venerdì 18 ottobre 2013
"Two Mothers", un'amicizia ai limiti dell'omosessualità, un amore materno quasi incestuoso per un 'quartetto' familiare
Delude l'atteso film dal breve romanzo della Premio Nobel (2007) Doris Lessing "Le nonne", pubblicato nel 2005. Un dramma sulla scia del (patinato) mélo - in origine ironicamente provocatorio -, ma che la regista francese Anne Fontaine con l'illustre sceneggiatore inglese Christopher Hampton hanno insieme adattato per il grande schermo.
Soprattutto perché, nel tentativo di porlo fuori del tempo, lo hanno reso invece meno credibile, e, in un certo senso, hanno reso l'intreccio ormai superato. E tralasciando, crediamo, quello che la storia è in realtà: un'opera su tutte le sfaccettature e sulle ambiguità dell'amore, soprattutto quelle che non vogliamo vedere e accettare.
La provocazione risiede nel rapporto tra le due 'madri', sul filo di un'omosessualità latente che si manifesta nell'amore per interposta persona, ovvero tramite i loro rispettivi figli. Da questo punto di vista, la vicenda di queste due madri (poi nonne) è - se vogliamo - anche incestuosa perché i loro figli sono stati allevati insieme formando un insolito 'quartetto' familiare in cui c'erano due madri e due figli - i padri pressoché assenti -, tanto da confondere (e/o scambiare) i loro rispettivi 'ruoli'.
La stessa scrittrice, rispose alle 'critiche' della stampa dichiarando: "Anziché scrivere un romanzo sull'impossibilità dell'amore, ho voluto raccontare a partire da una storia vera (raccontatale da un giovane australiano amico dei due protagonisti ndr.) come e perché un amore può durare dieci anni, cosa che mi sembra già un buon risultato. Vi si contesta il mio gusto per la provocazione. Che provocazione? Mi sono semplicemente ispirata ad una storia nella quale potevo identificarmi chiedendomi cosa avrei potuto farne. Alcune persone insistono sul lato 'disgustoso' del mio romanzo, ma non capisco questa tendenza al voyeurismo. Questo tema non rappresenta certo una novità in Francia. Pensateci: Colette a suo tempo aveva già raccontato la stessa storia".
Infatti, una storia del genere poteva scandalizzare la società degli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta (vedi "Scandalo al sole" per non scomodare il primo Pasolini), non certo quella di oggi, anche se tra il pubblico (o la maggioranza silenziosa) resta sempre quello 'zoccolo duro', diviso tra bigottismo e pregiudizio. Al di là del lato psicologico del 'tema' (dipende sempre da chi lo legge o lo vede sullo schermo), si tratta comunque di rapporti umani, condizionati da barriere e desiderio (istintivo?).
Comunque, la nuova pellicola della Fontaine non riesce a coinvolgere fino in fondo lo spettatore, perché la lettura resta abbastanza in superficie, fredda, quasi distaccata dal contesto contemporaneo in cui, nel bene e nel male, viene identificata, anche quando è ambientata nel paese anglosassone (l'Australia in cui è successo), e in un posto idilliaco, isolato come lo può essere nel terzo millennio.
Inseparabili fin da bambine, Lil (Naomi Watts) e Roz (Robin Wright) vivono in perfetta simbiosi con i loro figli, Ian (il Xavier Samuel di "Twilight") e Tom (James Frecheville di "Animal Kingdom"), due giovani che le madri vedono come due 'dei' e che sembrano quasi una loro estensione. Il marito della prima è morto prematuramente, l'altro è assente per lavoro (si trasferisce a Sydney). Inspiegabilmente, e tuttavia come piegandosi all'inevitabile, le due amiche/sorelle si avvicinano una al figlio dell'altra, in una relazione che si fa subito passionale.
Al riparo dallo sguardo degli estranei (convinti che le donne abbiano un rapporto safico), in un paradiso balneare quasi soprannaturale, il quartetto vivrà una storia fuori dalle 'regole' fino a quando l'età non metterà fine al 'disordine'... che però per i sentimenti non è tale. Forse.
Quindi, la regista di "Coco avant Chanel" stavolta non è riuscita a fare centro, tranne che nella prima parte (in cui presenta il quartetto e racconta il crescendo della passione segreta), mentre nella seconda sembra cedere a una certa convenzionalità (cinematografica) del caso, anche se afferma "ci sembrava assurdo mostrarle da nonne, lasciando credere che apparentemente tutto è rientrato nell'ordine, mentre si scopre che non è affatto così".
"E' vero che in 'Two Mothers' sono presenti temi che ho già affrontato - confessa -, sia in 'Dry Cleaning', che in 'Nathalie'... Mi piacciono le storie d'amore anomale, le storie ambigue: danno spessore e profondità ai personaggi e servono ad illuminare lo spettatore, a spingerlo a conoscere se stesso - spero senza prediche... Nella nostra vita, in cui tutto è molto programmato, il cinema resta lo spazio che ci permette di esplorare le nostre zone d'ombra!"
Il film dell'autrice della commedia "Il mio miglior incubo!" può, dunque, lasciare perplessi però, crediamo, almeno farà discutere. E' stato uno degli ultimi girati in 35mm e in formato scope perché "sarebbe stato impossibile rendere allo stesso modo in digitale la grana della pelle". Anche se verso le belle e brave protagoniste ci è sembrato spietato! Anche se non le invecchia troppo indaga su segni e possibili e/o presunte rughe.
Nel cast anche Ben Mendelsohn (Harold), Sophie Lowe (Mary), Jessica Tovey, Gary Sweet, Alyson Stander, Charlee Thomas.
José de Arcangelo
(2 1/2 stelle su 5)
Nelle sale dal 17 ottobre distribuito da Bim
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