mercoledì 20 novembre 2013
L'opera prima di Pif "La mafia uccide solo d'estate" e tutti stanno a guardare. "Una commedia satirica che non offende la tragedia"
"La mafia uccide solo d'estate" è un riuscito mix di commedia e dramma, Storia e finzione, scritta, diretta e interpretata da Pif, e verrà presentato al Torino FilmFest il 24 per poi uscire nelle sale il 28 novembre in più di 200 copie, distribuito da 01. A Roma abbiamo incontrato regista, cosceneggiatori, produttori e Cristiana Capotondi, protagonista femminile, alla vigilia della partenza per la manifestazione.
"Non mi sono ispirato ad un film in particolare - esordisce Pif, ovvero Pierfrancesco Diliberto -, vedi da ragazzino tanti film, e dopo parecchie puntate del 'Testimone' su MTV, in cui tante cose abbiamo visto e detto, dove s'intervista i figli dei mafiosi, non penso sia giusto o non giusto, ma sono le cose che faccio, punto. Il mio modo di raccontare funziona e riesco a pagare l'affitto. Quando mi sono trasferito a Milano da Palermo mi hanno fatto un sacco di domande sulla mafia, erano abituati a vedere Riina come un contadino analfabeta e grassoccio, invece, per tutti noi la mafia era quella che frequentava la Palermo bene, apparentemente gentilissima. Leggendo ho scoperto per esempio che negli anni Ottanta erano di moda le spalline, e nessuno si lamentava. Se le guardi oggi riconosciamo che erano orribili. Guardi i fatti di mafia, ascolti le parole dette in quelli anni e ti chiedi com'è possibile, siano state dette da Andreotti, da quelli che dovevano sconfiggere la mafia, alcuni erano collusi e conveniva loro non parlarne, ma gli altri pensavano che non li toccasse, che si ammazzavano tra loro. Le autorità siciliane rinnegavano la pericolosità della mafia, e quando uno veniva ucciso dicevano non è un fatto mafioso, aveva debiti di gioco oppure era un donnaiolo, a noi non ci tocca la mafia. Ero cronista di punta in classe, di cronaca nera. Un giorno una compagna disse 'mio padre ha visto la testa mozzata di un signore nella macchina', nessuno ci credeva; io non ci ho creduto perché non ero io a raccontarla. Mio padre, invece, era una fonte inattendibile, ed io vivevo in questa bolla, finché mi ha fatto svegliare la strage dell'82, tutti gli omicidi Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino...".
"Il tono è molto complesso - afferma il co-sceneggiatore Marco Martani -, dovevamo riuscire ad integrare la commedia in quanto tale e fatti emotivamente molto coinvolgenti, atti processuali, dichiarazioni, il lavoro di documentazione. Grazie a Michele Astori (il terzo sceneggiatore ndr.) abbiamo riportato esattamente quello che dicevano i mafiosi, preso da vere dichiarazioni. Sono esilaranti ma fanno riflettere e tremare al tempo stesso, così come quando stavamo scrivendo, ci impauriva e faceva sorridere o ridere spesso".
"Si può ridere di mafia e dei mafiosi - ribatte Astari -, abbiamo cercato di vedere quanto fosse possibile e dove scherzare; è come scherzare sull'olocausto (da "Vogliamo vivere" al "Grande dittatore", da "La vita è bella" e "Train de vie" ndr.). E tutto nasce da un palermitano, come dire stiamo scherzando su noi stessi. Il punto chiave era riuscire a raccontare il mondo siciliano mai raccontato, o raccontato poco e male. La piccola e media borghesia, vive insieme alla mafia, vi si nutre e, quando morì Rocco Chinnici, l'hanno preso e portato via subito".
"Ho inventato la vita di Arturo (il protagonista interpretato da lui stesso e da piccolo da Alex Bisconti ndr.) - riprende l'autore -, ispirata alla mia e ai palermitani, pensando col senno dei trent'anni passati, perché si incastrava bene ai fatti realmente accaduti, che ci davano le informazioni, e abbiamo deciso di non datarla, visto che i vestiti cambiano e si percepisce il passar del tempo. Le teche Rai sono una cosa meravigliosa, bisogna trattarle con guanti di velluto, è stata un'emozione vedere i funerali di Dalla Chiesa, la figlia che arriva in taxi!; e riuscire a mixare le nostre immagini con quelle - cose del genere le vedi solo in 'Milk', e siamo partiti sognando quello -, mi sembra che più o meno ce la siamo cavata".
"Storia e personaggi sono inseriti nella realtà documentaristica dell'epoca", ribatte Cristiana Capotondi.
"L'ultima scena è stata girata col beta - dice Pif -, quella del bambino ai funerali di Dalla Chiesa, per la ripresa della chiesa, come negli stadi, bisogna stringere molto, ad ogni movimento si vede che la mdp si muove, e si doveva muovere in modo di adattarsi alla ripresa televisiva di allora".
"Il punto climale erano i funerali - spiega Martani -, quando la gente era tenuta fuori dalla Cattedrale, ma la barriera è stata poi rotta dalla folla, dovevano riuscire a valorizzarla per arrivare a quel punto là, dove la gente apre gli occhi".
"Immagino colpirà lo spettatore - confessa Pif -, io non vivo più a Palermo, però se sorprende me che c'ero, immagino lo farà con uno nato negli anni '90 o dopo. E' un fatto che non dobbiamo fare riaccadere, vale anche e soprattutto per il nord. Se leggi le dichiarazione di politici di oggi, non vogliono ammettere la mafia o la pericolosità, reagiscono come i democristiani di allora. Sicuramente è meno potente rispetto ai '70 ma proprio per quello lo Stato deve essere presente, continuare la lotta. Negli anni passati era tutta rivolta sulla Sicilia, oggi l'attenzione si sposta su camorra e 'ndranghetta, ma credo bisogni continuare a vigilare con lo stesso rigore dappertutto. Prima si parlava solo del Sud d'italia, ma la mafia è stata scoperta anche a nord. Per 'Ultimo' Raul Bova, ignaro, è andato a ritirare un premio organizzato con l'appoggio della mafia stessa. Bisogna combattere anche se apparentemente non si vede".
"Vengo dal mondo delle 'Iene' - dichiara -, in questo modo attiri molta più gente, banalmente un ragazzino un film più classico fa più fatica a vedere, ma se c'è la satira se lo guarda. E' un modo di attirare l'attenzione, all'inizio dicevo facciamo finta sia una commedia di Natale, tanto una volta che son dentro mica scappano. Volevo raccontare com'era, molte scene ti attirano e poi si rivelano un cazzotto in faccia, è una satira che non offende la tragedia".
"Voglio essere ottimista, ma Falcone e Borsellino, oltre la loro bravura, sono stati uccisi perché lo Stato li aveva isolati, la loro tenacia è stata evidenziata dall'isolamento. In un certo senso le condizioni sono migliorate, un Ciancimino fa fatica a vivere oggi, è un dato di fatto. A Palermo c'è l'associazione 'addio pizzo', io faccio il figo vivendo a Roma, ma ormai ottocento negozianti non pagano il pizzo. Non pagano più, e quelli appena vedono l'adesivo (di Addiopizzo ndr.) se ne vanno, perché la gente denuncia, lo Stato c'è un po' di più. Presentata la sceneggiatura, ma mi son detto 'io non voglio pagare il pizzo', è una questione con me stesso. Che senso ha se vado a intervistare il commerciante che non paga il pizzo, e poi noi lo paghiamo. Cos' ho detto al produttore 'Pure noi non vogliamo pagare il pizzo'. Un po' mi scoccia dirlo perché non mi voglio vantare, ma d'altronde son tutti rassegnati. Anche a Ercolano si sono uniti per non pagare più il pizzo. Sarà ingenuo, ma la cosa è pericolosa, e non possiamo far finta che tutto sia risolto, ma il politico più colluso non può più fare come allora".
"Non ho pensato a lui come riferimento, ma se non ci fossero stati Peppino Impastato e gli altri non avremmo potuto farlo, stiamo raccogliendo lo sforzo e il sacrificio degli altri. Omicidio Lima meno sentimento faceva ridere, il killer gente normale ammazzava Pio La Torre scopriva di averlo visto prima. Dicevano 'ucciso Salvo Lima, come John Lennon, da un fan impazzito; già chi cammina con lo zoppo impara a zoppicare, ci sono buoni e i cattivi".
"Assume un connotato particolare - dice la Capotondi -, la storia non si può non capire, sono affascinata in qualche modo, attratta dalla curiosità, sono persone che non sanno fare due più due, ma hanno contaminato un'intera regione, impedito di vivere la legalità, una sorta di Stato parallelo, la radice è meno visibile ma c'è ancora da qualche parte. Sono nata nell'80, e nel '92 avevo 12 anni; la strategia della tensione anni '80, con i miei genitori avevamo la percezione di non essere più protetti né sicuri di rispondere all'attacco. E' la miglior idea che ho letto negli ultimi anni, riuscire a raccontare con leggerezza - nel modo di Pif -, un argomento del genere; una chiave simile c'era anche ne 'La vita è bella', con cui raccontando l'olocausto riusciva a far ridere, ma anche a commuovere, perché ti affezionavi al personaggio. Il dolce Iris (la brioche che Boris Giuliano offre al piccolo Arturo prima di venir ucciso ndr.), diventa il simbolo di personaggi tanto umanizzati e che hanno pagato col sacrificio più alto; la chiave etica del personaggio colpisce, perché nella loro esistenza si muovono in questa maniera, si fissano una missione che portano a termine anche se mettono a repentaglio la loro vita. Storie alte che è necessario raccontarle, non leggere soltanto sui libri e che è meglio sapere".
"Non dormo la notte - ribatte Pif sul TFF -, non l'ho ancora vissuto, ma è un festival abbastanza concreto, non ha il red carpet, lì conta solo il film".
"E' stato scelto fin dall'inizio - dice il coproduttore Mario Gianani -, Paolo Virzì l'ha voluto tra tante opere per il modo di raccontare le cose con leggerezza, e non ha avuto nessuna esitazione nel farlo vedere, c'erano in gara un paio di festival ma non l'abbiamo più fatto vedere. Ringraziamo il TFF. Abbiamo avuto il supporto di Rai Cinema, altri strumenti dal MiBac e dal tax credit. E' complesso produrre un'opera prima, ma è stata realizzata con tanto entusiasmo, ma non so più, ho perso i conti. E un'operazione che fai e rifai con entusiasmo, nonostante per il montaggio ci abbiamo messo 6 mesi".
"Wildside (la casa di produzione ndr.) è una strana creatura - dice il produttore Lorenzo Mieli -, abbiamo realizzato documentari sulla politica di alto impegno e la satira, rappresenta quello che noi siamo, abbiamo risparmiato solo sul pizzo. Mentre a Palermo si giravano altre cose per emittente grosse; qualche minaccia c'è stata, intercettazioni, forse, ma tutto sotto controllo. Tanto che i camionisti erano stupiti di tutto ciò, e mi sentivo persino in colpa perché non ci chiedevano niente, ma ci siamo appoggiati ai ragazzi di 'Addio Pizzo', e abbiamo firmato documento congiunto con tutti i loro fornitori. Vorrei che queste persone capissero che si devono unire per abbassare i costi, perché se c'è una luce favorevole è che da tutto il mondo vorrebbero girare film da loro, ma non lo fanno perché sanno che devono comunque pagare il pizzo. Secondo me è inaccettabile".
"E' un modo di leggere molto profondo - afferma Paolo Del Brocco di Rai Cinema - con cui raccontare la realtà. Un film di Pif sulla mafia? Appena ho letto due pagine dissi 'va fatto di corsa'. C'è un'identificazione tra questo tipo film e la Rai, diverso da tutti gli altri, non appartiene ad un genere, ed è utile in questo momento, perché bisogna agire. Si dice che senza 'genere' il film non funziona per la nostra industria. Io, invece, lo trovo meraviglioso, un'occasione straordinaria per conoscere Pif. Sì alla commedia, perché anche questo tipo è commerciale, ma molto educativo".
"Sono orgoglioso - conclude Pif - che sia stata la Rai a produrlo e distribuirlo in quanto abbonato Rai. La casa di produzione più giusta".
Nel cast anche Claudio Gioè (Francesco), Ninni Bruschetta (Fra Giacinto),Rosario Lisma (Lorenzo), Enzo Salomone (Rocco Chinnici), Maurizio Marchetti (Jean-Pierre), Antonio Alveario (Totò Riina),Domenico Centamore (Leoluca Bagarella), Roberto Burgio (Boris Giuliano), Ginevra Antona (Flora bambina), Attilio Fabiano (padre Flora)e Totò Borgese (Salvo Lima).
José de Arcangelo
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