giovedì 2 ottobre 2014

"Perez." di Edoardo De Angelis fa rivivere il dramma noir di gusto francese in una Napoli inedita e fredda come l'acciaio, con Luca Zingaretti produttore e protagonista

Presentato, fuori concorso, al recente Festival di Venezia ecco un dramma noir non privo di fascino che prende come riferimento quello di una volta, dal gusto europeo, soprattutto il polar francese, dove l'ombra di Jean-Pierre Melville è sempre presente, anche quando l'autore, Edoardo De Angelis, non lo nomina; e con Luca Zingaretti protagonista, assecondato da Marco D'Amore, l'ormai popolare Ciro di "Gomorra - La serie". Il film, dal 2 ottobre al cinema in circa 200 copie distribuito da Medusa, gioca soprattutto sul bianco e nero dell'esistenza, sul bene e il male quotidiano, ma anche (e soprattutto) su psicologie e personaggi.
"La prima cosa è la bellezza del progetto - esordisce Luca Zingaretti produttore e protagonista nel ruolo di un avvocato d'ufficio deluso - alla presentazione romana alla Casa del Cinema -, visto che fin dalla prima paginetta mi ha detto voglio fare questa cosa con te. E' stato uno dei più grandi regali, la rinascita di un uomo che ricostruisce la sua vita, decide di tornare sulla terra, e abbandonare il lasciarsi andare, infatti, esce dal tunnel e riprende a decidere. Se c'era un film che io volevo fare come produttore è questo. D'autore, ma nello stesso tempo fatto per il pubblico, lascia inchiodato lo spettatore allo schermo, la pienezza di poter dire 'ah, che bel film', sia piaciuto o no, perché ci conviverai almeno per i prossimi tre giorni. Come coproduttore sono felicissimo".
"Un essere umano che riprende le leggi sociali, e a questo punto subentra 'mors tua vita mea', quando c'è uno scambio del suo codice etico, pensare a questo, uccide una persona per salvare i suoi cari. Mi piace anche la solitudine di Perez, in tutti i sensi, davanti al destino, alla vita; non ha molte chance, per difendere i propri cari, più dei cuccioli di quella nostra, passa dall'altra parte perché non c'è più bene e male, il bene è la sopravvivenza, il male la morte. Spero di non trovarmi mai in una situazione del genere, se alle leggi della sopravvivenza si sovrappongono altre la scelta è estrema". "Lui decide di riprendersi la propria identità" - chiosa De Angelis, anche sceneggiatore con Filippo Gravino.
"Cercavamo un linguaggio specifico per questo film - prosegue il regista -, un luogo caratterizzato di spazi molto ampi, non sporca né patinata, la tecnica non ci soddisfaceva tanto che abbiamo modificato l'attrezzatura per le ripresa, per metà elettronico metà meccanico, il direttore della fotografia è una sorta di piccolo mostro e ha creato l'estetica del Movie Flye. Inquadrature aerea con un drone, cercato distanziarci non nel modo di solito. La scoperta di un ambiente non è come sembra, all'inizio è quasi da cartolina poi veniamo risucchiati in un ambiente dal cuore freddo, in una città bollente (tutta vetro e metallo). Molto soddisfacente lavorare con loro, il modo in cui si approcciano al lavoro non umile, ma curioso della storia che, insieme a me, raccontano, capire l'umanità dei personaggi, senza idee precostituite, hanno reso grande il piccolo progetto che proponevo".
"All'inizio, quando lui non riesce mai a dormire - prosegue -, ho cercato ammorbidire (la fotografia ndr.) usando ottiche molto telate, per offrire allo spettatore il modo in cui il protagonista vede la vita. La zona lo scoperta facendo ricerche al tribunale, ho seguito gli avvocati in ufficio, perché la conoscevo anch'io poco, solo perché ci sono il tribunale o il palazzo di regione. E' semi vuoto, una promessa mancata di progresso per la città. La storia di un uomo come cittadino e come padre, ha una relazione più intima con la figlia e la società è importante. Del luogo e viceversa". "Mi annoia una lettura bidimensionale del film - afferma -, per me ha un valore realistico nei fatti, padre, figlia cattivo, e credo che l'impianto formale abbia un valore simbolico che non va dimenticato; non c'è racconto epico in cui l'eroe del film non abbia un compito alto, l'atto che un comune mortale uccide un altro, viene raccontata in maniera fortemente metaforica, alta, per difendere il fragile personaggio femminile".
"Napoli restituisce vertigini che sono uniche - ribatte D'Amore -, e anche un luogo come il Centro Direzionale offre immagini che diventano specchi per riflettere, è il posto magico raccontato da Shakespeare. La grande intuizione l'ho divisa con Edy e gli altri". "Un artista non sa mai quello che mette in un contenitore - ribatte Zingaretti -, ci sono materiali che arrivano inconsciamente, di intenti, di trovare delle cose dell'interpretazione e qualcosa me la dava, ma nel film c'è tanta altra roba, non solo genere, Demetrio Perez vive in un ambiente asettico, è un uomo che ha optato per lasciarsi andare, di assistere non agendo, ed è un po' come allontanarsi in un limbo, tutto sembra poco reale, e il film ha la particolarità di quei quadri che torni a vederlo scopri cose non viste prima".
"Il paradosso contenuto nelle vicende narrate - riprende De Angelis - verificano la realtà, l'elemento ironico è molto presente nel modo in cui guardo il mondo, tant'è che mi sono tenuto a bada, per evitare tentazioni molto numerose, e ha prevalso la scelta di un tono più asciutto per il film, ma non è scomparsa. Lo sguardo cinico sul mondo di Merolla, è perché faccia somigliare il cinema più alla vita. Da qui bisogna cogliere i sovvertimenti della realtà, l'ironia della sorte; non a caso il personaggio più ironico fa una fine tragica, si fa uccidere come un fesso, Perez compie atti eroici, e questa è una bella chiave lettura". "Ho colto il fatto dello sconforto perché fa parte della vita - aggiunge Zingaretti -, e mi piace molto pensare che questo elemento entri a pieno diritto in un film che parla di Napoli, dove l'ironia la fa da padrona". E sul suo lavoro conclude: "Intanto mi occupo di questo "Perez", un'esperienza umana e profesionale, dal 2 ottobre incontra il suo pubblico che lo sceglierà, infatti, per prima cosa vorrei che incontrassi il pubblico. Di progetti futuri si vedrà".
"Gli elementi noir sono stati utili - conclude De Angelis -, in partenza non avevo il desiderio di fare un noir, ma per i sentimenti ho attinto al bagaglio del genere, non ci sono stati film di riferimento, forse, Clint Eastwood, che per me è una specie di santino". "Sono particolarmente felice - dichiara il produttore (col regista e Attilio De Razza) Pierpaolo Verga -, perché si è voluto solo un anno e mezzo dalla scrittura all'uscita del film, è un'opera d'artigianato fatta con cura sotto tutti punti di vista, abbiamo lavorato insieme, abbiamo avuto subito credibilità con Zingaretti. E' stato incredibilmente facile, di solito ci vogliono 3/4 anni e a volte di più perché un progetto vada inporto. Il fondamento è stato un po' di caparbietà e di fortuna".
"Non sappiamo ma qualcosa sta cambiando nel cinema italiano - chiude Zingaretti -, in momenti di crisi si soffre tanto, e montare un film in Italia, anche in sei anni, è molto difficile, anche se tutto viene rimescolato. Come direttore artistico di un festival di documentari, ho visto un film sulla crisi greca in cui giovani attori facevano scambio: uno offrivla luce per un panino. Spero da questa crisi, senza fare analisi del mercato e della pay tivù, non vengano fuori lesolite cose, in genere soffrire porta ad un rimescolamento delle carte e vengono fuori cose bellissime". Nel cast anche Simona Tabasco (Tea), Massimiliano Gallo (Buglione), Gianpaolo Fabrizio (Merolla). José de Arcangelo

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