venerdì 14 febbraio 2014

"Una domenica notte" di Giuseppe M. Albano e Antonio Andrisani, una commedia che tra grottesco e ironia fa scoprire l'horror quotidiano

Un'altra opera prima in commedia, 'nuova e originale', indipendente come tante altre, che dopo aver fatto l'ormai consueto giro dei festival approda in sala grazie a Distribuzione Indipendente, appunto.
Trionfo del grottesco ‘orrendamente realistico’ in un film anche divertente, ma dolce-amaro come la vita di ogni giorno, anche perché il protagonista è uno che demorde pur di raggiungere il suo sogno, anche se non è disposto a fare compromessi, soprattutto in campo cinematografico. E così deve accontentarsi ‘dell’arte di arrangiarsi’ Sceneggiato dal regista Giuseppe Marco Albano con l'attore protagonista, Antonio Andrisani, autore anche del soggetto, "Una domenica notte" narra la vicenda di Antonio Colucci che, da ragazzo, sognava di diventare un grande regista horror, tant’è che prometteva pure bene. A 26 anni realizza il primo lungometraggio e viene considerato da tutti un vero talento, ma le traversie produttive lo relegano al mercato dell'home video e il suo film esce soltanto in Germania.
Poi il matrimonio, un figlio e la quotidianità (bisogna pur sopravvivere) lo bloccano nella sua cittadina di provincia e, giunto a 46 anni – ormai separato dalla moglie e con una nuova compagna -, dato che il sogno non si è mai spento, Antonio è deciso a cercare i fondi per realizzare un film a basso costo, ma scoprirà l'orrore che lo circonda, molto più impressionante dell'horror che vuole girare... "Fra tanti film insinceri, il nostro è un film sincero, ecco", esordiscono regista e protagonista, dopo i complimenti alla presentazione stampa, alla Casa del Cinema di Roma. “All'inizio doveva essere addirittura un corto – ribatte il produttore Angelo Viggiano -, ma poi si è deciso di fare un lungometraggio e, ad un certo punto, il budget si è duplicato, ma poi è stata presentato all'Isola (Tiberina) del Cinema, dove abbiamo constatato con soddisfazione di aver fatto un buon film con meno di cinquecentomila euro. Non abbiamo sbagliato progetto – afferma -, l'abbiamo migliorato. Una sfida, una sorta di gioco su qualcosa che sta vivendo la Basilicata, perché abbiamo girato a Bernalda, paese originario di Francis Ford Coppola, ma io non sapevo nemmeno cosa fosse un film, un carrello. Durante la pre-produzione ho avuto modo di capire che si trattava di una cosa seria, ci ho visto un progetto industriale vero e proprio, e abbiamo iniziato ad abbellirlo, poi Giuseppe ha detto 'usiamo la Red camera... E' un film con più location di quelle previste nelle spese, ci sono stati imprevisti, però si tratta di una questione di gusto, ed è venuto più bello del previsto".
"E' evidente che si può leggere come una metafora della crisi – dichiara Andrisani -, i personaggi sono spesso egoisti, mostruosi. Lui è il regista di zombi, ma non sono quelli del film ma quelli che circondano i personaggio; forse lo è un po' anche lui, però ha un suo rigore, l'aspirazione di fare le cose come vorrebbe. Io sono un grande appassionato di fumetti, ci può essere un riferimento inconscio a Sclavi, ma l'horror, ripeto, ci serviva per il gioco tra realtà e finzione, far vedere qual è più orrorifica". "Il protagonista è un regista che lotta come me per poter realizzare il suo sogno - riprende l'autore -, con uno sguardo rivolto al pubblico, al prossimo, forse ne è soddisfatto, fiero, nonostante tutte le situazioni vissute anche da noi, perché è un film indipendente ed è stato difficile farlo. Ma, alla fine, la soddisfazione è tanta, una certa forma di riscatto; visto che all'ultima settimana di riprese eravamo tutti stanchi. Il film è anche il racconto di un uomo che ha rapporti con l’ex moglie, con un figlio, mi sono innamorato della sceneggiatura di Antonio e ho pensato fosse bella da vedere". “Con Francesco (Di Pierro, direttore della fotografia ndr.) ci siamo incontrati per caso per 'Stand by me' (il suo corto premiato col Nastro d’Argento 2012 e nomination al David di Donatello ndr.), e gli ho dato le direttive classiche di una commedia girata in Basilicata, volevo rispettare questi colori, la scenografia, volevo ambienti non laccati come si vedono nelle case romane di certi film. Fotografia e scenografia molto naturali”.
“I provini sono presi dalla realtà – aggiunge sulle scenette ‘alla Ciprì e Maresco’ inserite lungo il film -, a Matera (dopo Pasolini sono andati molti registi americani a girare, non ultimo il Mel Gibson de ‘La Passione di Cristo’ ndr.) siamo abituati perché quotidianamente ti fermano, ti chiedono se faresti una parte, sono situazioni reali, infatti, alcuni si presentavano mentre giravamo, sono tutti veri tranne quello della ‘gallina’ (uno che fa l’imitazione ndr.), ma l’altro se ne doveva veramente andare perché la moglie aveva buttato la pasta”. “La scena nel cinema esprime soprattutto l’assenza del padre – riprende Andrisani -, forse in maniera didascalica, assente al saggio del figlio, un altro non avrebbe dimenticato un così importante appuntamento”. “Improvvisazione c'è stata – dice Francesca Faiella, che è la compagna -, facevamo il confronto tra scene girate e da girare, vedevamo se interpretarle in maniera diversa, ma siamo riusciti a lavorare bene. Scene in cui facciamo l’amore non c'erano, e lei non poteva che dargli un bacio in maniera isterica”.
“Qualche battuta è mia, perché tipica di produttori ignoranti, e ce ne sono tanti – afferma Ernesto Mahieu, nel ruolo di un viticoltore improbabile produttore -, gli schiaffetti ad Alfio (Sorbello nel ruolo di Giovanni, amico del protagonista ndr.) me li sono inventati, per creare una vittima di tutto ciò. Giuseppe mi ha detto ‘fai quello che vuoi, proponi’, forse qualcosa è stata tagliata, ma fa piacere lavorare con un ‘guaglione’ come lui. I soldi pochi maledetti e subito, perché il giorno che ho finito, ho avuto l’assegno dal produttore stesso. Bravi e onesti giovani che hanno realizzato un film indipendente. Invece, questo signor Flaherty (Lorenzo protagonista e produttore ndr.) ha preso per i fondelli mezza Basilica (per girare ‘Il ragioniere della mafia’ ndr.) e non ha pagato nessuno. Viggiani e Paolo Mariano Leone (di Camarda Film) sono due signori, bisogna dire che sono persone perbene, mi hanno pagato un attimo prima che finissi”.
“Ho fatto un po' di film nella vita però non avevo mai trovato colleghi bravi come Antonio – dichiara Anna Ferruzzo -, con lui improvvisi per essere naturale anche tu. Sono stata a Matera per prima volta, è bellissima e accogliente”. “E’ un po’ la riflessione della comunità su questo regista che ha un sogno – conclude Albano -, in un certo senso la vedo come una satira perché quelli che vogliono fare cinema di solito si trasferiscono a Roma, infatti, se resti è per soffrire, come succede nei film meridionali. Le citazioni sono di Antonio, ma il finale era quello del racconto ed esprime quello che viviamo noi giovani, spesso costretti a lottare con altri giovani più fortunati, a volte più anziani e anche raccomandati. Forse è quello che viviamo tutti, ognuno nel suo campo”. Nel cast anche Adolfo Margiotta (Augusto), Claudia Zanella (Maria), Alfio Sorbello (Giovanni), Pietro De Silva (Tommaso), Rocco Barbaro (avvocato). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 20 febbraio presentato da Distribuzione Indipendente, stavolta anche nel circuito ‘classico’

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