
sull’Impero Romano e il (nostro) mitologico anni Sessanta - con un pizzico di dark fantasy tutta anglo-americana dalla cornice di lusso -, firmata dal già illustre e impegnato Kevin MacDonald (dal documentario premio Oscar “Un giorno a settembre” a “L’ultimo re di Scozia”). Una storia di e per maschi come si diceva una volta, dei western e dei film bellici, anche perché se i solitari protagonisti sono solo due, ovviamente, gli scontri e le mini battaglie sono combattute esclusivamente da uomini. E le donne scarseggiano anche come comparse.
Non deluderà probabilmente chi ama questo tipo di pellicole perché l’azione non manca, però in sottofondo c’è il solito discorso – e la presunta riflessione - sull’onore (perduto) del padre da riconquistare da parte del figlio.
Siamo nella Britannia del II secolo d.C., due giovani uomini – padrone e schiavo – si avventurano oltre i confini del mondo conosciuto per intraprendere una pericolosa missione che porterà loro a misurarsi con la lealtà e il tradimento, l’amicizia e l’odio, l’inganno e l’eroismo. Nel 140 d.C., l’Impero Romano si estende, appunto, fino alla Britannia,

anche se non ha il controllo totale del territorio e l’estremo nord è in mano alle tribù ribelli della Caledonia (l’attuale Scozia). Marco Aquila (Channing Tatum, da “Guida per riconoscere i tuoi santi” a “G.I. Joe: la nascita dei Cobra”) vi approda deciso a riabilitare la reputazione del padre, Flavio Aquila, avventuratosi vent’anni prima nello sterminato nord a capo della Nona Legione romana, con cinquemila uomini, sotto l’insegna dell’Aquila dorata, per non fare mai più ritorno. Allora, l’imperatore Adriano, furioso, aveva ordinato di costruire una muraglia per isolare quel territorio: il vallo di Adriano – confine settentrionale dell’Impero, e soglia estrema del mondo conosciuto.
Marco ha un unico grande desiderio: essere un buon soldato al comando del piccolo forte in una regione sudoccidentale. Durante un assedio guida valorosamente le sue truppe e viene elogiato da Roma per il suo coraggio, ma congedato a causa delle gravi ferite riportate, soprattutto ad una gamba. Demoralizzato, il giovane ufficiale trascorre la convalescenza nella villa dello zio Aquila (il sempre grande Donald Sutherland), militare in pensione. Però un giorno, durante un combattimento di gladiatori, Marco interviene di slancio risparmiando la vita a un giovane britanno, Esca (Jamie Bell, ex bambino prodigio di “Billy Elliot”, che rivedremo presto in “Le avventure di Tin Tin”) che lo zio compra come schiavo proprio per lui.
L’uomo non sembra molto interessato a Esca, che cova un odio feroce per tutto ciò che è romano (gli hanno sterminato la famiglai), ma giura di servire l’uomo che gli ha salvato la vita. Appreso che qualcuno ha visto la mitica Aquila dorata in un tempio tribale all’estremo nord, Marco decide di mettersi in viaggio, portandosi dietro Esca come guida e interprete, e di attraversare il vallo. Ma gli altopiani scozzesi sono impervi e sconfinati oltre che zeppi di minacce e di misteri…
Ma, nonostante trappole e scontri, incomprensioni e scambi di ruoli, rancori e solidarietà, i ‘nostri eroi’ riusciranno a ritrovare non solo l’Aquila ma anche un manipolo di sopravvissuti della Nona

Legione con i quali affronteranno l’ultima feroce battaglia.
Certo di storico, come accennavamo più su, c’è solo lo spunto di partenza, tutto il resto è frutto dell’immaginazione e della fantasia della scrittrice e dello sceneggiatore Jeremy Brock (da “L’ultimo re di Scozia” a “In viaggio con Evie”, con cui ha esordito nella regia, e candidato all’Oscar per “La mia regina”). Non mancano episodi inverosimili e citazioni (volute e non) di altri film famosi o meno (tra cui il combattimento con i guerrieri foca, a metà fra “Apocalypse Now” e “L’ultimo dei Mohicani”), ma come prodotto medio di intrattenimento, funziona perché ben costruito (soprattutto tecnicamente), sempre che non si pretenda di avere più di quel che esso promette. Anche perché come il romanzo è destinato ad un pubblico giovanile di altri tempi e non per la generazione di internet, infatti lo conferma la dichiarazione del regista: “Lessi il romanzo quando avevo circa dodici anni, e ne rimasi affascinato. C’era qualcosa che mi colpiva in quell’atmosfera, nell’incontro tra le culture celtica, britannica e romana. Il libro aveva alimentato la mia passione per la storia, e ora sentivo di poterne fare un film che gli rendesse giustizia e rappresentasse in modo credibile mondi così straordinariamente lontani”.
Nel cast rigidamente maschile anche Mark Strong (Guern), visto recentemente in “Lanterna Verde”; Tahar Rahim (Principe delle foche), protagonista del pluripremiato film francese “Il Profeta” di Jacques Audiard; e il caratterista Denis

O’Hare (Lutorio). La fotografia – che esalta il paesaggio sterminato e incontaminato - è di Anthony Dod Mantle, le scenografie di Michael Carlin, il montaggio di Justin Wright, i costumi di Michael O’Connor e le musiche di Atli Orvarsson.
José de Arcangelo
Prefazione originale del libro in cui Rosemary Sutcliff (nella traduzione di Gianna Guidoni per l’edizione Mondadori, in uscita contemporanea con il film) racconta la sua ispirazione.
Nel 117 d.C. circa, la Nona Legione che si trovava presso Eburacum, dove ora sorge York, marciò verso nord per sedare una rivolta scoppiata tra le tribù della Caledonia e, da quel momento, nessuno ne seppe più nulla.

Durante gli scavi effettuati presso Silchester circa diciotto secoli dopo, tra le verdi distese che coprivano la pavimentazione di quella che un tempo era chiamata Calleva Atrebatum, fu rinvenuta un’Aquila romana senza ali; il suo calco è ora esposto presso il Museo di Reading. Molti studiosi hanno espresso pareri diversi sul motivo per cui la statuetta sia stata rinvenuta in quel luogo, ma nessuno ne ha mai scoperto la ragione, così come nessuno sa cosa accadde esattamente alla Nona Legione quando scomparve marciando tra le nebbie del Nord.
E’ da questi due misteri che ho tratto la storia della legione scomparsa.
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