venerdì 14 marzo 2014
"Supercondriaco - Ridere fa bene alla salute", scritto, diretto e interpretato da Dany Boon, funziona molto meglio del precedente
Reduce dello straordinario successo di "Giù al Nord" e "Niente da dichiarare", ma non di "Un piano perfetto", diretto da Pascal Chaumeil, da lui solo interpretato, Dany Boon ritorna anche dietro la macchina da presa con "Supercondriaco - Riderre fa bene alla salute", di cui è protagonista, assecondato dalla 'spalla' Kad Merad ("Giù al nord") e dalla camaleontica Alice Pol, notata da noi proprio nel film precedente.
Scritta e sceneggiata (inclusi i dialoghi) dallo stesso Boon, stavolta la commedia funziona molto meglio e il terzetto protagonista è ben affiatato, peccato che nella seconda parte sposi la parodia degli ex paesi dell'Est, facendo man bassa di stereotipi e luoghi comuni, sfruttando anche il mix di azione e sentimenti, però trascurando quasi totalmente la 'superipocondria' del protagonista che sembra aver trovato una cura proprio nel vero amore e con una superdose di adrenalina.
Comunque si tratta di uno spettacolo più che gradevole e divertente, al di sopra della media e che - quasi sicuramente - nella prima parte ha perso d'efficacia nella traduzione dei dialoghi, un compito che diventa difficilissimo quando si tratta di tradurre e doppiare battute comiche.
L'ormai quarantenne Romain Fauber (Dany Boon) non è ancora sposato né ha figli. Fa il fotografo per un dizionario medico online, ma è vittima di un'incurabile ipocondria che segna la sua esistenza da troppo tempo, facendo di lui un nevrotico continuamente in preda all'ansia e alla paura.
Il suo unico vero amico - almeno così crede lui - è il suo medico curante, Dimitri Zvenka (Kad Merad), che ha deciso di prendersi a cuore il suo caso senza pensare alle catastrofiche 'conseguenze'. Dopo l'ennesima ecatombe provocata dal paziente alla sua festa di Capodanno, Zvenka si autoconvince di aver trovato il rimedio che lo libererà per sempre, ma senza traumi, da Romain Faubert: lo aiuterà a trovare la donna della sua vita e per questo lo invita ancora alle feste, lo fa iscrivere ad un sito internet di incontri, lo costringe a fare sport, lo consiglia e gli spiega come comportarsi con le donne, e soprattutto come conquistarle.
Ma trovare la donna giusta si rivela una missione quasi impossibile, almeno fin quando Romain non incontra Anna, sorella del medico, che per lui diventerà una sorta di 'principessa azzurra'. Infatti, per salvare Romain - scambiato e diventato Anton Miroslav - la donna e l'amico si recheranno fino l'immaginario Tcherkistan, paese d'origine della loro famiglia in piena rivoluzione.
Il tema che dà il titolo è molto ben rappresentato e il perché ce lo spiega lo stesso Boon: "L'argomento dell'ipocondria mi tocca molto da vicino. Ormai sono una persona adulta, responsabile delle mie azioni e delle mie nevroisi, e devo ammettere di essere molto angosciato dalle malattie, come tanti altri artisti d'altronde (l'ha confessato anche Ozpetek ndr.). Mi basta percepire il minimo sintomo che mi convinco di essere gravissimo, o addirittura in stato terminale. Se ho la febbre a 38°5, mi sento praticamente in punto di morte! Per questo motivo, sento spesso il mio medico di base. Si chiama Roland, e lo vediamo spesso nel film. Ormai, dopo vent'anni, è diventato un amico. Conosco a memoria il numero di telefono del suo studio, ho anche quello di casa, perché so che tiene il telefono sul comodinao anche di notte" Dopo aver rimpianto parecchio di avermelo dato..."
E sul suo lavoro, ovviamente ispirato alle commedie anni '70-'80 di Francis Veber, l'autore afferma: "è il mio film da regista senz'altro più riuscito. Potrei dire che anche per me è arrivato il famoso momento del 'film della maturità' Volevo riuscire a trascinare il protagonista in situazioni che lo obbligano a trasformarsi. Questa trasformazione implica esplorare generi cinematografici diversi. Non è stata un'operazione facile. Ci sono voluti mesi per cercare la motivazione che spinge Miroslav a tornare nel suo paese d'origine per salvare Romain, e dovevo immaginare pure un incontro credibile tra i due. Per le sequenze più spettacolari, abbiamo lavorato molto a monte, a livello di sceneggiatura. Nella sequenze dell'attacco alla prigione, ad esempio, dovevamo stare attenti a non inquadrare la porta sotto la parete da scalare! Tutte le riprese fatte in Ungheria hanno richiesto mesi e mesi di ricerche anche a livello di casting, perché volevo delle 'facce slave'..."
Nel cast anche Jean-Yves Berteloot (il vero Anton Miroslav), attivo anche a Hollywood, da "Il Codice Da Vinci" di Ron Howard a "Hereafter" di Clint Eastwood; Marthe Villalonga, Valérie Bonneton, Bruno Lochet, Jérome Commandeur, Jonathan Cohen e Judith El Zein (Norah, la moglie di Zvenka, che abbiamo vista in "Cena tra amici" di Alexandre de la Patellière e Mathieu Delaporte, sempre sulla scia del maestro artigiano Veber.
José de Arcangelo
(2 1/2 stelle su 5)
Nelle sale dal 13 marzo distribuito da Eagle Pictures
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