mercoledì 7 luglio 2010

L'animazione di una volta e la creatività (vera) di sempre per "Panico al villaggio"



Reduce di una serie di premi, di festival e di un grande successo in Belgio, Francia e altri paesi europei, approda sugli schermi italiani questo piccolo grande lungometraggio d’animazione firmato Stephane Aubier e Vincent Patar, basato su un serial televisivo belga popolarissimo. Una tecnica di animazione tradizionale (pupazzetti di plastica anziché di plastilina) che fa leva proprio sull’imperfezione e la rigidità dei vecchi giocattolini (soldatini e personaggi tipici degli anni ’60, con tanto di piedistallo attaccato ai piedi) per narrare una serie di episodi a catena su una ricca galleria di personaggi tanto bizzarri quanto simpatici, fra ironia e delirio, fra satira mordace e divertito non-sense, fra poesia e sogno, fra Jacques Tati e Buster Keaton, come aveva anticipato la critica d’oltralpe.
Già la strana ‘famiglia allargata’ protagonista è tutto un programma: Cavallo è una sorta di capo/padre, tanto responsabile e serio, quanto i suoi coinquilini/fratelli minori Cowboy e Indiano sono infantili e combina guai. E, infatti, questi due amati protagonisti del piccolo schermo, stavolta vorrebbero augurare un buon compleanno all’amico Cavallo. Cosa regalargli? Un barbecue da montare da soli. Peccato che – per distrazione - sbaglino l’ordinazione e si vedano recapitare 50 milioni di mattoni anziché 50. Naturale che il compleanno da festa si trasformi in catastrofe. La casa di Cavallo viene sepolta dai mattoni e bisognerà ricostruirla al più presto, ma poi qualcuno ruba i muri appena ricostruiti… E così i nostri amici – suelle tracce dei presunti ladri - vengono catapultati al centro della terra, nell’artico e infine sotto il mare, scoprendo mondi e personaggi ancora più pazzeschi di loro. Tanto che il povero Cavallo si vedrà costretto a rimandare ogni volta l’incontro con l’amata professoressa di musica. Il tutto narrato infrangendo ogni regola della logica e della fisica, oltre che quelle spazio-temporali, in un susseguirsi anarchico degli eventi.
Dopo il successo della serie televisiva cult, “Panico al villaggio” è diventato un film, accolto con entusiasmo da critica e pubblico al Festival di Cannes 2009 – uno dei primi cartoni animati nella selezione ufficiale -, ha partecipato persino all’Oscar per il miglior film d’animazione, mentre dopo è stato candidato per il César come miglior film straniero, ha vinto al Sitges-Catalonia International FilmFest e al Cinanima come miglior lungometraggio, il Premio del pubblico all’Austin Fantastic Festival e, recentemente, al Future Film Festival di Bologna 2010 ha ricevuto il Platinum Grand Prize.
Quindi una pellicola dal ritmo frenetico (dura 75’) che può essere gustata sia dai bambini sia dagli adulti perché le gag, le invenzioni visive e narrative pian piano conquistano lo spettatore più scettico. Tant’è che l’estetica, volutamente old stile e per niente digitale, viene usata come il giusto controcampo delle avventure surreali e fantasiose qui narrate. Tra gli altri personaggi vanno citati il postino (lui sì molto Tati), il fattore col vizio dell’alcol, il poliziotto donnaiolo, e poi mucche paracadutiste, maiali-razzo, scienziati ‘pazzi’ e via dicendo. Nella versione italiana, la voce di Cavallo è di Massimo Lopez.
4 stelle su 5 - José de Arcangelo
Nelle sale dal 25 giugno distribuito da Nomad Film Distribution

Curiosità
Ecco la motivazione del Palatinum Grand Prize al Future Film Festival 2010-06-29
La giuria composta dall’illustratrice Francesca Ghermandi, dal musicista e scrittore Emidio Clementi e dal giornalista Nick Vivarelli, ha assegnato il premio per il miglior lungometraggio d’animazione a “Panico al villaggio” (Belgio) “per aver creato un film fresco che è un’esplosione di energia creativa dal punto di vista visivo, drammaturgico e anche musicale. Con gran coraggio, convinzione e una cura appassionata nell’uso della stop-motion animation, i registi hanno saputo dimostrare che non servono sofisticate, e talvolta meccaniche, tecniche al computer per creare un mondo fantastico capace di sorprenderci, di stupire, e di farci scoprire l’immaginario sconfinato, l’innocenza, la crudeltà, e soprattutto l’irriverenza dell’infanzia”.

Nessun commento: