giovedì 13 novembre 2014

"Sul vulcano" di Gianfranco Pannone, un 'antidocumentario' su un luogo unico al mondo, ricco di miti, storia ed evocazioni letterarie

Il vulcano del titolo è il Vesuvio, quello che distrusse anzi preservò pressoché intatte nei millenni Pompei ed Ercolano, ma ai cui piedi la gente non può far a meno di vivere, ancora oggi.
Ma non si tratta del consueto documentario, casomai di un antidocumentario rispetto a quello tradizionale, anzi di un vero e proprio film, ovvero di "Sul vulcano" scritto e diretto da Gianfranco Pannone – da “Piccola America” a “Il sol dell’avvenire” -, nella selezione ufficiale del Festival Internazionale del Film di Locarno, ora in tour negli States con Cinema Italian Style e dal 13 novembre nelle sale italiane, ancora in una sorta di tournée. Pannone ci racconta tutto – origine, storia e miracoli -, rispecchiando sullo schermo la zona, Napoli e il Bel Paese, attraverso il racconto di tre 'testimoni' senza bisogno di usare la retorica, gli stereotipi, i luoghi comuni e i 'commenti' inutili, ma arricchendolo con altre testimonianze, soprattutto, con quelle di personaggi della cultura di ieri e oggi, scrittori, poeti, dai classici ed illustri a quelli popolari, del nostro paese e del mondo, e materiale d'archivio storico (Luce, naturalmente, ma non solo).
Maria, Matteo e Yole: tre vite ai piedi del Vesuvio, in un luogo unico al mondo, ricco di miti, storia ed evocazioni letterarie. Maria, che abita e lavora in un'azienda florovivaistica ai piedi di una villa vesuviana in abbandono, 'coltiva' anche le proprie curiosità intellettuali ed è una custode discreta del vulcano. Matteo, pittore di talento, rimette in gioco i suoi quadri fatti con la lava, testimonianza di un legame profondo con la terra da cui non si è mai staccato. Yole, cantante 'neomelodica', vive la propria libertà di giovane donna conciliandola con un'autentica devozione per la Madonna, espressione popolare di un sacro che ha sempre caratterizzato il Vesuvio, da Dioniso/Bacco a San Gennaro. Una sorta d'indagine sul tema: "E se il proverbiale fatalismo partenopeo – come si chiede il regista -, dietro cui vive ancora oggi una diffusa devozione religiosa, derivasse proprio dalla presenza del vulcano, che per ben due millenni ha dato e preso alla gente che vive sotto di lui?"
"Ma oggi chi è più pericoloso? Il Vesuvio, che potrebbe risvegliarsi da un momento all'altro, o l'uomo, che in meno di cent'anni ha prodotto danni d'ogni genere? E sorge spontanea un'altra domanda: com'è stato possibile, tra case abusive e discariche d'ogni genere, produrre tanta bruttezza in così tanta bellezza?" E sono la bellezza e la poesia a venir fuori da questo film emozionante che incuriosisce, coinvolge e fa riflettere, dato che le bruttezze le conosciamo bene tutti e non c'è giorno che non finiscano sui telegiornali o in prima pagina, in un modo o nell'altro
Il film, dice Pannone, "si propone come un racconto a più voci sul delicato rapporto Uomo-Natura, partendo dalla condizione storica dei napoletani, sempre in bilico tra filosofico fatalismo e dionisiaca vitalità". Però il problema maggiore è che in Italia non c'è nessuna prevenzione sul territorio, lo dimostrano i recentissimi, apocalittici, alluvioni, a cui "la politica non può rispondere con l'indifferenza". Danno voce ai testimoni illustri: Roberto De Francesco ('La pelle' di Curzio Malaparte); Andrea Renzi ('La Ginestra' di Giacomo Leopardi), Fabrizio Gifuni ('Napoli '44' di Norman Lewis); Iaia Forte ('"Il Manifesto' del 27/5/2008 - 'Napoli. L'immondizia del mondo' di Fabrizia Ramondino); Aniello Arena ('L'origine del Monte Vesuvio' di Pompeo Sarnelli); Toni Servillo ('De immenso' di Giordano Bruno); Donatella Finocchiaro ('La leggenda dell'avvenire' di Matilde Serao); Leo Gullotta ('Lettere a Tacito' di Plinio il Giovane; Renato Carpentieri ('Scritti sui terremoti' di Immanuel Kant; Enzo Moscato ('Il sangue di San Gennaro' di Sandor Marai); Guenda Goria ('Juliette o la benedizione del vizio' di Donatien-Alphonse-François de Sade); Ciro Carlo Fico ('Struppio' di Jacovo Fenice).
“Il Vesuvio è il centro del Mediterraneo – conclude il regista -. E ci spinge a una metafora della condizione umana sempre in bilico tra la vita e la morte. Il proverbiale fatalismo partenopeo si regge tutto sulla presenza del Vesuvio e in origine fortemente filosofico, come ci ha trasmesso Giordano Bruno, che non a caso è nato a Nola, proprio ai piedi del vulcano. Chi vive da quelle parti sa bene quale sia il potere della Natura. Peccato che non pochi partenopei lo abbiano dimenticato! E abbiano optato per un utilizzo criminale del terrritorio. Le case costruite sulle strisce laviche sono lì a testimoniarlo, come pure le ville vesuviane del ‘700 in abbandono… Eppure ho trovato anche molta energia sopra e in cima al Vesuvio, un’energia positiva, forse più forte della potenza del vulcano stesso. Sarebbe buona cosa che fosse quella a esplodere… Ma esiste una coscienza civile capace di smuovere gli animi? Esiste una volontà politica per cambiare le cose? Forse anche l’arte deve poter fare qualcosa… Insomma, basta delegare! Lo dico anche da cittadino”. Altri testimoni nel film: Raffaella Pernice, Maria Del Porto, Salvatore Di Gennaro, Carmine Montella, Antonio Perna, Salvatore Perfetto, Pasquale Persico, Giovanni Ricciardi. José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 13 novembre distribuito da Luce - Cinecittà

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