lunedì 31 maggio 2010

Un labirinto di passioni mediterraneo dagli echi viscontiani nel "Compleanno" di Marco Filiberti

Presentato all’ultimo Festival di Venezia, nella sezione Controcampo Italiano, è l’opera seconda scritta e diretta da Marco Filiberti (“Poco più di un anno fa”) con un bel cast capeggiato da Alessandro Gassman, Maria de Medeiros, Massimo Poggio, Michela Cescon, Christo Jivkov, Piera Degli Esposti e per la prima volta sullo schermo il fotomodello brasiliano Thyago Alves. Un coinvolgente, emozionante e suggestivo melodramma contemporaneo dagli echi ora viscontiani ora pasoliniani ora sirkiani.

Un labirinto di passioni mediterraneo che diventa universale, anche quando a scatenare gelosie, rancori e frustrazione è l’esplosione di un rapporto omosessuale. Perché se fosse stata una relazione fra un uomo maturo e una giovane, forse, non sarebbe cambiato nulla. Nemmeno l’epilogo e un finale, per così dire, aperto. Per non parlare del riferimento ai classici, dalla tragedia greca all’Odissea stessa; dell’ambiguità della bellezza tanto cara a Visconti, appunto; della nostra società che ci allontana sempre di più gli uni dagli altri. Non è un caso che il regista sia un appassionato, tra l’altro, di musica lirica, e la citazione del “Tristano e Isotta”.

Un film che ha diviso la critica in esaltatori e detrattori, come spesso accade con i film italiani che escono dai canoni della commedia o del dramma familiare tradizionale, ma che piacerà a chi ama il mélo in pieno sole, sostenuto tra l’altro da attori bravi ed affiatati, che indaga anche spietatamente fra sentimenti e passioni, fra (auto) repressione e liberazione, e ci induce alla riflessione.
Un gruppo di amici affitta una magnifica villa sulla spiaggia per passare insieme l’estate. L’arrivo improvviso di David (Thyago Alves), figlio di Shary (Michela Cescon) e Diego (Alessandro Gassman), scatena una tensione crescente che sembra travolgere tutti e in particolare Matteo (Massimo Poggio), affermato psicanalista sposato con Francesca (Maria de Medeiros). Leonard (Christo Jivkov), l’enigmatico e solitario zio del giovane, sembra intuire le cause del disagio, nascoste sotto uno strato sempre più spesso di omertà e ipocrisia. La vacanza, quindi, è destinata a segnare indelebilmente la sorte dei personaggi e svelerà il senso delle loro esistenze.
“La cosa più tragica è che (alla fine del film ndr) non c’è catarsi – ha detto l’autore -, ma la complessità dei rapporti nella cultura giudaico-cristiana dopo duemila anni di storia, oserei dire che siamo di fronte ad un dramma proustiano. Non mi interessava la dimensione omosessuale - anche se non ho mai nascosto niente -, ma la tensione, l’ambizione di universalizzare la storia. E’ la dimensione tragica che mi appartiene. In una società che tende all’omologazione, alla semplificazione dei linguaggi, volevo una forza ontologica superiore, una tensione metaforica”.
Nel cast anche Eleonora Mazzoni (Flaminia), Paolo Giovannucci (Massimo), Maria Luisa De Crescenzo (Aurora), Federica Sbrenna (Vanessa), Marianna De Rossi (Chicca), Daniele De Angelis (Orazio), Marco Roscini (Lucio) e Marco Casu (Fabio).
Da segnalare la bella fotografia di Roberta Allegrini che ricrea le atmosfere ora solari (anche ‘cartolinesca’ perché no?) ora tese e cupe della vicenda. Nella colonna sonora l’intramontabile successo di Iva Zanicchi “Zingara”.

E sull’ambientazione, il regista afferma: “La cornice è la spiaggia di Sabaudia ai piedi del Monte Circeo, spazio denso di suggestioni epiche e mitologiche intrise di seduzioni, come quella subita da Ulisse da parte della maga Circe. L’epos è presente in modo inequivocabile nel mio lavoro, è una delle funzioni da me più usate per suggerire un secondo piano di lettura, un altrove che amplifichi il senso di ciò che cerco di fare. Ma Sabaudia è anche un nome che ha rappresentato un ‘mondo’ importantissimo nella recente storia italiana: qui negli anni ’70, alcune tra le voci più importanti della nostra cultura (basti pensare a Moravia, Pasolini, Bertolucci e la Maraini) si davano appuntamento e qui sono nate opere fondamentali per il cinema e la letteratura di quegli anni. Di quel clima e dei suoi valori estetici e culturali, i protagonisti del mio film hanno nostalgia, una nostalgia che rimanda alla loro adolescenza, ma anche, indirettamente, a quello che è stato l’ultimo momento possibile di una classe intellettuale, portatrice di istanze capaci di compenetrarsi con la società. Mi emoziona molto l’idea che questo film possa essere letto come una metafora dell’occidente o anche solo del mio Paese, teatro di passività e di omertà”.
José de Arcangelo

Nelle sale dal 28 maggio distribuito da Zen Zero

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