venerdì 28 febbraio 2014
Nel nuovo film di Ferzan Ozpetek, "Allacciate le cinture" perché la vita vi riserva sempre una turbolenza inaspettata
Dalla commedia al mélo (dramma) il nuovo film di Ferzan Ozpetek "Allacciate le cinture" con un bel cast corale, forse stavolta non trova il giusto equilibrio. Soprattutto perché le due parti, passato e presente, non si fondono alla perfezione. Comunque, si tratta sempre di un'opera al di sopra della media, soprattutto riguardo l'amore e la malattia, la vita e la morte regolate dal tempo, che il pubblico potrà gradire o meno dal 6 marzo al cinema, distribuito da O1 in 350 copie.
"E' sempre difficile parlare del film che hai fatto - esordisce Ozpetek alla presentazione stampa -, sei anni fa ho fatto una cena per una mia amica che non stava bene, e avevo invitato 40 persone, tra cui Stefania Sandrelli, che a lei piaceva molto. Era molto cambiata e io, facendo finta di niente e dire delle cose delle persone, le ho chiesto 'tu con tuo marito dormite ancora insieme?', e lei rispose: 'Pensa, ci prova anche, agli uomini non fa schifo niente'. Stavo per piangere, tant'è che ho sentito nell'aria l'amore fra loro. Quando superi la fisicità può capitare qualsiasi cosa, se dopo un cambiamento così, riesci ancora a desiderare la persona che ti sta accanto, allora è l'amore. C'è il timore di parlare della malattia, ovunque la gente vuole solo ridere, qui può fare entrambe le cose, conta di più emozionare le persone, piangere e ridere insieme, così ho voluto raccontare l'amore nell'arco di questo tempo (nel film passano 13 anni tra prima e dopo ndr.), io ho la mania del tempo. Voglio ringraziare per avermi permesso di lavorare con attori così bravi, Tilde (Corsi, la produttrice ndr) me ha lasciato anche interrompere il film per un mese, Gianni (Romoli) - scherza - si mette contro la produzione. Ci siamo fermati per un mese, per permettere agli attori di lavorare sul cambiamento che una persona affronta tra i 25 anni e i 38/40; non vengono le rughe, ma bisogna lavorare sui chili e sui capelli, e poi a chiederci risulterà sullo schermo questo cambiamento?"
"Io e Ferzan abbiamo fatto cinque film insieme - afferma Romoli, co-sceneggiatore e co-produttore -, ma non ci siamo separati, ma con Tilde ci siamo messi a fare altre cose, l'interruzione (professionale) è durata quattro anni, ma non dal versante personale. Abbiamo continuato a frequentarci e a raccontarci quello che volevamo fare, e di questa emozione che lui ha provato me ne ha parlato. Mi disse 'che pensi? Perché non proviamo a fare un film, insieme'. Questo addirittura prima di 'Mine Vaganti'. Ho cominciato un lungo soggetto, un racconto su un gruppo di amici che non avevo finito. Glielo fatto leggere quando ero arrivato a metà, e Ferzan mi disse 'non è ancora il film, ma è la direzione giusta', e io 'vogliamo lavorare su queste 40 pagine?' Un grande cambiamento non c'è stato, nemmeno forzato, ma uno sviluppo dei temi e delle storie da raccontare nei film insieme un po' ha confluito in questo. La sceneggiatura è stata un lavoro molto lungo - per 6/7 mesi -, ma non avevo un plot preciso, dovevo seguire delle emozioni, una storia fatta di piccole cose. Poi c'è stato un grande lavoro di editing insieme, e infine, l'abbiamo fatta leggere a Tilde e agli attori. Poi ci sono state ulteriori modifiche, perché Ferzan non porta il personaggio all'attore ma vuole quasi che l'attore diventi personaggio, però siamo arrivati a girare con un copione di ferro, blindato, che ti permette di essere più libero sul set; possono improvvisare sia gli attori sia Ferzan, potevano prendersi delle libertà. Le riprese per due mesi a Lecce".
E poi il regista spiega il perché del titolo, che poteva far pensare all'ultimo Almodovar "Gli amanti passeggeri", ambientato su un aereo di linea, qui, invece, le cinture sono del tutto metaforiche.
"Allacciate le cinture' perché nell'arco della vita capita sempre il momento di allacciarle, una turbolenza che non è l'aereo ma la vita stessa. L'amicizia, la malattia tutto può capitare attraverso una grande storia d'amore, il tempo passa ma rimangono l'amore e l'amicizia - lo dico a 55 anni -, fra queste c'è, forse, anche una terza, la solidarietà tra le persone".
"Tutti parlano d'amore e tutti si amano - dice Carla Signoris, nel ruolo della madre di Kasja -, tutti noi abbiamo provato i sentimenti che ci sono nel film o abbiamo paura della malattia, perché tutti abbiamo vissuto situazioni del genere. I nostri sono personaggi per alleggerire il dolore. Quando è morto mio padre, il dolore più forte della mia vita, a tratti facevo delle grande risate. Per esprimere un sentimento, bisogna solo tirare fuori le proprie cose, immedesimarsi".
"Grazie a tutti - Elena Sofia Ricci -, perché ho avuto la grande fortuna di lavorare con Ferzan, per lui faccio qualsiasi cosa, perché i suoi set sono bellissimi, ha un dono: riunisce tutti gli attori, ma non fa come gli pare, tiene in considerazione quello che dicono tutti, hai l'impressione di fare un film tutti insieme, anche se fai un passaggio (lei è la 'zia'). E' difficile per me scordare la zia Luciana di 'Mine Vaganti', perché era un personaggio molto riuscito. Ozpetek mi disse: 'amore c'è una zia da fare', ho avuto una sorta di crisi d'identità, perché era inevitabile il paragone. Fai come vuoi, disse, i capelli? ti voglio rossa rossa rossa', tanto vanno tinti, e così ritroviamo la zia 'tipo Marina Diberti' (la sua agente ndr.), cioè con il capello corto".
"Abbiamo avuto una consulente riguardo la malattia - riprende il regista -, una persona che ci ha seguito, ed è rimasta meravigliata dal fatto che avevamo previsto la scena d'amore in ospedale. 'Come avete fatto a sapere?- disse -, infatti, noi di solito noi li lasciamo soli per un'ora e mezza, perché sappiamo che sicuramente marito e moglie provano a far l'amore'. Nel film ci sono momenti difficili, come per il personaggio della Minaccioni (nel film malata terminale accanto alla protagonista ndr.). Durante le riprese, un amico di Lecce ha fatto delle ricerche ma, per fortuna, ha scoperto che non era un tumore vero, e qualcuno ha detto 'Manco quello ti vuole', e così abbiamo detto mettiamo una battuta del genere. Io mi lascio guidare dal modo di fare degli attori, avere attori principali come Francesco Arca, Kasia e Scicchitano, lavorare con loro è una goduria. In un momento difficile, di dolore bisogna incontrare la risata. Il personaggio di Luisa (Ranieri) è nato perché una mia amica, distributrice turca, quando doveva fare la terapia per la malattia, era preoccupata della parrucca, allora io dissi 'facciamo l'amica parrucchiera. Vedere, toccare le cose, magari superflue, diventa importante".
"Ultimamente mi è capitato di vedere vecchie foto e ho detto 'oh dio, quanto tempo è passato', invece era di 14 anni fa, ero così, mi fa impressione. Il lato impressionabile, sarà perché Kasia ed io, veniamo dalla Polonia e dalla Turchia e siamo sempre tragici, viene da noi. Dicevamo vediamo la prima parte come verrà, perché aspettavamo di piangere nella seconda parte. E metterò un flash-back nella parte finale che farà effetto. Così ho montato subito la prima parte, speravamo fossero innamorati nella seconda. Quel filo drammatico che abbiamo noi, anche quando affrontiamo una cosa meravigliosa c'è sempre la paura; la felicità ti rende pauroso, se hai l'amore, la salute, perché devi avere paura di perderla. Sono uno che ormai il mio compagno ha difficoltà a sopportare, perché di notte mi alzo e dico ho cancro, o l'Hiv, esco dalla stanza pian piano ma lui si arrabbia tantissimo. E dice 'quando avrai veramente una cosa non farò nulla'. La Crescentini? La conoscevo, è straordinaria, a Francesco Scianna l'ho scoperto, ora può fare altro, la Michelini non guardava nessuno di noi, andavamo tutti da lei, ha un ruolo così piccolo ma ti rimane in testa. Un film sono gli attori, devo molto a loro".
"Mi hanno addirittura insultato per la scelta di Arca su twitter, però ho fatto dei provini a quattro attori, due importanti, ho visto il primo mi son detto non è lui, il secondo non è male, ma Francesco 'era lui' il personaggio, io credo ci sia un istinto animale perché si nasce attore, cantante, a me la voce mi è venuta, ma sono stonato".
"E' la mia prima conferenza stampa - confessa Francesco Arca, il protagonista -, ho fatto il provino con Ferzan che è stato un po' una via crucis perché mi ha tenuto in sospeso un mese, ogni volta cambiava idea. Alle fine ha detto questo è Antonio, la sua scelta ed ecco il film. Non ho pensato a niente tranne che a lavorare; un sogno far parte di un film con un cast del genere, mi sono fatto completamente guidare dal regista, ha pochissimo di mio, ma è stato quasi una passeggiata, basta lasciarti trainare".
"Ho tenuto sempre nascosta da parte una grande attrice - riprende l'autore - che ha fatto con me cinque film. La Minaccioni è straordinaria. Il cast è partito tutto da Kasia, ci avevo lei, lui e la Minaccioni. La determinazione di Kasia sfiora la follia, il dimagrimento, tanto che nella in ospedale mi dicevo 'adesso casca per terra veramente', poi l'ultima scena davanti all'armadio".
"La prima volta ci siamo incontrati due anni prima delle riprese - ribatte la Smutniak -, un anno prima di 'Magnifica presenza', non c'era la sceneggiatura. In quel momento particolare della mia vita, la storia che lui mi ha raccontato, per me era molto presente, importante; il discorso del tempo, che passa nel film, l'importanza che diamo al tempo, alle piccole cose della vita quotidiana, anche quelle che ci danno fastidio, ci innervosiscono. Credo che la felicità si nasconda nella quotidianità, nei piccoli gesti. Il titolo, infatti, si riferisce al momento importante che ti scuote, nel film ci sono due momenti, prima viene tutto ridimensionato dall'incontro con Antonio (l'amore) e poi quello di guardare in faccia la morte. Sono momenti che ti riportano a te stesso, danno senso al tempo, in cui riesci a vederti. E' stato il discorso di accettare o non, però avrei accettato qualsiasi cosa da Ferzan, era il momento perfetto".
"Ferzan il primo giorno mi ha detto 'tu sei una sostituzione' - dichiara Scianna -, poi invece mi ha accettato e accolto - una vera sorpresa - perché dovevo fare un balbuziente leccese, tutto il gruppo (padre e madre) pugliese. Quando sono arrivato sul set mi dice 'con quei capelli non vai da nessuna parte', ma come personaggio mi ha scelto per la prima volta sul set, lui mi ha insegnato a giocare, ma è seriamente creativo, ti ascolta ed una predisposizione per lavorare insieme Mentre recitavo se c'era una cosa che non avevo detto, lui mi diceva fai così, dici questa cosa, parlava attraverso di noi".
"Maricla è stata un incontro pazzesco - afferma la Ranieri -, Ferzan mi ha chiamata proponendomi un piccolo ruolo: 'non so se lo vuoi fare?'. L'ho letto di corsa, ho visto che si trattava di una vitale, che prende quello che vuole col sorriso, e ho accettato. Ho lavorato sulla felicità esasperata, mi sono molto divertita, con Ozpetek è come fare una bella scmpagnata".
"Ringrazio Ferzan per l'opportunità che mi ha dato - dice Filippo Scicchitano nel ruolo di Fabio -, un ruolo difficile, che parte quando siamo giovani e riprende dopo 14 anni, è stato difficile e complicato per tutti. Prima iniziare a girare, Ferzan quando mi ha scelto giocava sul fatto di mettere pressione, e diceva ho detto a tutti che farai te a fare il film, e sono perplessi perché hai vent'anni".
"Il mio personaggio, purtroppo, deve rimanere un po' freddo - dice Giulia Michelini -, non può avere un grande trasporto emotivo, perché svolge il ruolo del medico, del dottore che è un po' in disparte, comunque, vedendo il film mi sono emozionata. Affronta un discorso sul tempo, trovare prima una ragazza vivace, viva, e ritrovarla poi malata è comunque scioccante; il tempo è quello che ci cambia la vita, l'effetto credo ci sia".
"Come abbiamo fatto ad ingrassare? - chiosa la Crescentini - Ci volevano almeno sei mesi, lei non ha detto niente (la Smutniak infatti è dovuta dimagrire ndr.), ma è stato difficilissimo ingrassare, tanto che mi dovevo fare la pasta la mattina alle 10. Non ho fatto altro che dire cose orrende sul personaggio, ma sono felicissima di lavorare di nuovo con Ferzan, lo farei per otto milioni d'ore, perché abbiamo fatto le prove nelle location, col direttore fotografia e poi ci si diverte, si gioca, non è un cervellotico".
"Io, invece, dicevo mi viene da rimettere - ribatte Arca -, e loro 'mangia, mangia' sembravano certe mamme del sud, tant'è che mi hanno messo uno che mi seguiva da vicino, mi pesava, ma quanto è difficile ingrassare".
"Anch'io mi sono portata all'eccesso - afferma Paola Minaccioni, sullo schermo dimagrita e senza capelli -, mi ha detto 'ho scritto questo ruolo così', era una perla già leggendola. Sono stata pazza di gioia per la possibilità di avere un ruolo che non ti curi del trucco, della luce, della gobba perché è un'esplorazione personale dentro lo stato di una persona (ha un cancro incurabile ndr.), a differenza di loro che parlano d'amore, io mi sono accorta troppo tardi che dovevo fare delle cose nella vita. Egle vorrebbe fare tante cose, ma non aveva capito che non ha più 'tempo'. E' il quarto film con te - chiarisce al regista -, ti sei preso l'impegno per il 5'. Però ci siamo divertite con Kasia perché non ci siamo quasi parlati sul set ma nel film. Una cosa stupenda. Grazie".
"Lui è uno che ho amato - conclude il regista sulla canzone -, sempre ha avuto successo, ma la storia di questa canzone è molto bella perché l'ha cantata una volta sola in un concerto, scoprendo che tra il pubblico c'era la sua ex (a cui era dedicata ndr.), e lei se n'è andata. Un tema che canta in modo meraviglioso con la leggerenzza di un Cocciante, ma si voleva la sua leggerezza. A casa ho un repertorio che dovrei fare tantissimi film per usarlo tutto. Nasco come cantante, ho fatto addirittura un duetto con Tina Turner in Svizzera, ma sono stonatissimo, però mi è sempre piaciuto tantissimo emozionare le persone con le canzoni".
"I temi del film sono amore solidarietà amicizia - chiude Paolo Del Brocco -, e il pubblico italiano ha bisogno della profondità nei sentimenti, e poi io sono un suo fan, a prescindere, e non è vero che la Rai era perplessa, anzi hanno detto è una 'grande idea, un film fantastico".
José de Arcangelo
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