giovedì 20 febbraio 2014
"12 anni schiavo", candidato a ben 9 Oscar: un buon film ma non un capolavoro
Un Steve McQueen quasi irriconoscibile nel suo film candidato a ben nove Oscar, "12 anni schiavo" che riprende un certo stilema tradizionale hollywoodiano per raccontare la storia - vera - di una schiavitù doppiamente forzata, perché si tratta della vicenda accaduta nel 1841, ad un afroamericano nato e cresciuto libero a New York, Solomon Northup, quando la schiavitù non era stata ancora abolita in tutti gli Stati dell'Unione - ma vietata l'importazione di schiavi -, infatti, il rapimento avvenne al Nord ma l'uomo viene portato nella Louisiana, a New Orleans dove sarà prima venduto e poi finirà in una piantagione di canna di zucchero per passare poi ad un'altra di cotone, dove viene notato da un canadese progressista e antischiavista che cercherà di riportarlo in libertà, appellandosi alla giustizia.
Ispirandosi al libro dello stesso Northup - noto nell'Ottocento ma poi dimenticato -, sceneggiato da John Ridley, McQueen realizza comunque un buon film, naturalmente 'politically correct', ma senz'anima, tanto che non riesce a toccare lo spettatore nonostante non risparmi violenze e torture di ogni sorta, sono gli ambienti, la bellezza visiva delle immagini a colpirci, mentre le vere emozioni latitano, rischiando di perdersi in una ricostruzione storica ineccepibile che stà a metà strada fra "Il colore viola" di Steven Spielberg (però potremmo anche ricordare persino la miniserie anni Ottanta "Radici") e, perché no?, il "Django Unchained" di Quentin Tarantino senza raggiungere la drammaticità sobria del primo né quella (positivamente) eccessiva dell'altro.
Dispiace, perché offre un cast di tutto rispetto, e l'autore aveva raggiunto ben altri livello con la sua opera prima "The Hunger", che resta comunque il suo capolavoro, nonostante molti considerano altrettanto grande il successivo "Shame". E proprio è questa 'mancanza di libertà' che accomuna il primo e l'ultimo film del regista, perché forse proprio su questo versante, il protagonista capisce che una vita senza libertà è un'esistenza senza futuro e, a quel punto, capisce perché la giovane Patsy, doppiamente schiava perché anche 'oggetto' del desiderio del crudele padrone, desideri morire.
Capeggiato da Chiwetel Eijofor, il cast vanta un'esordiente di grande talento e bellezza come Lupita Nyong'o - che rivedremo presto accanto a Liam Neeson in "Non Stop" -, il feticcio Michael Fassbender, il 'canadese' Brad Pitt, la fredda e severa padrona Sarah Paulson, il primo padrone Benedict Cumberbatch, il mercante di schiavi Paul Giamatti, l'aguzzino Paul Dano, Alfre Woodard e Dwight Henry.
José de Arcangelo
(3 stelle su 5)
Nelle sale dal 20 febbraio distribuito da Bim
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