giovedì 12 febbraio 2009

Per conoscere e capire il nostro passato prossimo: "Il sol dell'avvenire"



A sei mesi dalla presentazione al Festival di Locarno (ne avevamo parlato nella rubrica Cinema-Festival del sito http://www.associazioneclaramaffei.org/) approda in sala “Il Sol dell’avvenire” di Gianfranco Pannone e del giornalista Giovanni Fasanella, autore del soggetto e cosceneggiatore col regista stesso. Un’importante occasione non solo per riflettere, ricordare e/o conoscere, ma anche perché si tratta di un documentario italiano, appunto, liberamente tratto da “Che cosa sono le Br” dello stesso Fasanella e Alberto Franceschini - presentato nella ricca sezione della kermesse svizzera “Ici & Ailleurs” -, e che era stato preceduto, allora, dalle polemiche innescate dal Ministro Sandro Bondi che accusava il film di rivalutare le Brigate Rosse e Pannone di terrorismo. Non solo, ‘la pietra dello scandalo’ era stato il fatto che il film-documento è stato prodotto con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che il Ministro presiede.
Niente di tutto ciò perché si tratta, invece, di un documentario lucido e intelligente che indaga su alcune delle possibili cause del fenomeno – naturale che apra vecchie ferite non del tutto rimarginate - e, quindi, sul nostro passato prossimo, su quella Storia italiana recente e presto dimenticata, ma che spesso, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra.
E gli autori Pannone e Fasanella sono andati nella rossa Reggio Emilia a ‘incontrare’ i diretti interessati, tra questi alcuni ex Br, ma non solo, anche altri personaggi insospettabili – qualcuno si è rifiutato di ‘testimoniare’ -, comunisti ed ex comunisti, ex partigiani e non, persino Adelmo, figlio di uno dei sette fratelli Cervi, trucidati dai nazisti.
La cronaca. Emilia Romagna, 1969. Trenta militanti comunisti lasciano il Pc, accusandolo di aver tradito gli ideali della Resistenza. Affiancati da numerosi anarchici e socialisti danno vita all’Appartamento, una comunità in cui i sogni rivoluzionari possono ancora esistere. Dal gruppo ben presto emergono Alberto Franceschini, Tonino Loris Paroli, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene e Lauro Azzolini, che con altri, saranno all’origine delle Br. ER, 2007: una parte di questi uomini si ritrovano nello stesso ristorante (questa ‘rimpatriata’ è stata anche messa sotto accusa dai detrattori della pellicola) dove quarant’anni prima fu deciso di imbracciare le armi. Rievocano i fatti drammatici che hanno portato all’incarcerazione di alcuni di loro.
Il documentario ha il pregio – che per alcuni è difetto – di essere il primo film italiano ad indagare sulle radici ideologiche e politiche del terrorismo di estrema sinistra. Nato in una regione a maggioranza comunista e dove tutti hanno alle spalle almeno un familiare o parente ex partigiano. La terra di Orietta Berti, la cantante nata a Cavriago dove esiste ancora una piazza dedicata a Lenin con un busto donato dagli stessi compagni sovietici. E nelle sue indagini, il film non giustifica niente e nessuno, ma rispolvera e rievoca quasi quarant’anni della nostra storia che molti vorrebbero cancellare, definitivamente. Dalla Resistenza alle feroci repressioni operaie degli anni Sessanta, dalla contestazione all’utopia di una rivoluzione possibile.
“Non sarebbe mai stato possibile – ha confessato il cronista Fasanella - ricostruire la più importante radice politica e storica della lotta armata italiana senza percorrere quarant’anni di storia, e in questo modo parlare e capire l’attualità. Una ragione c’è, si può condividerla o meno”.
“Sapevo di affrontare un tema molto delicato – ribatte Pannone – che avrebbe diviso l’Italia in due. Ma volevo provocare e indurre al dibattito in un clima come il nostro, oggi, che sembra ingessato. Io cerco sempre il riferimento sul territorio (in questo caso Reggio Emilia, “Città Medaglia d’Oro della Resistenza” ndr.) perché credo che dal microcosmo vengano fuori i veri fatti della Storia. E’ una realtà complessa, vista con uno sguardo orizzontale. C’è condanna, non c’è però melodramma né sentimentalismo, ma drammatica ambizione. A me non piace parlare del Male ma dell’umanità, non credo al mostro lombrosiano bensì in quello che si è. Poi si trattava di sinistra comunista e anche di sinistra cristiana, tanto che mi sembrava di non capire. Infatti, lavorando al montaggio non volevo giudicare ma interpretare. Può essere discutibile ma nessuno ha la verità in tasca”.
Il documentario si avvale della fotografia di Marco Carosi, del montaggio di Erika Manoni e della colonna sonora di Rudy Gnutti e Offlaga Disco Pax, e include la celebre canzone “Morti di Reggio Emilia” di Fausto Amodei.


José de Arcangelo


Dal 6 febbraio al Politecnico-Fandango di Roma

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