lunedì 17 marzo 2014
"I fratelli Karamazov", una folgorante e travolgente rilettura sperimentale del dramma di Dostoevski firmata Petr Zelenka
Una nuova rilettura, sperimentale e travolgente, dei "Fratelli Karamazov" firmata dal regista e drammaturgo ceco Petr Zelenka - tradotto, rappresentato e riconosciuto in tutta Europa -, e interpretata dai più importanti attori teatrali di Praga, Varsavia e Cracovia, in sala dal 27 marzo.
Approdati in Polonia in una calda giornata estiva, un gruppo di attori viaggia verso una vecchiai acciaieria, sono membri di un teatro di Praga, giunti per provare lo spettacolo che si terrà l'indomani. Uniche creature viventi rimasti nell'enorme capannone sono alcuni operai. All'inizio prestano poca attenzione agli attori, preoccupati per una tragedia accaduta il giorno prima: il figlio di un manovale è caduto da una passerella e si è rotto la spina dorsale.
Tra le rovine dei macchinari e vecchie cianfrusaglie, le prove dei 'Karmazov' di Fedor Dostoevski hanno inizio e per tutto il tempo il mondo reale resta ai margini della rappresentazione, finché gli echi della tradedia che stanno vivendo gli operai risuonano all'interno della performance...
"Sublimando l'arte attraverso la tragedia, si avvince che la bellezza salverà il mondo, ma è piuttosto forte finire con un messaggio distruttivo, senza concessione alla speranza".
Infatti, il film diventa metafora esistenziale universale, dove realtà e rappresentazione finiscono per incrociarsi e confondersi attraverso la famiglia, specchio distorto della società, e sui conflitti interiori dell'uomo e della comunità, divisa spesso tra fede e dovere, amore e morte.
"Durante questa esperienza mi sono interessato al tema della responsabilità intellettuale - dice Zelenka -. Cosa accade quando qualcuno uccide una persona in nome degli ideali che abbiamo costruito? Siamo noi i responsabili? Per dirla in parole più semplice una persona intelligente è colpevole del corportamento di un idiota?".
"Le interpretazioni sono diverse - esordisce poi alla presentazione alla Casa del Cinema di Roma -, l'autore potrebbe essersi ispirato proprio al suicidio, io invece sono affascinato dall'avvicinamento del teatro alla vita, come quando l'attore dal backstage va in scena; è molto difficile da spiegare, l'attore esce e diventa un'altra persona; in questo caso, invece, lo spettatore diventa parte dello spettacolo e, forse, è più forte perché non era neanche cosciente. Ma di interpretazioni intellettuali potremmo averne altre".
"E' un omaggio verso attori con i quali si fa, da 12 anni, questo spettacolo e perciò ho mantenuto quasi tutti, che più o meno lo recitano in un teatro piccolo di 120 posti, e penso meritino una grandissima ammirazione. E' un paradosso aver ricevuto moltissimi premi al miglior film, mentre gli attori non hanno avuto nessun riconoscimento".
Ora, in Italia, il film è in lizza per il David di Donatello al miglior film straniero.
"Gli attori sono un po' come bambini - prosegue il regista -, è difficile mettersi d'accordo con loro, i grandi sono baciati da Dio e possono rappresentare personaggi importanti, forse, un attore non tanto intelligente riesce a recitare un personaggio più intelligente, e può cominciare a credere in Dio, perché altrimenti non è proprio possibile, visto che non erano sicuri di che film si trattasse, però bisogna congratularsi con loro. Rispetto agli attori il mio è un rapporto di odio-amore, d'ammirazione-disprezzo. Gli attori sono fragili, anche stupidi, ma ci sono stati attori eccelsi, il mio è un omaggio ad attori immensi".
"Preferisco il teatro al cinema, e ultimamente faccio solo teatro, anche il processo è molto più facile, un testo teatrale lo traduco io stesso e lo posso portare in altri paesi; vendere un film è molto più difficile, ma le riprese sono adrenalina pura. Ho studiato e visto 'Vanja sulla 14° Strada' di Louis Malle; e mi sono molto ispirato, credo che questo tipo di film possa ispirare altri film".
"L'Italia è un'anomalia - dichiara sulla tardiva uscita, voluta assolutamente voluta da Distribuzione Indipendente -, ho lavorato con un produttore particolare, tant'è che il film non è stato proiettato in altri paesi (è del 2008 ndr.), tranne la Polonia (che è coproduttrice ndr.), mentre al contrario un film deve essere un mezzo d'espressione internazionale. Ho avuto una serie di contratti con dei distributori giapponesi, ungheresi e di altri paesi, ma lui non ha mai firmato nessuno. Un peccato che non sia uscito da nessuna parte, ora esce almeno in Italia, l'hanno convinto perché non voleva oltre due pagine (tradotte) di contratto, e perché lo volevamo a tutti i costi".
Infatti, il film esce nei cinema italiani in versione originale con sottotitoli in italiano, a sei anni dalla candidatura agli Oscar per la Repubblica Ceca.
"I titoli di coda sono lunghi come quelli di 'Star Wars' - dichiara Giovanni Costantino di Distribuzione Indipendente -, perché abbiamo dovuto mettere questi titoli 'comprensibili', prima originali poi tradotti, per una serie di regolamenti burocratici; è un po' come dover giustificare di non aver fatto del male a un gatto di plastilina, perché seguono una loro logica, e noi siamo ammanettati dalla burocrazia, tanto che il visto di censura lo ritiriamo non prima del 20 marzo".
"Mi piacciono le discussioni italiane perché sono molto sentite, a me ispira un teatro più artistico, un film più particolare, e questo è un pericolo perché destinato agli adulti, ma oggi il cinema è solo per i bambini, o almeno quello è il sogno ideale di un distributore americano, visto che le persone non vanno più al cinema perché non è intellettualmente interessante".
"Ci sono dietro almeno sei adattamenti teatrali di 'Karamazov', originariamente era degli anni Settanta, firmata da Adam Schorm (sceneggiatore della 'Nova Ulna' cecoslovacca ndr.), che negli anni '70 non poteva poteva più lavorare al cinema, ma gli 'permettevano' di fare teatro, considerato meno pericoloso. Lui in questo adattamento ha messo qualcosa di se stesso, sulla persona che non può creare liberamente. Il testo è stato ripreso vent'anni dopo dal teatro Devicza e, di nuovo, è stato leggermente cambiato, e io ancora nuovamente l'ho leggermente ricambiato; al tempo stesso il film è più breve, tanto che arrivato in Russia si chiedevano 'come mai non c'è il grande inquisitore?' Noi ci concentriamo sulla storia della famiglia, scelta che ha fatto Schorm a suo tempo. La società ceca non è che non creda in Dio ma è incerta, parlarne è sempre molto pericoloso, perciò siamo costretti a farlo in maniera un po' ironica; non accetta la discussione importante riguardo l'esistenza di Dio. Il testo ha l'aspetto che ha perché è nato lì. E' un lavoro lungo, durato vari decenni e questo è il risultato, io sono solo una piccola parte".
"Sono emozionato, ho avuto una potente sensazione - dice Fabrizio Berrutti, dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Roma -, il film ha una potenza spaventosa che mi ha colpito, e la prima cosa che farò è riprendere 'I Karamazov'. Credo sia importante promuovere film belli, diversi, che questa sia una strada da perseguire assolutamente, come l'insistenza nel voler proporre film in lingua originale con sottotitoli. Altrimenti questo film avrebbe perso la metà. La nostra ricerca nel territorio per accogliere forme, modi e luoghi diversi dove proporre e ospitare film, come qui alla Casa del Cinema, in avvenire".
"Nel terzo anno di vita, non era mai accaduto che l'Assessorato alla Cultura si interessasi a noi - ribatte Costantino -, e l'ambiasciatore della Repubblica Ceca (presente anche lui alla presentazione ndr.), che è stato lieto di darci l'opportunità di ospitare il regista, forse, non vi ho detto che è uno dei più importanti registi di teatro e cinema in Repubblica Ceca, e ora sappiamo perché i suoi film non sono rappresentati all'estero".
"Mi dispiace un po' per quello che non può tradursi - conclude Zelenka -, ma dobbiamo essere contenti per quello che si riesce a tradurre; ma penso che in Italia si perderà molto poco, e dovete ringraziare i distributori".
Il bel cast: Ivan Trojan, Igor Chmela, Martin Mysicka, David Novotny, Radek Holub, Lenka Krobotova.
José de Arcangelo
(4 stelle su 5)
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