Dispiace anche perché nell’operazione sono stati coinvolti due attori di tutto rispetto come il premio Oscar Adrien Brody (dal “Pianista”, appunto, al recente “Predators”) e l’algida e intensa Sarah Polley (da “Il dolce domani” di Egoyan a “Il peso dell’acqua” della

Bigelow), già nomination per la sceneggiatura del suo film d’esordio nella regia “Lontano da lei”. Del resto anche il regista italo-canadese Vincenzo Natali si era imposto proprio nel genere col riuscito “The Cube”, non solo. Stavolta però la sceneggiatura, scritta con Antoinette Terry Bryant e Doug Taylor, tralascia particolari importanti dopo aver disseminato qua e là tracce e indizi senza chiarire fino in fondo i retroscena, così come i dialoghi diventano spesso involontariamente ironici, quindi ridicoli, e probabilmente esasperati dalla versione italiana.
Peccato perché i riferimenti sono alti, dal classico Frankenstein (i personaggi hanno gli stessi nomi dei protagonisti de “La moglie di Frankenstein”) a “Monkey Shines” di George A. Romero, e gli effetti speciali ottimi, tanto che la creatura non solo è ‘perfetta’ ma unisce umano e animale (attrice e FX) in un esplosivo mix di seduzione e fascino, di tenerezza nascosta e violenza latente.
Clive Nicoli (Adrien Brody) ed Elsa Kast (Sarah Polley) sono due giovani e ambiziosi scienziati che, segretamente, hanno

rivelerà il più grande errore mai commesso dalla coppia che, tra l’altro, non ha figli…
Prodotta, tra gli altri, da Guillermo Del Toro, l’opera vanta anche un’efficace resa tecnica. Oltre gli effetti speciali visivi di Bob Munroe e quelli creati per la/le creature (supervisore Howard Berger), da segnalare la fotografia firmata da Tetsuo Nagata e il montaggio di Michele Conroy.
Nel cast anche la rivelazione Delphine Chaneac, è lei la creatura adulta (resa credibile dallo straordinario trucco tradizionale e digitale insieme) che comunica attraverso lo sguardo e i movimenti sensuali del suo corpo; David Hewlett (Barlow) e Brandon McGibbon (Gavin Nicoli).
Il film, comunque, non ha avuto vita facile ed è lo stesso autore a confessarlo:
“Effettivamente ho lavorato su questo film per più di 10 anni. L’ho fatto nel 2000, subito dopo “Cube - Il cubo”. Ho lavorato come un cane per un anno intero al progetto, lo storyboard, ed ero pronto a girare. Poi, all’ultimo minuto il produttore mi ha detto che il progetto era troppo costoso. Ho pensato che il film non avrebbe mai visto la luce, io ero troppo ambizioso e in pochi erano pronti ad assumersi il rischio di una pellicola come questa. Mi sembra che la maggior parte dei film siano fatti per le ragioni sbagliate. E’ così che vanno le cose in questo mondo, nessuno fa un film solo perché la sceneggiatura è brillante, quella può essere una ragione non La ragione! No, i film si fanno per ragioni stupide. Se un anno vanno di moda le mucche, allora si fa un film sulle mucche. E’ così che funziona. Io credo che ‘Splice’ sia stato salvato dalla prontezza degli sceneggiatori. I nostri sostenitori finanziari avevano due opzioni: fare il film subito o non farlo mai. Se le circostanze non li avessero obbligati ad agire il film non ci
sarebbe mai stato”.
E poi conclude: “In un certo senso era destino che ‘Splice’ fosse girato oggi. Se l’avessimo fatto dieci anni fa non avremmo avuto la tecnologia e io non sarei stato capace di gestire adeguatamente il soggetto. Inoltre, fatto ancora più importante, la scienza non era arrivata a questo punto dieci anni fa. I concetti indicati nella sceneggiatura erano fantascienza più che fatti. La ricerca in campo genetico ha fatto passi da gigante, ha recuperato rispetto al mio soggetto. Oggi l’ingegneria genetica è più attuale che mai. Questi tre fattori e un po’ di fortuna hanno fatto cadere ‘Splice’ nelle mani giuste e l’hanno fatto diventare una realtà”.
José de Arcangelo
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