Il fotoreporter indiano Upin (Adil Hussain), inviato nel Bengala occidentale per un reportage, immortala il seno nudo di Gangor (Priyanka Bose) che allatta il figlio con la

buona intenzione di denunciare lo sfruttamento e la violenza subita dalle donne tribali. La foto però viene pubblicata in prima pagina suscitando lo scandalo e provocando sulla donna un ancora peggiore effetto boomerang. Ossessionato dal pensiero di Gangor e tormentato dal senso di colpa, Upin decide di tornare a Purulia per ritrovarla: scoprirà di essere diventato, senza volerlo, strumento della stessa violenza che avrebbe voluto fermare.
“Credo sia un film sull’impotenza maschile – dice Lidia Ravera alla presentazione stampa –, girato con sincero coraggio da un regista uomo che conosce quei luoghi e riesce a raccontare l’impotenza di fronte a una situazione di discriminazione e violenza costanti”.
“Il racconto breve di Mahasweta Devi (“Dietro il corsetto”) mi ha colpito molto, dopo 25 anni passati alla ricerca di un soggetto da cui partire, una storia non occidentale, dove un uomo – un fotoreporter - della classe media indiana scopre la condizione della donna tribale. Un rapporto distruttivo, nonostante le buone intenzioni da entrambe le parti. Volevo raccontare la realtà tribale a contatto con la globalizzazione, un rapporto che diventa distruttivo in gran parte del mondo. I media possono fare e disfare, ma l’impatto in questo caso è estremamente negativo. Quell’immagine messa lì per rappresentare la bellezza della donna diventa una debolezza. L’intento non era documentaristico ma volevo, comunque, partire dalla realtà”.
Una realtà che è riuscito a conoscere fino in fondo nei suoi lunghi venti anni passati in India come documentarista, ma anche

come direttore artistico del festival Asiatica.
“Certo, quando Italo mi ha parlato di questo ruolo – confessa la bravissima attrice Priyanka Bose – ho capito che c’erano dei rischi per me. ‘Dove sarebbe andata a finire la mia carriera’ mi chiedevo, perché ancora oggi interpretare certi ruoli significa spesso non venire più ingaggiata oppure lavorare solo per un cliché. A Bollywood le scene di nudo sono ancora bandite, anche se non manca la sensualità, anzi, però i baci sono castigatissimi. Perciò è importante che il film esca in India, ma non avrebbe senso fare dei tagli. Certo dalla fine degli anni ’80 e gli inizi dei ’90 ci sono stati film controversi, come “Fire” di Mira Nair, che raccontava il rapporto di due lesbiche. Le attrici poi sono state chiamate solo per questo tipo di ruoli, in un certo senso sono state giudicate e marchiate a vita. Ma io non ho paura e sono speranzosa perché la situazione in India sta cambiando”.
José de Arcangelo
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