lunedì 17 marzo 2014

"The Special Need", un documentario di Carlo Zoratti vissuto e condotto 'on the road' da Enea

Un documentario che in realtà non lo è, anzi è un pezzo di vita, sul tema di fondo sessualità e disabilità, anche se parla soprattutto d'amicizia e di rapporti, quelli che si stanno perdendo anche tra le persone cosiddette 'normali'. Questo è "The Special Need" di Carlo Zoratti, con Enea Gabino, Alex Nazzi e lo stesso Zoratti. Un viaggio insieme ad un trio eccezionale che da dramma esistenziale diventa pian piano commedia della vita, tra lacrime e sorrisi, scoperte e sorprese, entusiasmo e musica. "E' proprio l'amicizia che, in alcuni casi, ha disorientato il pubblico dei focus group - afferma il regista -, testando le reazioni al film, ho notato che spesso risultava 'strano' un rapporto come quello fra me, Alex ed Enea. Risultava 'strano' che un ragazzo autistico avesse attorno a sé non solo familiari e terapisti, ma degli amici, con tutte le dinamiche che l'amicizia comporta". "A quindici anni, quando ero a scuola, e frequentavo un istituto tecnico per diventare perito meccanico, eravamo tutti maschi e ci siamo detti 'dobbiamo andare a trovare ragazze dove non c'è concorrenza', e così abbiamo pensato 'andiamo in un istituto per disabili dove le volontarie sono sempre ragazze', e ho conosciuto la figlia della terapista, ma anche lui. Io ed Enea ci conosciamo d'allora, è il più simpatico, e abbiamo continuato a vederci. 'Sabato non faccio niente vieni a fare un giro con noi', poi a Capodanno, alla fine stavamo insieme. Mi diverto con Enea, e il motivo stesso che ci ha spinto a fare questo film è il divertgimento, per la disparità di opportunità dello stare con lui". "E' un po' la mosca bianca, una figura eccezionale, fino a 8 anni non usava una comunicazione verbale, di consueto la gente pensa all'autismo che costringe una persona a stare tutto il giorno davanti al muro a fa aaaah, invece, il lavoro che Enea ha fatto con le due mamma l'ha fatto crescere. Io dico che la madre lo ha fatto nascere e Carla, la terapista, rinascere, il suo caso non era classificato come sindrome, lei ha fatto degli esperimenti riuscendo a farlo diventare cos'ì, e grazie a lei è nata anche la nostra amicizia". "Vivo il ruolo in modo un po' schizzofrenico, sono sempre stato diviso tra fare il film ed avere un rapporto, tra noi è nato un grande rapporto emotivo quasi come disturbo, volevo difenderlo di certe situazione, accettare che facesse esperienze, anche una sofferenza, certe volte volevamo andare a fermarlo, perché andava a parlare con le ragazze, ma sarebbe mancato un pezzo. Il livello di scrittura è molto semplice, un giorno che ho chiesto Enea se aveva ha una ragazza, anche durante il falo' di capod'anno, io non posso parlare coi vicini casa; ho bisogno di raccontare la mia storia, e abbiamo scelto assieme di trovare una soluzione. Enea aveva un percorso da eroe alla ricerca del Sacro Graal, perché andare a cercare la prostituta per strada non è per lui, cose libere cine la nascita del rapporto con Caterina, quando si è dichiarato a Francesca è stato proprio quando ho iniziato il film, quanto a problematiche ci sono, e poi era stata lei a fare delle avances a lui". "Enea non è un personaggio stabile, è cresciuto - dichiara la produttrice italiana Erica Barbiani -, è sempre più chiaro per lui esprimere voglia, desideri, esigenze, all'inizio protestava e si arrabbiava. Abbiamo deciso insieme al montatore tedesco (david Hartmann) di raccontare il film come percorso di crescita, e gli ultimi giorni Enea faceva la pasta con me manipolando delle cose". "Non ho visto 'The Sessions' volutamente - afferma l'autore -, per non lasciarmi influenzare né spaventare, poi quando l'ho visto, dopo aver finito il mio lavoro, l'ho trovato un film molto bello, e ho capito che sarei andato in confusione. Non l'avevo visto perché ero convinto che il desiderio di Enea fosse principalmente fisico, invece..."
"Ore ore e ore di girato anche sulle discussioni - prosegue -, mentre ne parliamo con la famiglia e la terapista, ma includerle sarebbe diventato di una snoia mortale. Prima credevo fossero elementi importanti, però sarebbe stato tutto ad una dimensione, non coinvolgente e, nel raccontare la storia, volevo lasciare il dubbio, perciò diamo la sensazione di star facendo qualcosa di non chiaro né giusta né sbagliata, esempio classico di schizzofrenia". "Alex (Nazzi, l'altro amico e co-protagonista ndr.) è un vicino casa di Enea, abita ad un chilometro da lui". "Vado al cinema con mio fratello Elia - dichiara lo stesso Enea -, fare il film è stata un'esperienza chi mi è piaciuta tantissimo, mi piace fare 'filmoni', ma la ragazza non l'ho trovata ancora, ci stiamo lavorando". "E' una coproduzione con la Germania, Carlo allora viveva a Berlino, e la Germania era fondamentale come meta dove cercare qualcosa che in Italia non c'è. Conosco Carlo da una decina di anni, e quando mi disse che aveva bisogno di una produzione, ho pensato al fondo della Venezia Giulia Film Commission, alla Rai (Rai Tre / Doc3 ndr.) che lo manderà in onda in autunno. L'uscita nelle sale italiane l'abbiamo decisa puntando sul 1° e 2 aprile, Giornata mondiale dell'autismo, visto che viene dai circuiti dei festival internazionali, anche quelli dedicati ai diritti umani.. All'Anteo di Milano, saranno proprio Carlo ed Enea a presentarlo. Abbiamo 50 sale in tutto, speriamo che questo circuito lo faccia conoscere e rimanga in sala il più possibile, e sul territorio anche come materiale di lavoro per conferenze e incontri. In Germania uscirà quest'estate e ha già vinto un premio". "E sul sito film c'è la mappa con tutte sale d'Italia in cui verrà proiettato, distribuito dalla Tucker, gli stessi di 'Zoran, mio nipote scemo'", aggiunge il regista.. "Mi è capitato di chiederle dei favori che non interessano una produttrice - ribatte Zoratti -, noi le dicevamo 'Wendy guarda che arriviamo', e lei rispondeva accogliendoci in casa, sono cose che il produttore tedesco non è riuscito a dare, Erica è riuscita a creare e a difendere un'atmosfera che solo una donna può fare, come avere 10 persone in casa e, dato che avevamo un budget piccolo ma dignitoso, abbiamo deciso di investire nella qualità, e lei è contenta di aver cucinato per tutti anziché spendere dei soldi". "Sono autodidatta - confessa il regista - è il primo film che ho fatto, non ho studiato cinema, ma ho deciso di fare questo film. Adesso rispetto all'esperienza naif che ho fatto, devo confrontarmi con delle persone che sanno più di me, ho la sensazione di essere inadeguato, spero nella spontaneità e nella volontà di raccontare qualcosa che ho conosciuto, e l'ho fatto pensando di lavorarci finché qualcuno non mi avesse abattuto".
"Il film è cresciuto nella sua testa in un arco di quattro anni", prosegue la produttrice. "Mi ero preso un anno sabatico, e l'ho passato vivendo dei miei risparmi a Milano, e cercando di capire cosa volevo fare della mia vita. Proprio allora mi sono incontrato con Enea (alla fermata dell'autobus, in via Trieste), era il 2009, poi ho parlato con i suoi genitori, la terapista ecc. Due anni li ho dedicati allo sviluppo, per capire me stesso e come era cresciuto Enea, per leggere, girando per quattro capitali europee, mentre mio padre chiedeva che cosa intedesse fare. Però poi, quando l'ha visto mentre eravamo al montaggio del sonoro - visto che lui voleva che seguissi le sue orme nelle ferrovie e io gli facevo sempre di no con la testa - ha detto che era un buon film". "Abbiamo girato in diversi periodi di riprese, saranno stati in tutto una settimana e 4 giorni, poi sono stato alla Berlinale in campus, e il montaggio l'ho fatto, tra una sezione e l'altra. All'inizio il linguaggio non mi piaceva, perché Enea cercava sempre me, si girava, parlava in camera; non mi piaceva perché sembrava una cosa giornalistica, e ne parlavo col direttore della fotografia. Alla fine ho deciso e sono andato anch'io davanti alla telecamera, con più fatica che piacere, e una grossa responsabilità per il direttore della fotografia, perché dovevo raccontare cosa doveva succedere quel giorno e dirgli cosa avrei fatto, ma ogni tanto Enea faceva quello che voleva lui, per fortuna. Poi vedevamo il materiale girato e ne discutevamo ancora, alla fine avevamo materiale per montare non 3 ma 5 film, però dovevo mantenere il legame tra loro. Dopo aver girato la scena finale, a fianco me, piangevano il direttore della fotografia, dietro di noi anche il fonico disteso sul sedile, è un rapporto che ho difeso e lasciato crescere. A loro ho impedito di guardarla, quella scheda duplicata l'ha vista il montatore tedesco e, a quel punto, anche lui piangeva, è stata una sua scelta metterla alla fine". Bisogna confessare che anche noi ci siamo emozione e commossi, e non solo sul ginale.
"Gran parte dell'investimento viene dal Fondo audivisivo FVG, un budget, una strategia e una visione destinati nell'investire nei film e nella formazione; il nostro è un film europeo doc, ed essendo una coproduzione con la Germania (Filmforderung Hamburg Schlweswig Holstein DFFF - Deutscher Film - und Fernsehfond Cinestyria, Media) avevo tutti gli strumenti necessari per l'evoluzione del progetto, a parte una sinergia tra le persone. Con Carlo abbiamo frequentato gli stessi corsi, partnership, Eurodoc prenderebbe due, uno dei due è fruilano. E' successo una cosa molto simile per registi, come Fasulo per 'Zoran', agli inizi, anche se la Film Commissioni il primissimo lavoro l'ha fatto su 'Tir'". "La mamma di Alberto Fasullo ha un ostello vicino al fiume Tagliamento dove ci troviamo per serate in cui discutere dei nostri progetti, uniti ai litri di vino, dove si crea un'atmosfera di grande surrealtà, tant'è che mi sono commosso sentendo la fase produttiva di 'Tir'. Lì ti senti molto meno solo, condividiamo le stesse fatiche, ho visto nascere 'Zoran' come personaggio, Matteo dai il numero di quello, magari si offende, chiamalo, forse tanta semplicità". "Siamo un po' come un gruppo di alcolisti anonimi, forse isolati, studiato interattività, venendo questa formazione, per la scelta delle musiche mi sono basato sulle reazioni, volevo che gli ambienti producessero delle emozioni, e abbiamo scelto la musica prima del film. Ho fatto uno script di 24 scene, le immaginavo indicando le atmosfere e più o meno le musiche, poi ho chiesto una playlist anche ad Enea e Alex, ho scelto le musiche che m'interessavano, e ho composto una sorta di album. Poi, visto che non avremo mai potuto pagare i diritti d'autore su quei pezzi, ho tolto tutti i cd dalla macchina e ho fatto fare tutte le musiche adatte ad Dario Moroldo. Quella che è diventata una sorta di tema avevo provato a toglierla ma Enea non ha voluto, così siamo stati costretti a sentire la ripetizione durante tutto il viaggio, tant'è che ad un certo punto dovevamo saltare la traccia 14 e non si sentiva più, ma Enea l'aveva memorizzata e alla fine la canta lui, è stata una rivelazione inaspettata". "Enea spero di trovare una bella ragazza, forse ora la troverò", chiosa Enea.
"Quando andavo a dormire da mio cugino e i miei zii mi lasciavano fare quello che volevo - conclude il regista sull'arriva alla meta - e che i miei genitori mi proibivano, mi sono sentito così in Germania, so che mio padre non cambierà mai. La possibilità di esplorare il sesso, la sessualità in un bordello, per Enea è impossibile perché in Italia è considerato alla stregua di minore anche se si tratta di volontariato e lui è un trentenne; infatti, se qualcuno decidesse di farlo verrebbe accusato di circospezione di incapace, ma il problema è molto più complesso. Si poteva fare la denuncia di tante incongruenze nelle istituzioni del nostro paese, ma ci siamo attenuti alla sua necessità, noi proiettiamo le nostre stereotipie su un disabile, verso le altre persone, nel centro di Trento non ci sono assistente sessuali né maschi né femmine, mai entrati li. La nostra capacità di aiutare Enea, mai parlare a nome di Enea, a patto che a chiedere sia lui stesso, perché c'è sempre il rischio di proiettare su queste persone desideri di altri, una complessità che non avevo considerato". "Non si tratta di fare sesso - chiude -, loro non esprimono quel desiderio di farlo, hanno anche paura, mentre in un posto come quello viene affrontato da persone adatte in cui sono presenti altre con tutta una gamma di sensazioni pudiche, per farle maturare, sentire bene, a loro agio, tutte emozioni da noi testimoniate". José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale il 1° e 2 aprile distribuito da Tucker Film

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