venerdì 14 marzo 2014

Una 'grande famiglia' romana immersa nel caos quotidiano della metropoli in "Noi 4", seconda regia dello sceneggiatore Francesco Bruni

"Noi quattro" di Francesco Bruni, non è una commedia né un dramma, ma un piacevole mix, non comico e nemmeno strettamente sentimentale, anzi una vera 'commedia' che parla soprattutto di sentimenti e di rapporti familiari, magari con la leggerezza dell'umorismo quotidiani e qualche caduta nella retorica, però raccontata molto 'realisticamente', nonostante qualcuno lo accusi di 'buonismo'.
"Il mio orizzonte di narratore è molto limitato - esordisce Bruni -, io non vado oltre quello che ho intorno, l'ispirazione viene dalle persone che ho vicino, ora ho cambiato quartiere (da Monti a Trastevere) chissà cosa succederà poi. Quello che succedeva nella famiglia di 'Scialla' (la sua opera prima da regista ndr.), in qualche modo si riallaccia a questa, ma si trattava dell'assegnazione di un ruolo che non c'era più, perché qui i genitori sono due. Forse, è dovuto al fatto che sono invecchiato. Ho voluto degli attori bravi, inutile dirlo, per restituire un'immagine verosimile e credibile delle famiglie che frequento e ho intorno, che potessero guardare proprio una famiglia vera. Ho pensato subito a Fabrizio (Gifuni) e Ksenia (Rappoport) che avevo già contattato, e poi a Checco (Francesco Bracci Testasecca) che conoscevo già, perché figlio di amici".
"Ho avuto una grande fortuna - ribatte Gifuni -, un regalo, aver potuto fare prima 'Il capitale umano' e poi 'Noi 4', due personaggi nati dalla stessa penna ma ai due poli estremi, uno capace di sostenere ogni situazione, l'altro che svicola la tensione, ed era da tanti anni che aspettavo con impazienza una commedia. Nella casella in cui il cinema italiano si cimenta tra dramma, comico, storico finisce per incasellare anche noi attori. Mi sono divertito a fare un cialtrone il cui maggior pregio, e nello stesso tempo il maggior difetto, è alleggerire e scaricare le tensioni e le nevrosi che tutti abbiamo quotidianamente, in un deficit di responsabilità. Sono molto grato a Francesco per questa possibilità - ero stato un cialtrone padovano nella 'Bruttina stagionata', tanto tempo fa - di fare due personaggi così diversi uno dopo l'altro, è stato davvero bello".
"La sceneggiatura mi è piaciuta moltissimo - dice la Rappoport -, noi donne, tutte, abbiamo gli stessi problemi: se lavori e hai figli devi andare avanti con tutti i problemi e i casini, siamo simili ovunque, il problema era la lingua, perché stavolta il film era scritto in romanesco, e Lara dice tante parolacce, 'porca sozza' l'ho imparato e mi è piaciuto. Nonostante questo mio problema con una lingua non mia, mi sono trovata benissimo perché ho avuto grandissimi partner sul set". "Per me è stata un'esperienza molto importante - dichiara Lucrezia Guidone che è Emma, la figlia maggiore -, il mio primo film, ogni giorno avevo qualcosa da imparare da compagni di viaggio generosi, Francesco ha la capacità di mettere gli attori in armonia intorno al set, crea rapporti reali e belli che si trasferiscono nell'energia del film. Poi ho avuto la possibilità di girare al teatro Valle, è stata una settimana bellissima perché ho fatto i miei primi passi in teatro. Un ambiente accogliente in cui mi sono tranquilizzata perché è un posto che rappresenta un simbolo. Sono felice di un personaggio che ha contatti con la passione, la cultura e i valori".
"E' la mia prima esperienza nel cinema - dice il giovanissimo Bracci Testasecca -, da un giorno all'altro, Francesco ha chiamato mia madre per un provino e sono stato scaraventato nel mondo del cinema. Si era creata una bellissima atmosfera, sono stati tutti gentilissimi con me, anche la troupe, e ho trovato un personaggio che ha delle cose in comune con me e la mia famiglia perché mia madre lavora tantissimo, mio padre è un po' così, fa lo scrittore un po' fallito". "Ksenia è venuta da me e disse 'Questo ragazzino è un cane' - ribatte il regista -, spiegandomi poi che in Russia significa che recita con assoluta naturalezza". "Perché cani e gatti fanno vedere come sono falsi gli attori - chiarisce l'attrice -, e Checco ha fatto questo con me".
"E' amico di mia figlia, ma è diventato un intellettuale insopportabile - afferma l'autore - mi porta dei libri da leggere, critica tutti i film. Ho seguito la lezione di Suso Cecchi D'Amico di cercare 'il positivo nel negativo e anche il negativo nel positivo', nei caratteri dei protagonista: lui è un cialtrone irresponsabile ma anche adorabile; lei nevrotica, forte, coraggiosa; il figlio saggio e determinato, la figlia ribelle, tempestosa e idealista. Ma sono diversi a seconda di chi hanno di fronte, in un caleidoscopio di rapporti, Emma col padre è complice, col fratello amorevole e protettiva. Io li amo tutti e quattro moltissimo, ho ricomposto delle anime distratte. Credo che sia un evento epocale, l'infantilismo degli uomini è diventato una sorta di sana ironia, visto che si guarda la partita sul pc addirittura in Parlamento; c'è nel maschio italiano irresponsabilità e mancanza d'impegno, fatto un sondaggio tra 25 amici e tutti hanno detto 'vorrei essere come Ettore, vivere come lui'. E lo sono soprattutto in Italia, forse è dovuto alla mancanza di fiducia, il tirarsi fuori dalla competizione. Ho lavorato sempre sulla coppia, non vedevo nel cinema italiano un tipo di familia borghese progressista, metropolitana, credo che l'unica l'abbia fatto e stia per fare nel suo nuovo film sia l'Archibugi. Mi sembrava un buco grande nella nostra narrativa, che non ci fosse spazio per persone 'normali', quasi una chimera. Una fetta molto cospicua dei film italiani siano su persone marginali o straricche in vacanza a Cortina. Invece ho creduto ci potesse essere un pubblico per personaggi così".
"Volevo raccontare Roma come la vivo io - prosegue -, Ettore prende il motorino e porta il bambino a scuola. E' una grande città che ti regala 'la grande bellezza' e 'la grande bruttezza', dove sei spesso sotto stress; è una dimensione di Roma che non avevo visto raccontata molto, e per farlo ho messo gli attori in mezzo al casino, le persone che si vedono non sono comparse, per il fonico è stato un lavoro pazzesco, siamo andati persino alla stazione per dare un sapore di verità e cogliere il gran casino di questa città". "Vede la città, la famiglia, descrive i sentimenti - afferma Paolo Del Brocco di Rai Cinema -, è questa l'esigenza del cinema, e gli faccio i complimenti perché lui ci si confronta molto, ha rispettato le idee su vari livelli, sui contenuti anche commerciali. E lega il filo a 'Scialla', ma è anche diverso, molto ben riuscito, anche perché non è facile fare un film in mezzo a Roma. Un giorno nella città caotica".
"C'è stato un rapporto molto intenso sia con Paolo sia con Beppe (Caschetto, il produttore ndr.) - aggiunge il regista - perché il film ha una struttura molto complessa, e ho scelto di raccontarlo da quattro punti di vista diversi, e li devo ringraziare perché sono stati con me anche al montaggio, per risolvere i problemi che il film aveva e non ha più, sono felice che i produttori mi dicano qualcosa, che cosa pensano del film. Io devo rubare dal vero, e poi lavoro sul mix, la presa diretta è stata accidentata perché volevo che i rumori della città entrassero a far parte della colonna sonora. Un equilibrio molto difficile, anche per la luce abbacinante, la prevalenza dei bianchi, e abbiamo girato a giugno dell'anno scorso che pioveva tutti pomeriggi". "Mi piace lasciare l'interpretazione a chi vede il film - conclude -, ho un'idea riguardo quello che succederà ai personaggi, nel momento successivo. La scoperta dell'amore tra due persone, ci vuoi buttare sopra quello che vuoi, ma non si spegnerà mai; lo stesso vale per i figli. In 'Scialla' sapeva di avere un padre e una madre, però bisogna che imparino a rispettarsi, a volersi bene, a capire che ci sono gli altri".
"E' fatale che in ogni personaggio sia contenuta una parte piccola o grande di te stesso che metti in campo - ribatte Gifuni -, altrimenti sarebbe impossibile mettere alcunché; andare a ficcare il naso, ma si può vivere benissimo anche non mettendolo. Cosa ho in comune col persoanggio? I primi punti da cui parto, poi si crea con l'immaginazione, un'arma di cui dobbiamo essere dotati, a teatro mi è capitato e l'ho fatto, ci sono cose pensate, volute, ideate. Il lavoro d'interpretazione finale è più complesso e dipende dal regista di cinema. Mi diverte il gioco puro dell'interpretazione, non hai la responsabilitùà della grande struttura, un racconto in cui potevo entrare con tutta l'infanzia. Francesco ha uno sguardo, un punto di vista molto preciso anche sul set, e la capacità di aprire le maglie agli attori perché si muovano assecondando la propria natura".
"Riguardo il Valle occupato - chiude Bruni - non ho un'idea precisa di cosa sta succedendo, quello che mi ha mosso è stato il sentimento giusto e sacrosanto di impedire di lasciare il teatro ad una destinazione incerta, testimoniare di quel luogo di cui gli occupanti hanno cura e amore straordinari, che dormono sulle assi e nei palchetti, e ci stavano appresso perché non tocassimo nulla; se poi l'esperienza ha perso la forza propulsiva, sono rimasto favorevolmente impressionato e sorpreso che pensassero che lì dentro ci sono dei punkabestia facendosi le canne e spegnendo le cicche sulle poltrene".
In "Noi 4" recitano anche Raffaella Lebboroni (Nicoletta, la zia), Gianluca Gobbi (Roberto), la piccola Xiaolin (Giulia Li Zhu Ye, la compagna di scuola di Giacomo) e Milena Vukotic (Alberta). Il direttore della fotografia è Arnaldo Catinari, lo scenografo Roberto De Angelis, la costumista Maria Cristiana La Parola, il montatore Marco Spoletini e l'autore delle musiche Lele Marchitelli. José de Arcangelo

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