mercoledì 15 giugno 2011

Torna il supereroe Nicolas Cage in uno scorrevole mix di fantasy, storia, leggenda e horror: "L'ultimo dei templari"

Nicolas Cage torna nei panni del supereroe dal cuore d’oro e in viaggio nel tempo – da “Il mistero dei templari”, a cui allude il titolo italiano, a “Ghost Rider” e oltre - in un’avventura, scritta da Bragi Schut Jr., che è un mix di storia e fantasy, leggenda e horror gotico, caccia alle streghe ed esorcismo. Una miscela esplosiva che è anche un divertente passatempo per chi ama il cinema di genere senza altra pretesa che l’intrattenimento, scorrevole e nemmeno lungo (94’), fatto eccezionale
per questo tipo di produzioni.
Sarà perché Dominic Sena (da “Kalifornia” a “Codice: Swordfish”) conosce bene i tempi giusti e i particolari adatti al film d’azione ma lo spettacolo funziona e fila veloce coinvolgendo anche lo spettatore in un viaggio – non privo di indizi e colpi di scena - in un medioevo reinventato che prende spunto da fatti storici veri per sviare subito sulla fantasia. Oppure perché gli effetti speciali digitali ci sono ma non diventano mai eccessivi – concentrati nel convenzionale finale - e, almeno per una volta, produttore e regista hanno evitato il 3D, ormai diventato pressoché indispensabile, anche quando non è nemmeno in funzione della storia.
Prologo: gli anni della crudele guerra combattuta nel nome di Dio – le crociate - hanno strappato via da Behmen (Nicolas Cage) ogni sua propensione allo spargimento di sangue e la sua lealtà alla Chiesa. Con la speranza di un tranquillo futuro a riposo e i sensi di colpa per la strage di donne e bambini, Behmen e il suo compagno in armi Felson (il Ron Perlman di “Hellboy”) sono invece sconvolti nel trovare la loro terra d’origine abbandonata, ignari del fatto che l’Europa è stata decimata dalla Peste Nera.
Alla ricerca di cibo e rifornimenti a Marburg, i due cavalieri vengono arrestati e portati dal Cardinale D’Ambroise (un’irriconoscibile Christopher Lee in ruolo cameo) per dare una spiegazione del
loro non previsto ritorno dall’Oriente. Il cardinale morente minaccia di farli accusare di diserzione, a meno che non accettino una pericolosa missione. La loro unica occasione di redenzione per i due è accompagnare una ragazza (Claire Foy, premiata alla tivù inglese, al suo esordio sul grande schermo) - accusata di essere una delle streghe portatrici della Peste -, in una lontana abbazia dove sarà celebrato il processo. I brutali maltrattamenti di cui è vittima la giovane in prigione e la sua impotenza di fronte alle accuse dei giudici inquisitori commuovono Behmen. Convinto che ella sia solo un capro espiatorio e col timore che subisca una condanna senza un giusto processo, consente a scortarla in questo viaggio zeppo di pericoli e tormentato dal dubbio.
Oltre al suo fidato compagno Felson, lo accompagnano Hagamar, un viaggiatore imbroglione che conosce la strada giusta (Stephen Graham, da “Nemico pubblico” di Michael Mann, al recente “London
Boulevard”); Kay, un giovane ambizioso ed entusiasta che aspira al cavalierato (il Robert Sheehan del successo televisivo “Misfits”); il cavaliere Eckhart, amareggiato perché la peste gli ha decimato la famiglia (il danese Ulrich Thomsen di “Festen” e “L’eredità”) e padre Debelzaq, un prete ingenuo e semplice (Stephen Campbell Moore, da “Le seduttrice” a “The Bank Job – La rapina perfetta”).
Quindi "Season of the Witch - La stagione della strega" (titolo originale più adatto) è un discreto spettacolo per chi vuole passare un’ora e mezza senza pensieri, fra violenza e avventura puramente inventate. Fiction e nient’altro, anche perché la realtà è un altro cosa. La fotografia è firmata Amir Mokri (da “Fast & Furious” a “Transformers 3”), il montaggio da Mark Helfrich
e Dan Zimmerman, le musiche da Atli Orvarsson e i costumi dal napoletano Carlo Poggioli (da “Seta” al “Miracolo di Sant’Anna”).
José de Arcangelo

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