960), mentre l'azione - se non è in tempo reale - ricorda le due ore di "Cléo dalle 5 alle 7" di Agnès Varda (1962). Certo, il film ci ricorda anche il "Fuori orario" di Martin Scorsese, la bizzarra notte di un Griffin Dunne che incontra eccentrici personaggi. Tutti riferimenti inconsci che possono restare nella mente/memoria di un vero cinefilo.
Infatti, il più che ventenne Niko Fischer (il premiato Tom Schilling) girovaga per le strade di una popolatissima Berlino e noi lo seguiamo nel susseguirsi di 'strani' incontri. Niko ha abbandonato da poco l'università ed è obbligato a confrontarsi, lungo tutta la giornata, con le conseguenze della sua inerzia e delle sue incertezze. La sua ragazza tronca la loro relazione, suo padre smette di passargli soldi e uno psicologo, da cui è convocato per una denuncia di guida in stato di 'ebbrezza', conferma il suo 'squilibrio emotivo' sospendendogli la patente. Ma col passare delle ore cresce la sua stessa condizione di estraneità rispetto alla gente che ogni giorno affronta la vita quotidiana. Il suo nuovo vicino di casa, con la scusa di fare conoscenza, cerca conforto alle proprie pene esistenziali, una ex compagna (non più 'cicciona') di liceo lo mette di fronte alle ferite emotive che le ha inflitto.
Però Niko - non ancora riuscito a prendersi l'agognato caffè - chiede "Hai presente quella sensazione che ti prende quando le persone intorno a te sembrano comportarsi in modo strano?" e poi constata "E' più ci pensi, più ti rendi conto che non sono le altre persone ad essere strano, ma tu stesso". Un ultimo incontro - con un misterioso vecchio fuggito all'estero oltre sessant'anni fa (ma dobbiamo 'indovinare' il perché) e ritornato in patria dopo la caduta del muro - prima del desiderato caffè, quasi all'alba del giorno dopo -, gli farà capire che nemmeno Berlino né la stessa Germania, hanno ancora ritrovato se stesse perché stando perdendo definitivamente la memoria, senza aver finito di fare i conti col proprio passato. Un ironico e autocritico ritratto di un giovane dell'Europa del terzo millennio e il quadro della sua città, la Berlino ad oltre vent'anni dalla riunificazione, una metropoli frenetica e creativa vista attraverso un abbagliante bianco e nero che mette in risalto la sua trasformazione. Mentre il giovane è diviso tra l'aspirazione di prendere parte 'alla vita' e la difficoltà di trovare se stesso e il proprio posto nel mondo.
"Mi sono trasferito a Berlino 13 anni fa - confessa Gerster, che è stato assistente di Wolfgang Becker durante la preparazione, le riprese, il montaggio e la post-produzione di "Good Bye, Lenin!" -. E' una città molto creativa e vivace, sicuramente più attraente di altre città tedesche come Francoforte, che invece è più focalizzata sulle attività commerciali. Ogni luogo di Berlino parla di Storia. Si può camminare vicino ad un grande negozio e imbattersi all'improvviso in un edificio che risale all'epoca socialista. Questo aspetto affascinante, sta scomparendo a poco a poco nelle metropoli più grandi, che ovviamente hanno bisogno di spazio per svilupparsi. In 'Oh Boy', non volevo fare apparire Berlino come una cartolina, ma non volevo nemmeno concentrarmi solo sull'aspetto ultramoderno e avanguardistico della città, volevo catturarne l'aspetto eterno, senza tempo!"
Bianco e nero e musica jazz, un altro sodalizio che ci riporta al cinema anni Sessanta (ma non solo) e non soltanto francese. E l'autore dice, infatti, di amare le vecchie colonne sonore - le sue preferite quella di Simon & Garfunkel per "Il laureato" e di Neil Young per "Dead Man" - e ha ricordato ai suoi musicisti 'The Major Minors' e Cherilyn MacNeil, soprattutto quella di Miles Davis per "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle, soprattutto perché l'aveva scritto in soli tre giorni! E la scelta musicale si è rivelata vincente perché ben si fonde con storia e immagini, dato che il jazz è stato deciso in fase di montaggio, dopo aver provato tutti i generi musicali possibili, tranne la musica elettronica, e creata da 'veri musicisti'.
Quindi, un film d'autore doc - però coinvolgente anche per un pubblico più ampio - perché Gerster oltre ad aver studiato sceneggiatura e regia, è un appassionato di cinema che sa ben dosare spettacolo e contenuti, dramma e commedia. Nel cast, oltre Schilling (da "Le particelle elementari" a "La banda Baader Meinhof"), altri bravi e noti attori tedeschi come Friederike Kempter (Julika Hoffmann), Marc Hosemann (Matze), Katharina Schuttler (Elli), Justus von Dohnagyi (Karl Speckenbach), da "The Experiment" ad "Amen" di Costa-Gavras; Andreas Schroders (psicologo), Arnd Kalwitter (Phillip Rauch), Martin Brambach (Jorg), Frederick Lau (ronny), Urlich Noethen (Walter Fischer, il padre), visto ne "La caduta" nel ruolo di Himmler; e Michael Gwisdek (l'anziano Friedrich), Orso d'argento 1999 per "Night Shapes". José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 24 ottobre distribuito da Academy Two

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