venerdì 22 novembre 2013
Una riflessione dura e cruda sulla Cina contemporanea ne "Il tocco del peccato" di Jia Zhangke, premio per la sceneggiatura a Cannes
E' arrivata nelle sale italiane una dura e cruda riflessione sulla Cina contemporanea - premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2013 -, lo scioccante ritratto di un gigante diviso tra successo economico globale e corruzione e violenza locale.
Infatti, "Il tocco del peccato" di Jia Zhangke racconta quattro storie intrecciate, portate all'esasperazione da ingiustizia sociale e insoddisfazione personale. Un minatore pieno di rabbia e indignazione si ribella alla corruzione che regna tra i dirigenti del suo villaggio; un giovane emigrante di ritorno a casa per il Capodanno (cinese) scopre le infinite possibilità offerte da un'arma da fuoco; la giovane receptionist di un'ambigua sauna viene spinta oltre ogni limite quando viene molestata da un ricco e prepotente cliente; un giovane operaio cambia lavoro nella speranza di migliorare la sua esistenza. Quattro persone, quattro regioni diverse, e un unico desiderio: una vita, se non proprio migliore, almeno giusta e degna di essere vissuta.
Però se la narrazione cinematografica si affida alle regole della finzione, le quattro storie sono vere, fatto che l'autore stesso conferma: "Questo film tratta di quattro storie di morte, quattro fatti realmente accaduti in Cina in anni recenti: tre omicidi e un suicidio. Fatti ben noti alla gente di tutta la Cina, avvenuti nello Shanxi, a Chongqing, nello Hubei e nel Guangdong, zone che comprendono da Nord a Sud gran parte del paese".
Un quadro sconcertante e pessimistico che coinvolge anche lo spettatore occidentale perché, nonostante tutto, la vera crisi globale sembra essere quella morale, dei rapporti tra le persone, del regresso ad una società in cui la disparità torna a farsi strada rapidamente, dove le persone non solo stanno perdendo diritti ma persino la propria dignità. Abbiamo avuto anche noi casi del genere, sporadici ma comunque tragicamente simili, di chi tra disperazione e rabbia, non trova altra via di uscita se non quella di 'sparare' contro chi rappresenta (nel bene e nel male) le istituzioni e lo Stato stesso, primo responsabile della neo-povertà e dell'ingiustizia sociale dilagante.
"Le situazioni che gli individui si trovano di fronte - afferma Zhangke - sono cambiate molto poco attraverso le epoche, così come anche molto poco sono cambiate le loro risposte di fronte a queste situazioni. Ho visto questo anche come un film sulle connessioni a volte nascoste tra persone, che tra l'altro porta ad interrogarmi sul modo in cui la nostra società si è sviluppata. In questa società 'civilizzata' che abbiamo impiegato così tanto a sviluppare, cosa realmente collega una persona ad un'altra?".
Gli interpreti Zhao Tao (Zheng Xiaoyu), da "Still Life" dello stesso Zhangke (Leone d'oro a Venezia 63°) a "Io sono Li" di Andrea Segre (David di Donatello per la miglior attrice); Jiang Wu (Dahai), già collaboratore di Zhang Yimou, Wayne Wang e Jackie Chan; il pluripremiato Wang Baoqiang (Zhou San), dall'Asia all'Europa; e il debuttante Luo Lanshan (Xiao Hui).
Il direttore della fotografia Yu Lik-Wai, è anche un apprezzato regista e ha partecipato ai più importanti festival internazionali (da Cannes a Venezia, da Los Angeles a Yamagata, in Giappone).
José de Arcangelo
(4 stelle su 5)
Nelle sale dal 21 novembre distribuito da Officine Ubu
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