martedì 11 novembre 2014
Arriva nelle sale italiane dal 13 novembre "Due giorni, una notte" dei fratelli Dardenne, dal Festival di Cannes alla conquista dell'Oscar 'straniero', proposto dal Belgio
Dal 13 novembre (a Roma e Milano e successivamente nelle altre città) arriva sugli schermi italiani il nuovo ‘lavoro’ dei fratelli Dardenne, una storia che sprizza attualità nei contenuti e tutta mirata alla solidarietà perduta, nel mondo operaio ma, purtroppo, non solo. Una situazione acutizzata dalla crisi economica mondiale, però che viene da lontano, da quando è stata messa in pratica “la guerra fra poveri”, la cosiddetta ‘mors tua vita mea’.
Sandra – una sempre diversa ma ugualmente intensa Marion Cotillard - ha un solo fine settimana a far visita ai suoi colleghi e - con l'aiuto dell’amorevole marito - convincerli a sacrificare i loro bonus in modo che lei possa mantenere il suo posto di lavoro.
Il film presentato all’ultimo Festival di Cannes – dove i Dardenne sono di casa con due Palme vinte con “Rosetta” e “L’enfant” e un Gran Premio della Giuria per “Il ragazzo con la bicicletta” – e ora candidato all’Oscar per il miglior film straniero proposto dal Belgio, si avvale anche dall’interpretazione di Fabrizio Rongione e l’immancabile Olivier Gourmet, loro attore feticcio.
“L’idea di un film è nata una decina d’anni fa – dice Jean-Pierre - quando abbiamo letto la notizia di una persona che era stata licenziata da una squadra di lavoro all'interno della Peugeot con il consenso dei colleghi, perché la sua debolezza fisica e le assenze dal lavoro avevano impedito al gruppo di ottenere gli stessi premi di produzione delle altre squadre. Successivamente abbiamo scoperto situazioni simili che si erano verificate altrove, anche se le circostanze non erano esattamente le stesse, ma ciò che ci ha spinto in particolare a raccontare questa vicenda è la mancanza di solidarietà. Ogni giorno, in Belgio come in altri paesi, sentiamo parlare dell'ossessione per la prestazione nel lavoro e della violenta istigazione alla competizione tra i dipendenti. E’ una storia che sarebbe potuta accadere anche a nostri conoscenti, amici e parenti”.
“Per noi la cosa più importante – prosegue - era mostrare una persona che viene esclusa perché è considerata debole, non in grado di fornire prestazioni sufficientemente elevate. Il film tesse l’elogio di una “non performante” che ritrova forza e coraggio grazie alla battaglia che decide di condurre con suo marito”.
Ovviamente il film non giudica le persone e le loro reazioni, non i consueti ‘buoni e cattivi’ dei film, ma persone come noi, in continua lotta quotidiana per la sopravvivenza.
“Gli operai di ‘Due giorni, una notte’ – ribatte Luc - sono messi in una posizione di concorrenza e rivalità permanenti. Non si tratta di schierare i buoni su un fronte e i cattivi sull'altro. Non ci ha mai interessato guardare il mondo in questi termini”.
“Un film non è un tribunale – riprende Jean-Pierre -. Ognuno dei colleghi di Sandra ha dei validi motivi per dirle ‘sì’ oppure ‘no’. Una cosa è certa: per nessuno di loro il premio di produzione è un lusso. Hanno tutti bisogno di quei soldi per pagare l'affitto, le bollette, ecc. Sandra lo capisce fin troppo bene, visto che anche lei si dibatte nelle stesse difficoltà economiche”.
“Abbiamo volutamente scelto un'azienda di piccole dimensioni – confessa - in cui i dipendenti non sono così numerosi da avere una rappresentanza sindacale. Se avesse raccontato una lotta contro un nemico designato, sarebbe stato un film completamente diverso... Detto ciò, emerge in modo chiaro che l'assenza di una reazione collettiva, di una forma di lotta contro il principio alla base di questa votazione dipende anche dalla mancanza di solidarietà tipica dei giorni nostri”.
“La fase della scrittura è stata piuttosto rapida – dichiara Luc -. Abbiamo iniziato a costruire la sceneggiatura nell'ottobre del 2012 e l'abbiamo finita nel marzo del 2013. Volevamo che l'azione si sviluppasse in un arco di tempo molto breve, come suggerisce il titolo”.
E sulla scelta della protagonista, aggiunge: “Abbiamo conosciuto Marion (Cotillard) quando abbiamo co-prodotto ‘Un sapore di ruggine e ossa’ di Jacques Audiard, girato in parte in Belgio. Siamo rimasti conquistati da quell'incontro avvenuto all'uscita da un ascensore mentre lei reggeva in braccio il figlio di pochi mesi. Mentre tornavamo a Liegi in macchina non abbiamo smesso di parlare di lei, del suo viso, del suo sguardo...”
“Scegliere un'attrice così famosa ha rappresentato per noi un'ulteriore sfida – precisa Jean-Pierre -. Marion ha saputo trovare un corpo e un volto nuovi per il film”.
“Non ha mai desiderato mostrare le sue capacità attoriali – conclude Luc -. Nulla di quello che è riuscita a fare rientra nell'ordine della recitazione o della dimostrazione. Abbiamo lavorato in un rapporto di fiducia reciproca che ci ha permesso di tentare qualunque cosa”.
José de Arcangelo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento