giovedì 10 luglio 2014
Da "La madre" di Grazia Deledda, un gelido dramma contemporaneo formalmente sorprendente, ma senz'anima, per una grande Carmen Maura
Un dramma contemporaneo liberamente ispirato al breve romanzo omonimo del Premio Nobel Grazia Deledda, “La madre” è l’opera prima dell’apprezzato attore e regista teatrale, Angelo Maresca, che approda nelle sale italiane dopo la partecipazione a diversi festival internazionali, tra Stati Uniti e Francia (da Palm Beach a Villerupt) e reduce dell’anteprima al recente Taormina Film Fest.
Sorprendente dal punto di vista formale e sostenuto da una grande interpretazione dell’attrice spagnola Carmen Maura (divenne famosa con i film di Almodovar, da “Cosa ho fatto per meritarmi questo” a “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, ma non solo), l’opera - sebbene racconti di rapporti e sentimenti, passioni e violenze – si rivela fredda, anzi gelida, tant’è che non riesce a coinvolgere e ad offrire vere emozioni allo spettatore.
Paolo (Stefano Dionisi), devoto sacerdote cattolico di un moderno quartiere romano, incontra la bellissima e sofisticata Agnese (Laura Baldi) e se ne innamora – ricambiato - perdutamente. La madre, Maddalena (Carmen Maura), tanto possessiva quanto morbosa, cerca con ogni mezzo di separarli, perché ‘l’intrusa’ rappresenta la tentazione distruttrice e maligna.
Diviso tra momenti di fede e abnegazione, ed altri in cui si lascia andare e rinnega tutto in nome dell’amore e della passione carnale, Paolo dovrà scegliere tra Agnese, la quale gli offre la possibilità di una nuova (vera) vita, e la madre che vive sulla sua pelle i tormenti del figlio e quelli del suo traumatico passato, costringendolo a rinunciare come era accaduto a lei.
Non è un caso che il film sia ambientato in un fantasmagorico Eur – già sconvolgente scenario per Michelangelo Antonioni e Dario Argento – ma, nonostante la bellezza delle immagini e l’azzeccato uso degli scenari, è proprio questa fredda ambientazione contemporanea a non essere del tutto adatta alla rilettura moderna di una storia rurale, provinciale, che un secolo fa rappresentava la mentalità e i sentimenti di un’Italia che, forse, non esiste più, men che meno in una grande metropoli.
“Le atmosfere e le suggestioni rarefatte della Deledda – dice Maresca nelle note di regia -, ambientate nella Sardegna dei primi del Novecento, mi hanno ispirato a cambiare l’ambientazione della storia, portandola ai giorni nostri in un luogo completamente metafisico. Ho ritenuto che una storia avvenuta nel lontano 1920, potesse essere più interessante collocarla in un futuro più prossimo ma non ben definito, vista l’attualità della tematica di cui parla la vicenda, ossia il dilemma (eterno ndr.) del confine tra il bene e il male, nel senso profondamente cristiano”.
Peccato che proprio l’atmosfera finisca per offuscare la riflessione morale e psicologica che sono alla base del romanzo – e con essa le emozioni -, vero contenuto della storia e del film. Resta comunque un dramma tecnicamente ineccepibile da gustare soprattutto visivamente, quasi come un fotoromanzo di lusso, anzi d’arte, bellissimo ma senz’anima.
Nel ristretto cast anche Luigi Maria Burruano nel ruolo di Don Quirico, uno dei ‘fantasmi’ del passato di Maddalena. E’, ovviamente, da segnalare la fotografia di Vittorio Omodei Zorini che rivisita e ricrea le architetture dell’Eur con maestria. Le musiche sono firmate di Francesco de Luca e Alessandro Forti.
José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5)
Nelle sale italiane dal 10 luglio distribuito da Microcinema
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