giovedì 9 gennaio 2014
Dopo due giorni a Parigi, ben vengano "2 giorni a New York", commedia divertente ed ironica scritta, interpretata e diretta da Julie Delpy
Cinque anni dopo l’esordio dietro la macchina da presa – e ancora attrice e sceneggiatrice – Julie Delpy firma la sua terza regia (il suo secondo film è stato il thriller “La contessa”), per riprendere la storia della protagonista di “Due giorni a Parigi”, Marion, una fotografa francese trasferitasi a New York, dove conduce una tranquilla esistenza col nuovo compagno, l’afroamericano Mingus (Chris Rock), conduttore radiofonico, il loro gatto e i loro due figli piccoli avuti da precedenti relazioni. E vivono apparentemente felici e contenti, almeno finché non arrivano i familiari di lei.
“2 giorni a New York” è una commedia esistenzial-brillante che ha poco in comune con la trilogia di Richard Linklater, “Prima dell’alba”, “Prima del tramonto” e “Before Midnight”, ultimo episodio girato, comunque, dopo questa sorta di sequel.
Ovviamente, oltre la vicenda della protagonista, in primo piano c’è anche l’incontro-scontro tra la cultura francese e quella americana, dato che i due giorni del titolo sono quelli della visita inaspettata alla Grande mela del padre della donna, Jeannot (quello vero dell’attrice-regista, Albert Delpy), della sorella Rose (la collega, amica e stavolta collaboratrice alla sceneggiatura Alexia Landeau), ‘psicologa e ninfomane’, e dell’ex Manu (Alex Nahon), autonominatosi compagno della sorella. Una situazione esilarante, a tratti grottesca, però anche piena di autoironia, perché vengono messi a confronto anche stereotipi e pregiudizi, vizi e virtù, degli uni e degli altri.
Infatti, l’arrivo del bizzarro terzetto porterà il caos nella famiglia allargata, dato che con la loro assoluta mancanza di senso del pudore, gli inaspettati ospiti rischieranno di mettere in crisi ogni tipo di rapporto. E Marion, che nel frattempo è stata costretta dalla gallerista a ‘vendere l’anima’, scoprirà di non aver mai elaborato il lutto per la perdita della madre e che ora rischia di perdere se stessa. Però a comprare la sua anima è stato niente di meno che Vincent Gallo in carne e ossa – nella parte di se stesso -, agguerrito e deciso a trattenerla ad ogni costo.
Dopo il successo, sia in Europa che negli Stati Uniti, e la partecipazione ai film festival di Sundance e Tribeca, “2 giorni a New York” approda da noi quasi due anni dopo, ma si conferma una vera sorpresa perché oltre ad essere divertente non perde di vista l’attualità e non è privo di originalità nell’approccio e anche nella forma cinematografica. Oltre alle spassose e amichevoli chiacchierate di Mingus con il presidente Obama, davanti alla sua sagoma a grandezza naturale, e la serie di montaggi sul percorso di vita e sulla gita turistica di Jeannot, composte da un centinaio di scatti fotografici, fatti con una Canon 5D digitale, la storia inizia e si conclude con il racconto – attraverso il teatrino dei burattini – della ‘fiaba’ familiare in cui si afferma che, dopo il classico ‘vissero felici e contenti’, i protagonista affrontano sempre e comunque la vita reale, che non è tutta rose e fiori.
“Preferisco costruire su basi reali – afferma l’autrice sulla commedia -, non necessariamente sul dramma, ma sulla realtà. Scelgo un soggetto che potrebbe essere drammatico, non per forza una storia divertente. Poi la stravolgo con situazioni e personaggi folli: è questo che scatena l’umorismo”. In questo modo il film diventa un divertente intrattenimento che ci invita anche a riflettere sulla vita quotidiana, professionale e familiare, di ognuno di noi.
Nel cast anche Dylan Baker (Ron, il vicino medico), Kate Burton (Bella), Malinda Williams (Elizabeth), Talen Riley (Willow), Owen Shipman (Lulu) e Daniel Bruhl (l’ecologista The Oak Fairy).
José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5)
Nelle sale dal 9 gennaio distribuito da Officine Ubu
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