sabato 7 dicembre 2013
Arriva prima di Natale "Un fantastico via vai" di studenti universitario, nella nuova commedia di e con Leonardo Pieraccioni, tra giovani attori e 'vecchi' comici
Ormai sta arrivando nei cinema - dal 12 dicembre - "Un fantastico via vai" di e con Leonardo Pieraccioni, la nuova commedia 'universitaria' dell'attore-regista toscano che ce l'aveva anticipata nemmeno sei mesi fa, a inizio riprese. Semplice e convenzionale, tra lacrime e sorrisi, nella media delle sue precedenti pellicole e con un cast di giovanissimi e supercomici intorno. Il suo affezionatissimo pubblico, probabilmente, gradirà.
Infatti, Pieraccioni - alla presentazione stampa romana - ci ricorda che il film è "nato dai tanti incontri avuti all'università, e il film racconta di un quarantenne" che si sente ancora i 20-25 anni dentro. Un giovane signore privilegiato, buttato fuori di casa che, avendo questa sensazione, gli si riaccende negli occhi l'energia di una volta. Dal lavoro in banca - con moglie e due figliole - alla casa universitaria, è come fosse in una grande macchina del tempo, e così torna indietro agli anni dell'università. I suoi colleghi, invece, rappresentano le persone professionalmente arrivate e si travestono da Blues Brothers dei poveri per cercarlo".
"Il film lo dedica a Francesco Nardi" - ribatte Ceccherini -, e l'attore regista aggiunge, "nostro amico caro e truccatore che non c'è più".
"Da sempre ero abituato a lavorare con Veronesi, noi toscani si va a riacchiappare i personaggi. Sotto questo punto vista con Paolo Genovese (il co-sceneggiatore ndr.) la a lui piace imbrigliare la storia, e la scrittura è più rigorosa, mentre con Veronesi c'era un momento di grande carnevale quando si lavorava, e naturalmente ha dato i suoi frutti gioiosi. Questo è un altro modo di lavorare che, però, mi è piaciuto, ora che sono più tempo a Firenze e meno a Roma, ci si mandava delle e-mail notturne e ci scambiavano idee. Vado avanti col digitale e con la sceneggiatura mi sono trovano abbastanza bene".
"In quella corsa (sullo schermo tenta di fare 'la fuga dal ristorante per non pagare il conto, come nell'opera prima ndr.) c'è il riassunto del passar del tempo, adesso mi frega la milza, sono cascato di fronte a tutti (sul set) e ho fatto finta, ma l'età c'è, una volta si facevano zingarate, qui la figuretta. Non puoi scappare, fai anche tristezza: si trova col fiato corto e vuol pagare".
"Bastasse il cinema a risolvere certi problemi - dice a proposito del razzismo del suo personaggio (Cavalier Mazzarra), Giorgio Panariello -, ma dal momento che si può arrivare a tanta gente almeno ci si prova. Lui odia i neri ma ama gli animali, ci sono tanti che vogliono più bene alle bestie che alle persone. Il cinema ci permette di fare personaggi che nella vita non sareste mai, anzi il contrario di quello che tu sei nella vita".
"Sono fortunatissimo come regista a lavorare con loro - riprende Pieraccioni - perché i comici hanno una doppia valenza, sanno fare ottimamente anche tutti i toni del dramma. Woody Allen dice che 'i comici possono fare tutto, i drammatici mai i comici'. Mi ha chiamato Panariello che aveva dei dubbi sul personaggio, e io 'lo devi far te'. Il comico vuol fare subito il drammatico, e a lui quando gli racconto che non bisogna essere così stupito, guarda come un grande; Ceccherini che fa la statua di geso sul cesso, filtra tutta la sua vita nella comicità; gli spettacoli di Battista potrebbero durante 24 ore, nella vita il suo problema sono tre canini e una moglie".
"Gli universitari - prosegue - sono sempre gli stessi, nonostante i telefonini, internet, il digitale. A quell'età lo tsunami di emozioni è talmente forte. I ragazzi durante questa mia 'pausa (del personaggio ndr.)', cominciavano a capire che non facevo il magazzinieri, ma mi credono un disoccupato non uno studente. La cosa bella è che l'ascoltano con l'attenzione da babboccioni, come ad un fratello maggiore, poi magari si chiedono chi abbiamo messo in casa, ma lui ha la stessa onda d'urto emozionale che hanno loro e risolve un pochino di problemi".
"Gli ho scelti tramite RBcasting - continua -, c'era l'imbarazzo della scelta. In questa fascia di età sono più preparati rispetto a noi vent'anni fa. Sono bravissimi e bellissimi, tutti belli, alti e con i dentoni bianchi, i loro aliti profumano come una primula di città. E rappresentavano quello che avevano detto. Al cinema non guardo più lo schermo, sono un cabarettista nato, ascolto se la risata è intensa, e ho visto che nella scena in cui Marianna Di Martino (Camilla) parla coi genitori il pubblico si emoziona veramente. E questa è una stellina sulla mia giacchettina di comico".
"Grazie a loro mi sono reso conto che è difficilissimo entrare nel film di Leonardo - afferma Del Brocco di Rai Cinema -, colonna della commedia italiana, ma per i ragazzi è straordinario perché sono bravi. Chiara Mastalli l'abbiamo vista in 'Notte prima degli esami, oggi', è fantastico perché Leonardo li ha scelti. Un punto in più per lui".
"La Mastalli mi ha minacciato - chiosa Pieraccioni -, mi ha mandato una sorta di videolettera, in cui diceva 'a Pieraccioni, mi sono stuffata di fare i provini, se mi vuoi mi prende sennò vaff...', ma è l'unica che dimostra ventanni".
"E' vero - ribatte lei -, io piango e tengo tutt'Italia sotto minaccia, ce l'avevo messa proprio tutta per fare il provino, ci tenevo. Alla fine mi ha detto 'va bene lo fai'. E' stato un onore per me partecipare, lo ringrazio di aver visto qualcosa in me al di là della minaccia".
"Con Leonardo si lavora - aggiunge Panariello -, non riesco a vederlo come regista o attore, lo vedo come Leonardo e l'affronto a tavolino a casa sua - che è più grande della mia 5 volte -, il mio personaggio, come quello di Cateno in 'Ti amo in tutte le lingue del mondo', cerco di farlo un po' mio, sul testo c'è da far poco. Molte cose vengono sul set, se dico 'potremmo dire così' si fa, invece se dico 'potrei' la risposta è no. Il set è divertente e stimolante sempre".
"Da sempre c'è voglia di ridere - ribatte l'attore-regista -, Zalone è bravissimo, doveva fare una parte nel mio film, però doveva fare il suo per Medusa, mi piace tantissimo. 'Lo Hobbit' (in uscita contemporaneamente ndr.) lo si teme tutti, perché piace a bambini e grandi perché è brutto e fa paura, perciò noi chiamiamo Lo Ceccherini".
"Io faccio il pendolare perché vivo a Orlando e lavoro in Italia - confessa Marco Marzocca (che è Esposito, uno dei colleghi ndr.), non è importante, l'ho invitato a venirmi a trovare, così andiamo insieme sulle giostre insieme - scherza con Ceccherini e gli altri -; sono felice di aver fatto il film perché lo conosco da tantissimo ma non c'è mai stata l'occasione, e gli ho detto sì immediatamente. Sul set è una gioia, è una persona allegra, contenta e gioiosa della vita, è la verità. E' regista, attore e ha scritto parzialmente la storia. La cosa importante e che non riesce mai ad avere un'incazzatura".
"Paolo fino all'ultimo si dissocia della battuta, quando arrivano i genitori di Camilla, 'stavo guardando la chiappa per vedere fosse adatta alla tavola del cesso' -, anticipa Pieraccioni, l'intervento di Genovese: "L'ho miacciato - dice -, di solito scrivo da solo e altre volte no. Leonardo in realtà il film te lo recita, non solo il suo personaggio, ma imitando alla perfezione tutti gli altri, faceva l'intera scena. Panariello lo fa benissimo, fin quando ha fatto la scena della Mastalli (quella in discussione ndr.). Tanto che gli ho detto 'ti basterebbe una dattilografa'. E' stata un'esperienza nuova".
"Il film lo dedicherei anche a Carlo Monni", riprende Ceccherini, e tutti concordano.
"Sono preoccupato perché se Renzi continua a fare il mestiere nostro, fa piazza pulita - riprende ancora l'attore-regista -. Ha delle belleità, mi ricorda qualcun altro, anzi è tale e quale. E' preoccupante perché è un ragazzo che le sa fare tutte, però faccia quello per cui sente di fare meglio. Si potrebbe fare una coppia lui sarebbe il comico e io la spalla".
"E' un ragazzo umile" aggiunge ironicamente Panariello.
"Mi è piacciuto fin da 'I Laureati' non fare solo un film toscano per i toscani. Tutti i dialetti mi fan morire dal ridere; qui ci sono i due romani perché nelle banche gli impiegati son sempre di un'altra città. Fare un film non è una scienza esatta delle comunicazioni, ma non c'è tanto nord nei miei, lo studente di medicina parla bolognese come io l'inglese. Anche negli altri paesi le parlate più fantastiche vengono applicate alla comicità. Io ho già usato il napoletano e il siciliano stretti".
"Iacchetti voleva la scultura di Marco Lodola - spiega sui camei -, è un grande frequentatore di twitter e facebook, l'ho conosciuto finalmente su twitter: mi puoi mettere nel film se mi fai vedere l'opera di Lodola, poi faccio una cosa per ridere, e chi meglio di lui per fare un prete blasfemo. Lui ha detto 'in quel modo mi diverto come un matto'. Alessandro Benvenuti perché ho iniziato con lui, un modo per vederci insieme. Mi aveva chiamano per 'Caino e Caino', per il ruolo che poi ha fatto Montesano, dopo ho fatto una parte in un altro suo film per Cecchi Gori, 'Zitti e Mosca'."
"Martedì a Firenze ci sarà l'anteprima del film e mercoledì ad Arezzo - dove è stato girato interamente -, un posto meraviglioso, tra poggio e buche; vi ho girato tutte le inquadrature, tutte belle (Fazio l'altra sera le ha definito metafisiche). La conoscevo parzialmente, da quando andavo a fare teatro e per il mercatino dell'antiquariato, ma non ero mai stato un'intera settimana. Ho scoperto una città meravigliosa".
"Credo che il razzismo sia becero, una cosa infima e assumeva un tono ipergrottesco del personaggio, perciò un signorone come lui (che non vuole il fidanzato della figlia perché 'scuro' di pelle ndr.) è di Perugia - prosegue il regista e aggiunge sui giovani coprotagonisti -. E' difficile essere belli e bravi come loro. David Sef, Giuseppe Maggio (nel film Marco ndr.), invece, è bellissimo e allupatissimo, non gli dovete chiedere più di tanto, la sua preoccupazione ad Arezzo non era tanto studiare, ma con chi andare la sera, ha istigato anche una 'laison' sul set, perché le femmine di Arezzo erano finite. Marianna Di Martino ha avuto due o tre chance, anche con Harvey Keitel, ha studiato in una scuola americana. E faceva scendere la lacrima destra proprio nel momento giusto, Ceccherini, invece, legge solo la sua battuta e non sa mai niente".
"Sul tempismo della lacrima solo Ceccherini può competere - ribatte la Di Martino -, grazie all'unico aneddotto divertente ho potuto girare nel film un ruolo così, misurarmi con cose non affrontate nella vita. Il personaggio di Camilla è molto lontano da me. Il problema era la pancia (nel film è incinta ndr.). Mi sono presentata con un cuscino al provino, perché giravo allora in Puglia ('La Santa') e sono partita in treno fingendo di essere incinta. E' comodissimo perché la pancia - come dice mia madre - dà superpoteri, tutti diventano gentili e premurosi".
"Da quando facevo cabaret scrivo canzoncine - aggiunge Pieraccioni sul tema finale - e questa mi sembrava bellina, perché quando ti nasce un figliolo è un arcobaleno averlo tutti giorni per casa. Una risata mai sentito, perché ha tre anni. La musiche che può essere quella di seimila violini l'ha scritta Beppe Nati (autore per Mia Martini, Guccini, tra gli altri) e scritto l'ha fatta in 5 minuti. Sempre faccio mettere una canzoncina".
"E' stato un onore lavorare con voi - dice Serena Autieri che è Anita, la moglie -, sono orgogliosa di far parte del cast, e ho lavorato giovani molto bravi. Il messaggio che si manda è destinato a quelli che hanno il futuro davanti: di osare, di sperare nei loro sogni, sembra una frase fatta, ma i tempi sono quelli che sono. E' importantissimo".
"Ho fatto il magazzinieri a Roma prima di sbarcare il lunario - conclude Pieraccioni -, e una volta a Corso Francia, un 12 agosto, c'erano degli operai che rifacevano la strada. Vedo un camion parcheggiato in mezzo e gli operai che mangiavano un panino sotto, dopo questo mi son detto gli attori non possono mai dire 'Oh dio, sono stanco".
José de Arcangelo
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