venerdì 18 ottobre 2013

Tutta l'inimmaginabile violenza di una famiglia apparentemente normale nel Leone d'Argento "Miss Violence" di Alexandros Avranas

Un potente dramma familiare, un'agghiacciante ritratto di famiglia, una tragedia implosa e toccante, anzi in bilico tra un colpo allo stomaco e l'altro al cuore, questo è "Miss Violence" del greco Alexandros Avranas, in concorso all'ultimo Festival di Venezia dove si è aggiudicato il Leone d'Argento per la regia - ma secondo noi meritava quello d'Oro - e la Coppa Volpi per il miglior attore (Themis Panou). In uscita nelle sale il 31 ottobre distribuito da Eyemoon Pictures, il film è stato presentato a Roma dal regista stesso e dai protagonisti, anche l'intensa Eleni Roussinou, 'costretta' ad esprimersi soprattutto con il corpo e lo sguardo.
Il giorno del suo undicesimo compleanno Angeliki si getta dal balcone con il sorriso stampato sul volto mentre sullo sfondo si sente la musica leggera della 'festa'. La polizia e i servizi sociali cercano di scoprire la ragione di questo apparente suicidio, la famiglia, invece, continua a insistere che si è trattato di un incidente, ed è quasi rassegnata all'idea che non ci sia un'altra possibile causa... Una storia di ordinari abusi e sottomissione, di mostruoso padre-padrone; orribile segreto nascosto sotto l'apparente normalità, che lo spettatore scopre poco a poco in un crescendo di tensione e di angosciante impotenza.
"E' vero il film ha un finale molto aperto - esordisce Avranos -, ma non farei mai un sèguito, altrimenti avrei cercato di spezzare questo ciclo di violenza che si è creato; una purificazione arriva troppo tardi, non si sa se si tratta di una sorta di giustiziere, o di qualcuno che possa continuare, dal suo punto di vista, nel ruolo di carnefice, purtroppo sono cose che succedono nella società di oggi". "Anche quello (anticipato ndr.) poteva essere un finale, ma sarebbe stato 'molto bello, molto intellettuale, artistico'. Io preferisco questo per permettere al pubblico di avere una scelta finale. Eleni poteva uscire dalla zona grigia e, invece, continua a stare lì, la madre prende il posto del padre? Per me Eleni è lo spettatore e deve decidere cosa fare". "Quando ho cominciato a pensare come avrei girato il film, se diviso in inquadrature, e/o iperdialogato, nascondendo molti dettagli; oppure con uno stile freddo e silenzioso che segue i personaggi usando una sottrazione molto forte, che mi permetteva ugualmente una regia geometrica e molto forte per attirare e coinvolgere il pubblico".
"Era molto importante che alla prima occhiata sembrassero una famiglia - prosegue -, e ho preso attori molto bravi da scuole molto diverse, alcuni dal teatro con basi molto solide. Poi ho cominciato le prove nell'appartamento perché acquistassero l'immagine di una vera famiglia, la naturalezza nel modo di esprimersi per passare infine alle prove con la mdp. Il risultato è l'assoluta naturalezza". "All'inizio non capivo perché il personaggio rimane in silenzio, non reagisce - afferma Eleni Roussinou -; lei come essere umano normale subisce quotidianamente piccole cose a cui non reagisce, figuriamoci a cose gravi e radicate che distruggono una personalità".
"C'erano due strade da seguire - ribatte invece Panou -, il lavoro fatto col regista per molti mesi sulla sceneggiatura, poi come ha detto lui si provano alcune scene di una famiglia apparentemente normale, in qualche modo più facili da realizzare. Dovevo pensare in 'quella casa', mentre uno è in cucina, l'altro in bagno, cosa succede in corridoio? C'è una quotidianità vissuta". "Quello che mi interessava - ribatte il regista - era che quando escono fuori di casa non abbiano niente di diverso dalle altre famiglie, non esprimano quello che subiscono, nessuno lo può pensare; l'altra strada la dovevo percorrere da solo". "Se come personaggio non riconosceva la violenza dentro di sé - confessa Panou - non avrei potuto farlo, come uomo dovevo accettare momenti violenti che lui esprime con le mani o con lo sguardo (o il pensiero). Quante volte pensate di battere il pugno sul tavolo e non lo fate. Da questo punto di vista, lui passa dal pensiero all'azione, e in questo rientrano tutti gli uomini".
"Di solito mi ingaggiano per ruoli comici, però il non è il ruolo del 'cattivo', nemmeno in Shakespeare ci sono personaggi completamente cattivi, ma umani. Senz'altro questo è così complesso e forte..." "Ci sono molti modi per riprendere gli attori - riprende il regista -, uno è questo, non inquadrare la reazione ma l'azione; con la faccia esprimono qualcosa in più, molto importante per quanto riguarda il padre, perché anche se non lo vedi, hai la sensazione che sia (sempre) presente". "L'italiano (di Toto Cotugno, che si ascolta ad un certo punto del film ndr.) in Grecia è stato un grande successo quando ero molto giovane, quelli che lo cantavano e lo ballavano allora sono quelli che stanno distruggendo il Paese. Nel film sono stato sincero e onesto riguardo i bambini e i loro genitori. Non ho nascosto loro niente, i bambini hanno capito di cosa trattava, ed erano convinti di partecipare perché davano voce ai bambini che hanno subito cose analoghe. Loro lo vedranno lunedì prossimo senza la scena 'erotica' (lo stupro ndr.)".
"La componente politica è molto richiesta da me, riguarda la storia greca ed europea attuale. Nel 2010 quando l'ho scritta aveva già un valore politico, a prescindere dalla storia; mentre il fatto che in tivù si vedano sempre documentari sulle scimmie commentati in tedesco è ironico nei confronti della Germania perché tra un po' vorrà che parliamo tutti in tedesco. La mia idea sui bambini di Eleni è che sono del padre, perché lei crede che il padre l'ama, in questo ha una forza maggiore rispetto alla madre. Perciò il padre vuole tenere i membri della famiglia separati il più possibile, creando una sorta di rivalità tra loro, essere una componente esclusiva per tutti gli altri, perché lui può dare la punizione e la redenzione, che è quello che pretende anche la nostra società". "Mi sono ispirato ad una storia vera accaduta in Germania; il padre è stato giudicato colpevole ed è in prigione, la madre non ha mai testimoniato contro di lui. Non lo considera tale, nella società in cui vive la situazione per lei è così". "Alexandros ha appena compiuto 36 anni - dichiara il distributore -, con il primo film (Without) ha vinto diverse cose, a Venezia nel regolamento c'è una clausola per cui bisogna aggiudicare un solo premio ad ogni film, ma stavolta è stata chiesta una deroga per dare un secondo premio".
E poi chiude dicendo: "Il film esce il 31 ottobre, puntando tra 30/50 copie, perché vogliamo partire con un certo numero e vedere la reazione pubblico, comunque, per il cinema qualità la cifra è più o meno sufficiente, perché 'Amour' partito con 40 arrivò al massimo a 70. Non solo l'intreccio è scioccante, ma va letto in molti altri livelli. E' un film complesso, potente, straordinario. L'ho scelto appena l'ho visto, e poi è stato riconosciuto e premiato da Bertolucci e Sakamoto, perché possa essere visto in Italia. E' tutt'altro che diseducativo, e che gli adolescenti siano in grado da vedere, visto che è diretto ai bambini che sapevano cosa accadono. Noi speriamo in un divieto ai 14 anni, poi la commissione censura farà il suo lavoro". José de Arcangelo

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