sabato 23 novembre 2013

Dopo il premio Oscar, l'iraniano Asghar Farhadi racconta "Il passato" di una famiglia allargata nella Parigi contemporanea, con Bérénice Bejo

Dopo aver conquistato il premio Oscar per il miglior film straniero con "Una separazione", ritorna nei cinema italiani Asghar Farhadi con il suo nuovo dramma sulla coppia, anzi sulla famiglia allargata, stavolta prodotto, ambientato e girato interamente in Francia e passato in concorso all'ultimo Festival di Cannes dove ha ricevuto il premio per la miglior attrice, Bérénice Bejo (da "The Artist" a "Il Paradiso degli Orchi"), assecondata da Tahar Rahim ("Il profeta") e dall'attore e premiato regista iraniano Ali Mosaffa.
Un dramma sui rapporti umani, tra moglie e marito, tra ex e nuovo compagno, con e tra i figli di entrambi. Il tutto raccontato sobrietà e disarmante naturalezza fra incomprensioni e affetti, malintesi, conflitti, gioie e dolori, piccoli e grandi. Ma anche su sentimenti mai completamente rimossi o dimenticati, fiducia e sospetti, segreti ed equivoci, traumi e ossessioni.
Dopo quattro anni di separazione e lontananza, Ahmad (Mosaffa) torna a Parigi da Teheran, su richiesta della stessa Marie (Bejo), sua moglie francese, per concludere la procedura di divorzio, ovvero firmare i 'documenti', dopo aver pronunciato - stavolta davvero - il fatidico 'sì'. Ma durante il suo breve soggiorno, Ahmad scopre la conflittualità del rapporto tra Marie e la figlia adolescente Lucie (Pauline Burlet), acutizzato dalla presenza del nuovo compagno della madre, Samir (Rahim), la cui moglie è in coma - dopo un tentato suicidio -, e con un bambino a carico. E, infatti, i tentativi di Ahmad per riappacificare madre e figlia sveleranno un segreto del passato che affiorerà pian piano come in un vero e proprio giallo, fra dubbi e sentimenti.
"Pur non avendo mai fatto esperienza diretta di questa condizione - afferma Farhadi -, da sempre associo subito l'idea del coma a una via di mezzo, a un dubbio: siamo nella vita o nella morte? Una persona in coma può essere considerata morta o è ancora viva? Tutto questo film è costruito su questo concetto di dubbio, sulla nozione di via di mezzo. I personaggi si trovano costantemente di fronte a un dilemma, sono a un bivio tra due percorsi. In 'Una separazione', la situazione in cui si trova il protagonista è piuttosto comune ma complessa: deve scegliere tra il benessere di suo padre e quello di sua figlia. In 'Il passato', la questione è un po' diversa: bisogna privilegiare una certa lealtà verso il passato o rinunciarvi per proiettarsi verso il futuro?"
Anche il finale - aperto - lascia il dubbio nei personaggi ma anche nello spettatore, costretto a riflettere su cosa riserverà il futuro ai protagonisti. E Ahmad è una sorta di catalizzatore, quello che spinge gli altri a parlare, a 'confessarsi', a far sì che la crisi e i contrasti si attenuino. Anche quando non tutto si risolverà, i personaggi capiranno - forse - che la verità non è uguale per tutti e che, ancora una volta, le apparenze ingannano e i sospetti sono spesso infondati, anche nelle questioni di cuore. Nonostante il film (dura 130' ma non si sentono proprio) sia ambientato a Parigi, la metropoli storica si vede ben poco, però è comunque presente nell'atmosfera.
"Sono stato molto attento - dichiara l'autore, anche di "About Elly" - a non abusare della dimensione storica dell'architettura di Parigi e a non fare un film turistico. Nel giro di poco tempo ho deciso che la casa della protagonista, dove si svolge gran parte della narrazione, si sarebbe trovata in periferia. Parigi è presente, ma in modo discreto, sullo sfondo. Il pericolo che incombe su qualunque cineasta decida di realizzare un film al di fuori del proprio contesto d'origine è di metterci le prime cose che catturano il suo sguardo. Io ho volutamente fatto il percorso contrario: poiché l'architettura di Parigi mi affascina, ho scelto di superarla per accedere a qualcos'altro". Il direttore della fotografia è lo stesso del film precedente, Mohmoud Kalari, già collaboratore di Makhmalbaf, Kiarostami e Panahi. Prodotto dal francese Alexandre Mallet-Guy per Memento Films. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 21 novembre distribuito da Bim

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